Martedì, 17 Ottobre 2023 06:43

Il divieto delle mutilazioni genitali femminili in Gambia è a rischio. Richieste per l’abrogazione della legge In evidenza

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Di Flavia De Michetti Roma, 16 ottobre 2023  (Quotidianoweb.it) - Nelle ultime ore, i leader politici e religiosi del Gambia avvisano di avere l’intenzione di presentare un disegno di legge per la depenalizzazione delle mutilazioni genitali femminili, dopo otto anni la messa al bando di questa pratica.

I membri dell'Assemblea Nazionale del Paese hanno appoggiato la proposta di cancellare la legge del 2015, mentre il Consiglio supremo islamico ha emesso una fatwa (il termine significa etimologicamente “chiarire, spiegare”, o rispondere a una domanda sulla religione o la sua pratica, può riguardare un chiarimento su questioni inerenti tutti i dominii, dal dogma alla più piccola questione giuridica) che condanna chiunque denunci la pratica e chieda al Governo di riconsiderare la legislazione.

Attivisti e organizzazioni della società civile hanno affermato che la mossa sarebbe estremamente regressiva.

Come dichiarato da Fallou Sowe, coordinatore nazionale dell'organizzazione della società civile Network Against Gender-based Violence: “Il Gambia ha fatto un passo coraggioso nel 2015 per sradicare le MGF – mutilazioni genitali femminili, quindi tornare indietro dopo otto anni e ricominciare avrebbe implicazioni molto, molto grandi per il Paese”.

Quasi tre quarti delle donne (73%) di età compresa tra i 15 e i 49 anni sono state sottoposte a MGF, secondo l'indagine demografica 2019-20 del Paese, e quasi due terzi (65%) hanno subito tale pratica prima dei cinque anni.

Le MGF comportano la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni, che può avere gravi conseguenze a lungo termine sulla salute, tra cui l'infertilità.

La pratica è considerata una violazione dei diritti umani di donne e bambine e, nel 2012, le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione per vietarla.

Le MGF, tuttavia, sono ancora praticate in circa trenta Paesi dell'Africa e del Medio Oriente.

La procedura avviene, di solito, per motivi culturali e religiosi. In alcune comunità è perfino un prerequisito per il matrimonio.

Secondo la legge vigente in Gambia, una persona condannata per aver praticato le MGF rischia fino a tre anni di carcere, una multa di cinquanta mila dalasi (722,38 euro circa) o entrambe le cose.

Nel caso in cui le MGF provochino la morte, il responsabile potrebbe rischiare l'ergastolo.

Il dibattito è iniziato a fine agosto, dopo che tre donne sono state condannate per MGF nella regione del Central River e condannate a pagare una multa di quindici mila dalasi (216,72 euro circa) o a trascorrere un anno in carcere. Si è trattato del primo procedimento giudiziario secondo la legge del 2015.

Pochi giorni dopo, un chierico islamico ha pagato le multe e ha incoraggiato i gambiani a continuare a praticare le mutilazioni genitali femminili.

Nel mese scorso, la questione è stata discussa all'Assemblea Nazionale, dove è stato chiesto di abrogare la legge.

Fatou Baldeh, sopravvissuta alle MGF e fondatrice di Women in Liberation and Leadership, un'organizzazione della società civile gambiana, ha dichiarato di aver già assistito all'impatto di tale pratica.

Nelle ultime settimane, l’attivista e il suo team sono stati cacciati da tre comunità, con l’accusa di “Sfidare la cultura, le norme e la religione”.

“Avevamo rotto la cultura del silenzio sulle MGF – ha spiegato Baldeh - Abbiamo fatto un passo indietro.  Un danno enorme è già stato fatto a causa delle dichiarazioni del Consiglio supremo islamico che afferma che le MGF sono islamiche”.

Secondo l’attivista “Se la legge sulle MGF verrà abrogata, altre leggi che proteggono le donne e le ragazze, come quella che vieta il matrimonio sotto i 18 anni, potrebbero essere prese di mira”.

“L'impatto si farà sentire in tutta la regione - ha aggiunto la ragazza - Altri Paesi potrebbero usare questa tragica esperienza per sfidare i loro Paesi a non approvare leggi che proteggano le donne da pratiche tradizionali dannose”.

Nella vicina Sierra Leone, dove l'83% delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni è stato sottoposto a MGF, l'Istituto per i diritti umani e lo sviluppo in Africa e una coalizione di ventisei organizzazioni del movimento femminista hanno recentemente intentato due cause legali contro il Governo per costringere i ministri a emanare una legge.

Mama Jubi, una donna solita praticare questa le ragazze della sua comunità nella regione del Central River in Gambia, ha smesso di praticarla nel 2021 quando ha scoperto che non era un obbligo religioso, “So che non è l'Islam. Non tutti gli studiosi islamici la accettano come pratica religiosa. Se qualcuno prova compassione per i propri simili, deve smettere. È doloroso. Continuerò a raccontare agli altri le conseguenze di questa pratica. Io l'ho abbandonata e non dirò mai a nessuno di effettuarla”.

 

Cosa è accaduto nel 2015?

La decisione del Presidente Yahya Jammeh (la sua carica è durata dal 1996 al 2017) di mettere al bando le mutilazioni genitali femminili è stato il risultato delle pressioni esercitate dagli attivisti locali e della campagna globale del Guardian per porre fine a questa pratica.

Tali procedure sono praticate su una bambina ogni undici secondi in ventinove Paesi del mondo.

Almeno centotrenta milioni di donne e ragazze vivono con le conseguenze della mutilazione forzata dei loro organi sessuali, e molte soffrono di fistola, mortalità materna, mortalità infantile, infezioni da Aids e tifo, oltre che di stress post-traumatico.

Appena pochi minuti prima che Yahya Jammeh annunciasse che il controverso intervento chirurgico sarebbe stato bandito nel suo Paese, Jaha Dukureh, un'attivista anti-FGM, ha ricevuto una telefonata che le annunciava il successo del suo lavoro, “Il Gambia stava entrando nel XXI secolo e che non c'era posto per le MGF nello Stato moderno”.

Negli ultimi due anni Dukureh è diventata la giovane donna più in vista nella campagna contro le MGF in Gambia.

Sostenuta dal suo profilo di responsabile della Campagna globale dei media del Guardian fa parte di una nuova generazione di giovani donne del Gambia che lavorano per assicurarsi che la mutilazione che sono state costrette a subire in prima persona, non si ripeta sulle loro figlie.

“La loro argomentazione, e la nostra – dichiara il Guardian Global Media Campaign - è che le MGF, praticate sulle persone più vulnerabili del nostro mondo, continuano perché nessuno ha fatto della cessazione di questa barbara procedura una priorità politica o mediatica. Viene eseguita in silenzio, da donne che ereditano il diritto di essere ‘tagliatrici’ e da uomini che tacciono perché sono ‘affari di donne’. E nessuno è più silenzioso di una bambina”.

“La nostra tesi - prosegue il Guardian Global Media Campaign - è che le campagne devono dare voce a chi non ha voce e che questa pratica incredibilmente brutale, che ha distrutto la vita di milioni di donne e ragazze in tutto il mondo, finirà solo quando chi è ai vertici dell'establishment politico la considererà una priorità”.

(immagine tramite screenshot da unicef.it)