L'operazione odierna, al di là delle responsabilità individuali che andranno accertate nelle sedi opportune, testimonia uno sforzo, sempre teso a "leggere" il contesto criminale emergente dal territorio.
Anche in questo caso, è stato rilevato un possibile rischio di infiltrazione e radicamento delle associazioni a delinquere di stampo mafioso, in particolare in un zona molto sensibile della città, sottoposta a continui controlli, quale quella della stazione ferroviaria storica e delle ex officine Reggiane e per tanto, di concerto con l'Autorità Giudiziaria, Circondariale e Distrettuale, la Questura si è mossa secondo un duplice binario, perseguendo un primo obiettivo, di breve — medio periodo, ovvero quello di monitorare e reprimere, con arresti in flagranza ed esecuzioni di misure emesse per reati fine, la criminalità di matrice nigeriana, onde evitarne il radicamento; ed un secondo obiettivo strategico, ovvero quello di ricostruire, pazientemente, l'organizzazione criminale nigeriana, al fine di documentarne l'operatività e la struttura, che il Giudice per le Indagini Preliminari, allo stato in via cautelare, ha ritenuto avere i connotati della associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il fatto che numerosi soggetti sottoposti ad indagine non siano più domiciliati in territorio reggiano e si siano spostati altrove, rappresenta, di per sé, un dato confortante, perché significa che l'attività di controllo e repressione sinora esperita dalla Polizia di Stato, anche grazie alla liberazione delle ex officine Reggiane, ha evitato il pericoloso radicamento della consorteria nigeriana nel tessuto locale.
IL QUESTORE GIUSEPPE FERRARI