Le indagini sono partite a seguito della constatazione che, specie negli ultimi tempi, in diverse zone del capoluogo si rinvenivano scritte e disegni su muri di edifici, tra i quali alcuni appartenenti al patrimonio del Comune di parma ed altri appartenenti alla Fondazione Teatro Regio; tra le varie scritte deturpanti, diverse riportavano una sorta di segno distintivo o firma, che ha fatto pensare ad una mano unica. In particolare, in molti casi l’imbrattamento è consistito nella scritta Mongol che, per l’appunto, è apparsa come un vero e proprio TAG (ovvero sigla apposta come firma dall'autore di un graffito).
Sfruttando una sinergia investigativa creatasi e rafforzatasi in virtù di recenti indagini nella zona centro di Parma nel settore del contrasto agli stupefacenti (operazioni condotte nei pressi del Liceo Toschi, nonché nella zona del Teatro Regio), i Carabinieri di Parma Centro e la Polizia Locale di Parma hanno svolto accurate indagini finalizzate alla individuazione del/i responsabile/i delle scritte illecitamente apposte sugli edifici, svolgendo sia pazienti ricostruzioni attraverso le immagini di videosorveglianza attive sul territorio, sia un lavoro investigativo di intelligence per individuare collegamenti tra soggetti potenzialmente in rapporto tra di loro, in maniera da acquisire elementi indiziari da sottoporre al vaglio dell’Autorità Giudiziaria.
All’esito di tali attività, gli organi di PG menzionati hanno depositato una articolata informativa alla Procura ordinaria, essendo emersi elementi indiziari a carico di una persona maggiorenne (per altro giovane gli atti sono stati rimessi alla competente Autorità giudiziaria minorile).
La Procura di Parma si è attivata e, avendo condiviso le deduzioni e la ricostruzione operata dalla PG, ha immediatamente disposto la perquisizione domiciliare a carico di un giovane ventunenne di Brescia, a Parma per motivi di studio, con lo scopo di ottenere ulteriori elementi a sostegno dell’ipotesi investigativa che -è sempre bene ricordarlo- va sempre riscontrata nel rispetto del principio di presunzione di innocenza.
Nel corso della perquisizione sono stati rinvenuti diversi oggetti che possono ritenersi utili dal punto di vista investigativo, tra cui 75 bombolette spray di vari colori, 6 tubi di vernice acrilica di vari colori, un talloncino verde con la scritta Mongol, appunti e scritti su fogli con indicazione Mongol, oltre a capi di abbigliamento (felpa di una specifica marca, pantaloni; zaino) identici a quelli con i quali l’autore degli imbrattamenti è stato immortalato nelle immagini della videosorveglianza.
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Trattasi di una operazione con la quale si è cercato di dare concreta attuazione all’impegno assunto dalla Procura, in risposta alle segnalazioni effettuate dall’Autorità comunale nei mesi scorsi, allorquando venne evidenziata l’attitudine (che stava assumendo connotati sempre più aggressivi per il patrimonio pubblico e quello privato) ad imbrattare muri di edifici, così deturpando, e comunque contribuendo a deturpare, l’immagine della città che -non bisogna dimenticarlo- appartiene a tutti.
Va rammentato che, in caso di condanna, oltre alla sanzione penale vera e propria (reclusione da tre mesi ad un anno e multa da 1000 a 3000 euro), il Giudice “può disporre l'obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi ovvero, qualora ciò non sia possibile, l'obbligo a sostenerne le relative spese o a rimborsare quelle a tal fine sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna”.
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Di qui l’appello che viene rivolto sia ai giovani (onde evitare che l’ebbrezza di un momento alternativo possa determinare la creazione di un precedente penale idoneo ad incidere negativamente sul futuro lavorativo e/o professionale) sia ai genitori perché esercitino un maggiore controllo sulle condotte dei propri figli, evitando da parte loro l’assunzione di condotte che finiscono per rivelarsi pregiudizievoli per sé e per la società in cui viviamo ed operiamo.