Mercoledì, 08 Aprile 2020 10:45

Covid-19: centri diurni e residenze per disabili, qual è la situazione? In evidenza

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Qual è la reale situazione dei centri diurni e delle residenze per anziani e disabili rispetto alla difesa della salute degli operatori e degli ospiti? Le preoccupazioni verso i propri familiari e i loro fedeli e professionali assistenti sono giustificate? Se ci fosse ancora qualcosa da fare per mettere le RSA in sicurezza è ora di farlo senza attendere altro inutile tempo.

Di LGC Parma, 8 aprile 2020 - A 28 giorni distanza dalla dichiarazione di pandemia da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità e a ben 68 dal Decreto del 31 gennaio nel quale il governo dichiarava il grave rischio sanitario che sarebbe calato sulla popolazione per 6 (dei mesi) e ancora si parla di mascherine, della necessità o meno di indossarle da parte di tutti ma soprattutto della indispensabilità per chi opera in contatto in ambiti assistenziali.

E' perciò il caso delle residenze per anziani e disabili nelle quali spesso gli ospiti sono nella impossibilità di compiere qualsiasi azione di natura personale, compreso il dialogo come lo intendiamo normalmente.

Gli assistenti, operatori o volontari di queste strutture sono, nella maggioranza dei casi, dei veri e propri angeli custodi, capaci di comprendere quei micro segnali espressivi dei loro assistiti e che perciò, nei non rari casi di estrema gravità, gli unici, insieme ai familiari, in grado di tranquillizzare il paziente, anziano o giovane che sia. Pensiamo ad un disabile con le sue criticità e incapace di esprimere le sue necessità più basilari e i suoi malesseri, in caso di ricovero seppure assistito da persone che, pur brave possano essere, non conoscono la sua storia, la sua patologia, i medicinali abituali od al bisogno le abitudini, infine confinato in una lunga convalescenza, nella migliore delle ipotesi, in un luogo sconosciuto, senza nemmeno un famigliare vicino: sarebbe veramente un dramma!

Con le limitazioni agli spostamenti e soprattutto in ragione della fragilità sanitaria di questi aggregati socio sanitari, il contributo dei familiari vien meno ma non si attenua la preoccupazione per il rischio di contagio e l'eventuale ricovero ospedaliero del familiare che a quel punto sarebbe totalmente isolato anche dal proprio fidato assistente e perciò incapace di ogni minima relazione.

Una ipotesi che "non fa dormire" i familiari soprattutto alla luce delle notizie circa l'inadeguatezza dei sistemi di protezione di molte strutture, del contagio e conseguente inasprimento dei decessi in queste strutture protette che protette non son più.

Segnali di preoccupazione da parte dei familiari, confinati in casa, ne raccogliamo frequentemente. Preoccupazioni per i propri figli, genitori o nonni ma anche per gli addetti con i quali si è instaurato un rapporto fiduciario che va ben oltre il rapporto professionale.

Una preoccupazione giustificata dai numeri pubblicati anche da Avvenire.it, il quotidiano dei Vescovi, lo scorso 7 aprile (Paolo Viana).
600 sono i morti registrati a fine marzo nelle Rsa e nei centri diurni per anziani nella sola provincia di Bergamo, secondo dati diffusi ieri dalla Fnomceo;
63 Gli ospiti deceduti in una casa di riposo a Mediglia, in provincia di Milano, a seguito dei contagi.

A questi dati registrati fanno però eco quelli percepiti da chi "vive" le residenze o da coloro che hanno domicili in prossimità di queste strutture dalle quali sembrerebbe di avvertire un inasprimento, sensibile e allarmante, dei decessi.

Alle sensazioni percepite si aggiungono le "lamentele" degli stessi operatori i quali, in modo involontario ma umanamente comprensibile, spesso segnalano la mancanza di una corretta attenzione verso la loro opera e verso le RSA (Residenza sanitaria assistenziale - ndr) più in generale, private o pubbliche, Profit o No Profit che siano.

Sensazioni percepite e dati accertati che portano a una solo e univoca conclusione: recuperare il tempo perduto e adeguare urgentemente le strutture e gli operatori ai più rigidi protocolli di sicurezza perché queste strutture possano tornare a essere "protette" a tutti gli effetti.

Non interessa conoscere quali sono stati i problemi e a chi addebitare le responsabilità del passato, è il comune pensiero delle rappresentanze dei familiari raccolte, ma avvertire che i propri cari e i loro assistenti sono stati finalmente messi sotto tutela.

 

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