Di Nicola Comparato 1 luglio 2019 - La Societá é nata e si é diffusa a Foggia nella metá degli anni '90 da un sodalizio con la camorra di Raffaele Cutolo. E' una mafia meno cinematografica di Camorra, Cosa Nostra e 'Ndrangheta, ma emerge per la ferocia e l'assenza di regole morali.

Si occupa di estorsioni, spaccio, racket del pizzo presso esercizi commerciali ed imprese funebri. I due clan principali di Foggia cittá sono i "Sinesi-Francavilla" e i "Moretti-Pellegrino", ma attorno a queste due famiglie opposte tra loro gravitano altri grandi nomi: "Mansueto", "Trisciuoglio" e "Lanza". A questi si uniscono i clan del Gargano delle famiglie "Notarangelo" e "Li Bergolis" opposte ai "Romito". Da sempre va avanti una lunga scia di faide e sangue per il controllo del territorio. Quello che rende Foggia una cittá invivibile é la presenza della criminalità minore, di cui questi clan si avvalgono e che commette reati tipo furti, stalking, truffe ai danni di fasce sociali piú deboli come donne, anziani, disabili e persone in stato di fragilitá.

Questa organizzazione criminale punta sul timore che incute ai cittadini onesti, con intimidazioni e ritorsioni, restando impunita anche nelle azioni di delinquenza minore che comunque fanno di Foggia una città difficile per chi vuole rispettare la legge. Anche lavorare in un supermercato può diventare rischioso e difficile a causa delle frequenti rapine commesse dalle giovani e giovanissime leve che si dedicano a queste attivitá di loro iniziativa.

Un fatto terribile fu l'omicidio di "Claudio Soccio" nel 2011, ritenuto vicino al clan "Sinesi-Francavilla". Come presunto assassino venne arrestato "Leonardo Gesualdo" del clan rivale "Moretti-Pellegrino", in seguito assolto.

Il giovane "Claudio Soccio", di anni 18, detto "Il Sammarchese", scelto probabilmente perché bersaglio facile data la sua giovane età, era un estorsore di "San Marco in Lamis", con precedenti per rapina, resistenza a pubblico ufficiale e spaccio di droga. La stessa sorte toccò a "Leonardo Soccio", fratello di Claudio nel 2003. Anche "Genzani Giuseppe", fu ucciso con un colpo di pistola alla gola nel 2011 in un agguato, freddato mentre percorreva in scooter "Via Poggio Imperiale". 

Ma oltre alla guerra e gli omicidi tra bande rivali, gli esponenti di questi clan sono caratterizzati dalla totale assenza di valori nella condotta quotidiana, che li porta a commettere reati anche verso malcapitati che non appartengono alla malavita, ma che si trovano ad avere a che fare casualmente con loro.

Solo il nome "Società Foggiana" è sufficiente per intimidire e ottenere omertà.

 

Il link del video dell'omicidio di Claudio Soccio https://youtu.be/RrY1wEIMoqE

Per contattare la redazione della Gazzetta dell'Emilia scrivete a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Foto di copertina scattata da Valentina Carpin

Parma piena di immondizia e perche' no... Parma abbandonata... ma prima, Parma usata ...Parma che sta morendo...

Gentile  Direttore,

chiedo cortese ospitalità al fine di evidenziare anche al di fuori delle mura cittadine la triste realtà che sta vivendo la nostra bella Parma.

Città profumata di violetta che ha conosciuto i fasti di una corte raffinata e cosmopolita di cui andiamo ancora fieri ora è ridotta ad immondezzaio fisico e morale da chi dovrebbe ben governarla e invece la sfrutta solo per le proprie ambizioni politiche e di comodo.

Si sta spopolando a scapito di etnie che nulla hanno a che fare con le solide tradizioni e la voglia di curare e preservare la bellezza antica di cui è tanto ricca.

Sta morendo perché più nessuno desidera investire lasciando a quei pochi sfruttatori la possibilità di ingrassare con la complicità di joker fedeli...

Attività commerciali che piangono i loro investimenti e per tutto quello in cui hanno creduto ma che nessuno ascolta perché chi dovrebbe farlo ha altre priorità ... prima su tutte la VISIBILITA' in vista di Parma 2020 dove è previsto che, come al solito, si trasformi la città in uno splendido contenitore che racchiude all'interno carcasse putrefatte. Ma l'importante è che non si vedano da fuori e nemmeno se ne senta l'olezzo.

Concludo con una frase, che descrive bene l'idea di come la nostra bella città è nel cuore dei suoi abitanti, scritta da Marcel Proust nel volume "La Strada di Swann" :

«Il nome di Parma, una città dove desideravo più andare da quando avevo letto "La Certosa" mi appariva compatto, liscio, color malva e morbido, se mi si parlasse di una casa qualunque di Parma nella quale sarei stato ricevuto, mi si causava il piacere di pensare che abiterei una residenza liscia, compatta, color malva e morbida, che non aveva relazione con le residenze di nessun'altra città d'Italia.»

