La Guardia di Finanza di Parma ha sequestrato, questa mattina, un patrimonio di 11 milioni alla nota azienda alimentare parmense. Il reato è quello di truffa aggravata. Indagati i due amministratori. Si tratta di un decreto di sequestro preventivo d'urgenza emesso dalla Procura della repubblica di Parma....
di Alexa Kuhne
Parma, 4 luglio 2016
Sembrava una azienda alimentare fiorente, così sana da indurre in errore una società che finanzia le imprese che dimostrino di essere floride ad erogare soldi pubblici per 11 milioni di euro.
Sotto l'apparente stato di benessere si nascondeva invece l'inganno per il quale è stato ipotizzato il reato di truffa aggravata per l'ottenimento di erogazioni pubbliche. A commettere il raggiro sono stati i due amministratori della Parmacotto.
E' stata questa mattina la Guardia di Finanza di Parma, a seguito di una complessa indagine economico-finanziaria avviata da circa un anno e, successivamente, coordinata e diretta dalla Procura della Repubblica di Parma, ad eseguire il provvedimento di sequestro patrimoniale per 11 milioni di euro, emesso in via d'urgenza dalla stessa Procura.
Le menti della truffa sarebbero i due amministratori pro-tempore della società: attraverso artifici contabili, false attestazioni e la conseguente falsificazione di un bilancio annuale d'esercizio, erano riusciti a far apparire una situazione economico-patrimoniale talmente fiorente da indurre in errore una società di diritto pubblico - una di quelle che hanno finalità di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie – tanto da convincerla, su richiesta dell'azienda stessa, ad erogare un finanziamento di 11 milioni di euro.
Denaro pubblico concesso nel settembre del 2011 quando i due responsabili amministrativi erano stati capaci di un bilancio fasullo, non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell'azienda, evitando così di far apparire una consistente perdita di esercizio.
La situazione critica latente è poi esplosa nel 2014 quando la società si è vista costretta a ricorrere, per le enormi perdite non più occultabili, alla procedura, prevista dalla legge Fallimentare, del "concordato preventivo in continuità", uno strumento che, introdotto nel 2012, permette ad una azienda che ha una situazione debitoria anche irreversibile, di proporre ai creditori un piano di rientro.
Il sequestro stabilito dalla Procura della Repubblica mira a recuperare il denaro pubblico che l'azienda ha ricevuto indebitamente sotto forma di aumento del proprio capitale sociale: le concessioni di tali forme di finanziamento pubblico hanno lo scopo di sostenere le aziende italiane in crescita, sane e redditizie, escludendo, pertanto, "salvataggi" di realtà aziendali che acquisirebbero, così, un ingiusto vantaggio sul mercato a scapito di quelle aziende che, pur in difficoltà, rispettano le leggi e continuano, tuttavia, ad improntare i loro atti e comportamenti sull'onestà e sull'etica, sia gestionale che contabile.
L'azienda non verrà chiusa: il complesso dei beni aziendali (disponibilità finanziarie, quote societarie, beni mobili e immobili, ecc), sottoposti a vincolo giudiziario, verranno utilizzati e gestiti sotto il controllo di un amministratore giudiziario professionista del settore, appositamente nominato dalla Procura della Repubblica, al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla società.
L'operazione di servizio si inserisce nel più ampio ambito delle funzioni demandate alla Guardia di Finanza che, quale forza di polizia economico-finanziaria, punta non solo al recupero dei tributi evasi ma anche al controllo della Spesa Pubblica e al recupero dei conseguenti illeciti impieghi di fondi pubblici.