I fatti risalgono al giugno 2016 quando la madre del piccolo, alla 38° settimana di gravidanza, si presentò al nosocomio in seguito alla rottura delle acque. Nonostante il cesareo d'urgenza, il bimbo morì a causa del distacco della placenta.
SASSUOLO (MO) –
"Imprudenza, negligenza e imperizia", sono queste i capi di imputazione con cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per due ginecologhe dell'Ospedale di Sassuolo in seguito alla morte di un neonato dopo un parto cesareo d'urgenza.
I fatti risalgono al giugno del 2016, quando una trentottenne alla 38° settimana di gravidanza si presentò al Pronto Soccorso del nosocomio sassolese in seguito alla "rottura delle acque". Si decise di intervenire con un taglio cesareo, ma, secondo le indagini della Procura, coordinate dal PM Lucia De Santis, passò più di un'ora tra la constatazione dell'emergenza e l'intervento chirurgico.
Il distacco della placenta, tuttavia, creò una condizione di ipossia ischemica nel neonato, che non sopravvisse. Il piccolo soffriva anche di bradicardia fetale e alle due dottoresse è stata contestata anche la terapia somministratagli, oltre alle scelte e ai tempi di intervento adottate durante il travaglio e il parto della madre.
Una delle due ginecologhe è stata quindi indagata per il reato di omicidio colposo. Inoltre, insieme alla collega, è indagata anche per lesioni personali colpose nei confronti della 38 enne, che venne sottoposta a una errata profilassi antibiotica che la costrinse a tornare in ospedale altre due volte dopo il tragico parto per essere sottoposta a un drenaggio pelvico con un nuovo intervento chirurgico.
È stato quindi richiesto il rinvio a giudizio per le due ginecologhe, mentre per le altre nove persone, tra medici e ostetriche, coinvolte nell'inchiesta, è stata chiesta l'archiviazione.