Ringrazio per l'attenzione e porgo cordiali saluti.

"Lettera Firmata"

(vedi servizio Gazzetta dell'Emilia del 15 giugno 2015)

 

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Martedì, 18 Giugno 2019 16:53

Da Nonantola verso "Mister Italia"

Federico Pinizzotto, 27enne di Nonantola (MO) si classifica al primo posto alla selezione di Mister Italia tenutasi nei giorni scorsi al "Playa Loca Beach Club" di Castelfranco Veneto (TV) ed organizzata da Antonella Marcon, agente di Miss Mondo e di Mister Italia per il Veneto e Trentino Alto Adige.

Federico è alto 1.90, occhi marroni capelli castani, laureato in scienze dell'alimentazione e lavora come nutrizionista e modello nel settore fitness.

Mister Eleganza è stato eletto Diego Rossetto, 23enne di Castelfranco Veneto (TV), alto 191, occhi azzurri e capelli castani, modello e calciatore. Mister Cinema abita a Borgo Veneto (PD) e si chiama Carlo Berton. Alto 1.85, capelli e occhi castani, Carlo che è laureato lavora come infermiere e aspira ad un ruolo nel mondo della moda.

Il titolo di Mister Fitness è andato a Carlo Pollam di Sen Jan di Fassa (TN). Il 22 trentino è alto 1.82, occhi grigi e capelli neri, di professione cameriere ha studiato oreficeria all'istituto artistico. Ad Alessandro Candeago 33enne di Moena (TN) è andata la fascia di Mister Boy Italia. Alessandro è alto 1.81, capelli biondi, occhi grigio/azzurri, è laureato in farmacia e lavora come farmacista. Oscar Negrar, 23 enne di Verona ha vinto il titolo Mister #Millennial. Alto 1.76, capelli e occhi castani, Oscar lavora come impiegato alle Poste Italiane. I suoi hobby sono i viaggi e il fitness. Oltre a Mister #Millennial nella serata del Beach Club di Castelfranco V.to è stata assegnata anche l'altra fascia "neonata" Mister New Italy, titolo riservato ai primi classificati di origini non italiane ma residenti regolarmente in Italia. A vincere questo titolo il 20enne Simran Singh di origini indiane residente a Merano (BZ). Simran è alto 1.83, occhi marroni e capelli neri. La manifestazione è stata presentata da Jessica Zuanetto e da Riccardo Pagan ex concorrente di Mister Italia.

Ospite della serata Filippo Melloni, recentemente protagonista al programma "Ciao Darwin" e detentore del titolo "Padre Natura 2019". I primi classificati accederanno alle finali regionali. La prossima selezione in Veneto si terrà sabato 22 al Rist. La Nuova Meridiana presso la Darsena Marina del Sole di Chioggia (VE).

Per iscriversi i concorrenti possono contattare l'agenzia al n° +39.327.3720348, oppure andare sul profilo Facebook di Mister Italia Veneto.

https://www.facebook.com/misteritaliaveneto/ 

 

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Nella denuncia presentata da Juan Branco e l'avvocato israeliano Omer Shatz si chiede che l'Ue venga perseguita per l'annegamento di oltre 12mila profughi

Italia, Germania e Francia e gli Stati membri della UE che hanno svolto un ruolo di primo piano nella crisi dei rifugiati, dovrebbero essere perseguiti per la morte di migliaia di profughi annegati nel Mediterraneo. Lo chiedono i due autori principali del documento di 245 pagine, Juan Branco, che ha lavorato in passato allo stesso tribunale dell'Aia e l'avvocato israeliano Omer Shatz in una denuncia presentata al Tribunale penale internazionale dell'Aja, di cui dà notizia il Guardian.

L'accusa di crimini contro l'umanità presentata alla Corte penale internazionale (Cpi) si basa sull'ipotesi che funzionari e politici abbiano consapevolmente creato la «rotta migratoria più mortale del mondo», con la conseguenza che oltre 12'000 persone hanno perso la vita. La denuncia si basa in parte su documenti interni di Frontex, l'organizzazione dell'Ue incaricata di proteggere le frontiere esterne e che, secondo gli avvocati, avrebbe avvertito che abbandonare la missione di salvataggio italiana Mare Nostrum avrebbe portato a un «più alto numero di vittime».

I legali non individuano nel loro documento responsabilità specifiche di singoli politici o funzionari, ma citano messaggi diplomatici e commenti di leader nazionali, tra cui la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron.

Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", condivide questa iniziativa forte perché è assurdo che centinaia, forse migliaia di persone continuano a morire nella speranza di una vita un po' migliore rispetto alla propria drammatica esistenza in paesi dove la parole guerre e carestie sono ancora all'ordine del giorno.

(3 giugno 2019)

Cruciverba per mantenere il cervello vigile, attento e allenato nell’età avanzata. A scoprirlo uno studio inglese. Gli appassionati di puzzle e parole crociate tendono ad avere un’età cerebrale fino a 10 anni più giovane della norma.

