La giustizia in Italia, è stata sempre un problema sia per i cittadini che per gli operatori. Tempi biblici per avere una sentenza. Troppi gradi di giudizio. Insomma una vera odissea praticare le aule di giustizia, in particolare per gli imprenditori in cerca di decisioni veloci e sicure soprattutto quando in ballo ci sono investimenti ed affari che possono sfumare, in attesa di una decisione di un giudice. Si pensi alle decisioni della giustizia amministrativa.
Un ricorso al Tar può bloccare l’esecutività di una gara per la realizzazione di importanti opere pubbliche.
Insomma il pianeta giustizia è sempre stato considerato come una diseconomia per il sistema paese. Molti governi si sono esercitati nell’intento di porre rimedi a tale situazione con una serie di riforme che non hanno dato gli esiti richiesti. Infatti la durata media di una causa in primo grado è di tre anni, due in secondo grado ed uno in Cassazione. Per cui un cittadino o un’impresa, per avere giustizia deve normalmente attendere ben sei anni se tutto va bene. Infatti le cause che hanno ad oggetto un risarcimento dei danni sono spesso più lunghe. Ciò per la complessità dell’istruttoria.
Ma quanto costa una causa?
Di norma, una causa per un risarcimento di 10.000 euro potrebbe costare circa 3.000 euro. La parte può poi sperare di recuperare le somme dalla controparte con la condanna alle spese processuali contenuta nella sentenza. Nel 2023, sotto la spinta delle prescrizioni dell’Unione europea, che ha legato l’erogazione dei fondi del PNRR, all’attuazione di una serie di riforme strutturali del “Bel Paese”, tra cui in primis quella della giustizia con la riduzione entro il 2026 del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio, e del 40% nel processo civile, con la consequenziale riduzione dell’arretrato; è entrata in vigore la riforma Cartabia, che porta il nome del Ministro della Giustizia del Governo Draghi, per l’appunto la ex Presidente della Corte Costituzionale (prima donna a ricoprire detta carica), la Prof. Marta Cartabia . Con la riforma si è puntato sulla semplificazione dell’iter processuale.
Ovvero: l’eliminazione di udienze superflue. Infatti gli atti processuali delle parti in causa, devono essere completi già al momento del deposito in tribunale, e devono contenere anche gli elementi probatori richiesti dal giudice.
Altro esempio di semplificazione è quello relativo al CTU(Consulente tecnico d’ufficio), che non giura più in udienza. Tutto ciò, secondo le intenzioni del legislatore dovrebbe consentire di chiudere in anticipo le causa di almeno un anno. Ovviamente a giudicare dalle difficoltà lamentate da avvocati e cittadini, le cose non sembrano andare per il verso ipotizzato. Già, perché il pianeta giustizia ha anche problematiche strutturali, quali: la carenza o fatiscenza delle strutture giudiziarie, e soprattutto la carenza endemica di personale. La riforma è intervenuta anche nel processo penale, e nelle fasi immediatamente precedenti. Vediamo quali sono le principali novità, che hanno destato non poche perplessità dal punto di vista delle vittime dei reati, in particolare quelli cosiddetti predatori che vengono in genere confinati nell’ambito della microcriminalità, definizione davvero limitativa della reale percezione di reati che colpiscono i cittadini in maniera davvero crescente.
Infatti con l’ampliamento del regime di procedibilità a querela di parte: alcuni reati contro la persona (ad esempio il reato di lesione personali stradali gravi o gravissime, senza aggravanti, il reato di sequestro di persona, limitatamente all’ipotesi non aggravata, ad esempio il sequestro lampo, violenza privata senza aggravanti, alcuni delitti contro il patrimonio (ad esempio la truffa), altro esempio il reato di furto ( si pensi ai borseggi sui mezzi di trasporti: una vera piaga, come hanno dimostrato alcuni servizi del TG satirico Striscia la Notizia); reati per i quali era prevista la procedibilità d’ufficio, divengono ora punibili solo nel caso in cui sia presentata querela dalla persona offesa. Insomma tutti questi reati rischiano di diventare non perseguibili pur se il reo abitualmente compie questo tipo di reati ed è noto alle forze dell’ordine, in quanto la denuncia querela da parte delle vittime diventa difficile, poiché la vittima stessa, pur volendo, dovrebbe sobbarcarsi all’onere di essere presente alle udienze del processo, con perdita di tempo e con il rischio concreto di subire come minimo minacce.
Quindi una prima riflessione sulla riforma Cartabia è che chi delinque ha più possibilità di prima di farla franca, di contro le vittime dei reati predatori sono sempre più soli ed indifesi. Mentre le forze dell’ordine hanno armi spuntate contro i criminali che pur arrestati, se la vittima non denuncia dovranno essere scarcerati.
Inoltre è stato ampliato il catalogo dei reati per i quali è prevista la possibilità di accedere alla messa alla prova ed è stata estesa all’esito delle indagini preliminari, la possibilità di formulare una proposta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
Altra possibilità di un nuovo codice che appare troppo a maglie larghe per la criminalità organizzata, la cui pervasività si fa sempre più incalzante. Altro elemento che desta perplessità è quello della ragionevole previsione della condanna. Ovvero sia il Pubblico Ministero, sia il Giudice per l’Udienza Preliminare devono informare il loro agire alla regola della ragionevole previsione della condanna. In particolare, il Pubblico Ministero chiederà l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna; il Giudice per l’udienza preliminare pronuncerà sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna; Elemento positivo invece è quello del processo penale telematico, ovvero sono state introdotte precise disposizioni che prevedono l’obbligo e l’esclusività del deposito telematico degli atti in senso lato, nonché le notifiche presso il domicilio digitale dell’imputato. Altro elemento introdotto con il chiaro intento deflattivo delle misure detentive, è quello delle misure sostitutive delle pene.
Ovvero le misure sostitutive della pena possono essere applicate in caso di condanne fino a quattro anni (in precedenza il limite massimo di pena detentiva sostituibile era di due anni); Altro punto qualificante è quello della cosiddetta giustizia riparativa, che si sostanzia in un programma che consenta alle parti del processo il reo, e la vittima del reato, ed altri soggetti della comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un mediatore. Un punto che sembra essere una utopia atteso il livello della criminalità organizzata nel nostro paese, ed il clima di sfiducia generalizzato da parte dei cittadini nei confronti della giustizia. Al di là insomma del fine di ridurre i tempi della giustizia, e costruire un sistema giudiziario in linea con il dettame costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.) la riforma sembra stentare ad essere recepita dal sistema giudiziario italiano, dando anche luogo a casi davvero eclatanti nell’applicazione delle nuove norme e procedure. Gli esempi ci arrivano dalla cronaca di tutti i giorni. E’ il caso denunciato dal quotidiano il Mattino di Napoli, di scippatori seriali che erano diventati l’incubo dei viaggiatori della metro partenopea, ma che senza denunce delle vittime del reato pur essendo stati ripresi dalle telecamere installate in stazione, continuavano a fare il “proprio mestiere” indisturbati. Già perché rapine e scippi dopo la riforma Cartabia senza la denuncia delle vittime, non sono perseguibili d’ufficio. Ed i cittadini, sono indifesi. Solo grazie alla denuncia di una cittadina straniera vittima dei borseggi e rapine sistematiche sono stati assicurati alla giustizia i delinquenti che erano diventati il terrore dei viaggiatori. Invece per i reati di furti a danno dell’Enel il legislatore ha voluto preservare l’economia disponendo la perseguibilità d’ufficio del reato, mentre per i furti semplici a danno di inermi cittadini si pretende la raccolta delle loro istanze punitive.
Il problema vero sorto da una prima applicazione delle riforma Cartabia, è proprio quello della tutela dell’ordine pubblico, che si scontra con la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini, con il rischio concreto che detta riforma sta avendo rispetto a determinati reati che sono caratterizzati da un particolare disvalore sociale, in specie in determinati contesti sociali, nei quali vengono posti in essere, e soprattutto nelle modalità di esecuzione. Insomma a pochi mesi dalla sua applicazione la riforma Cartabia già appare suscettibile di modifiche, che sono state preannunciate da vari esponenti del Governo Meloni, che hanno recepito le proteste di cittadini ed operatori delle forze dell’ordine, in ordine alla perseguibilità su querela di parte di una serie di reati che colpiscono cittadini inermi, e sulla carenza di formazione relativa all’applicazione delle nuove procedure digitali. A questo proposito si segnala che il Consiglio dei Ministri nel mese di gennaio ha approvato con procedura d’urgenza, un disegno di legge che modifica alcune norme introdotte dalla Cartabia, con la previsione della procedibilità d’ufficio per i reati per cui sia contestata l’aggravante del metodo mafioso e della finalità di terrorismo o di eversione, oltre che per il reato di lesioni personali causato da persona sottoposta a una misura di prevenzione personale, fino ai 3 anni successivi al termine della misura stessa. In ultimo ma non per ultimo, occorre segnalare che la Cartabia prevede infatti, in alcuni casi, di documentare interrogatori e dichiarazioni in audio-video ma, ad oggi mancano le apparecchiature adeguate, e la formazione degli operatori. Infine non è mancato il punto di vista dei magistrati, che hanno manifestato perplessità rispetto ai reati perseguibili a querela di parte, che poi sono quelli a più impatto sociale. Di fatto detta situazione rende complicata l’attività di repressione dei reati da parte degi inquirenti e magistrati. Come ha affermato in una dichiarazione Ansa di recente il sostituto procuratore di Roma, Eugenio Albamonte, in passato presidente dell'Anm, da anni in prima linea nell'ufficio giudiziario più grande di Italia.
"La riforma Cartabia, entrata in vigore da pochi giorni, sta già avendo effetti nel lavoro delle Procure lasciando esposte le vittime, anche quelle che hanno subìto un semplice borseggio. A mio modo di vedere la modifica per alcune fattispecie, prima erano perseguibili d'ufficio e ora solo previa querela come ad esempio il furto aggravato, può avere un impatto anche dal punto di vista sociale". Ciò in particolare nelle grandi città d’arte come Roma, Napoli e Firenze, frequentate ogni giorno da migliaia di turisti. In questo caso per chi indaga diventa difficile rintracciare le vittime per prenderne la denuncia, infatti i turisti una volta ripartiti, è difficile che tornino per fare denuncia e testimoniare nel successivo processo.
In definitiva la riforma delle riforme annunciata come la panacea di ogni male della giustizia, sembra, già dalle prime battute scontentare un po’ tutti, in particolare, proprio chi è deputato a darle attuazione ogni giorno nelle aule di giustizia.