Invecchiare mantenendo la mente lucida è possibile. Il segreto è passare il tempo libero a fare rebus, sudoku e cruciverba può essere molto più utile e produttivo di quanto sembra. In particolare per il futuro benessere del nostro cervello. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Exeter e la King's College London, nel Regno Unito, secondo cui dedicarsi regolarmente a queste attività enigmistiche presenta enormi benefici per il futuro funzionamento delle nostre capacità cognitive, quali la memoria, l’attenzione, il ragionamento e l’abilità nel risolvere problemi.

«I miglioramenti sono stati particolarmente evidenti nella velocità e nell’accuratezza delle performance dei partecipanti», ha dichiarato la dottoressa Anne Corbatt, leader dello studio. «In alcune aree i miglioramenti sono stati davvero drastici: per esempio nell’ambito del problem-solving, le persone che facevano spesso cruciverba o puzzle avevano un’età mentale di circa 8 anni più giovane rispetto a coloro che non coltivavano questa passione. Non possiamo dire con certezza che fare questo genere di quiz abbassi la probabilità di sviluppare una condizione neurodegenerativa, ma abbiamo visto che l’uso regolare di giochi con parole e puzzle aiuta a mantenere il nostro cervello in funzione più a lungo».

Lo studio, chiamato PROTECT, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è uno dei più complessi degli ultimi 10 anni e gli scienziati incoraggiano tutti gli adulti a dedicarsi a questo genere di attività di enigmistica al fine di mantenere all’erta la mente e i suoi processi cognitivi, al contempo tenendo a bada malattie gravi come la demenza e l’Alzheimer. «PROTECT si è dimostrata una delle ricerche più entusiasmanti del decennio», conferma Clive Ballard, del Dipartimento di medicina di Exeter. «Lo studio ci ha permesso di capire di più sul modo in cui il nostro cervello invecchia, e dunque possiamo cercare di ridurre il più possibile il rischio che corrono le persone anziane di sviluppare la demenza».

Platone nella Repubblica scritta tra il 386 e il 370 a. C. riporta a tutti noi il suo modello ideale di società fondata sul principio della giustizia e della equità sociale, che si attua attraverso il dialogo e il confronto dialettico tra le persone.

Di Guido Zaccarelli Mirandola 4 maggio 2019 - Per Platone la società ideale vede la presenza di più persone che insieme ricercano il piacere e operano per la sopravvivenza della comunità, fondata sul lavoro e la cooperazione di tutti coloro che in base alle loro conoscenze, competenze e i propri talenti, si muovono nella direzione del benessere della collettività.

Al pari di Platone, potremmo immaginare l'azienda come un grande villaggio, dove nel tempo nascono le prime comunità (cum-munus) che vivono all'interno di mura comuni (cum-moenia) e s'impegnano per un dovere comune (cum-munia), per raggiungere il bene comune (cum-munis). La società nasce dall'aggregazione di nuclei familiari, fino a comprendere al proprio interno tutti gli elementi necessari a garantirne l'autosufficienza.

Se per Aristotele la famiglia è la prima fase di comunità che possiamo osservare, per Platone la società utopica è divisa in tre classi, quella dei governati che devono amministrare secondo la giustizia e la razionalità e dei filosofi, quella dei difensori dell'ordine pubblico e infine quella degli artigiani e agricoltori. Tema cardine, è l'educazione dei propri cittadini che vengono formati in base alle loro caratteristiche e predisposizioni naturali evitando "le forzature" che nel tempo sarebbero controproducenti per la vita e la fiducia della intera società.

Il talento è il punto di partenza per lo sviluppo della società strettamente slegata dalle condizioni sociali (classi) della famiglia la cui dipendenza agirebbe nel vincolare il sistema delle relazioni della collettività e della economia al principio dell'equità sociale. Una economia quindi fondata sulla relazione e non sul rapporto gerarchico che hanno segnato nel tempo le strutture organizzative aziendali e della intera società: le donne e gli uomini sono uguali tra di loro e l'accesso alla carriera si basa sulle conoscenze e competenze.

Il futuro attende una nuova dimensione di società proprio partendo dal modello platonico che vede nascere una nuova concezione di economia basata strettamente sulla relazione. Come mai è stato necessario partire dalla filosofia greca e in questo caso da Platone, per dare riscontro a questo nuovo paradigma che trova le sue radici nell'economia della relazione?

La filosofia porta l'uomo a riflettere agendo sulla ricerca di qualsiasi campo questa si svolga e dal fatto che quello che si ricerca non la contiene. Questo porta al vero significato e all'importanza che i greci attribuivano alla parola e alla sua etimologia. La parola economia è molto importante per l'uomo e viene spesso associata al valore della moneta, e come tale, quando l'economia sale, scende o rimane stabile, subito la mente è proiettata a pensare alla moneta e agli interessi derivati dal suo possesso. Se osservata attentamente, l'economia è un termine formato dalla parola greca oikos e nòmos che viste nel loro insieme portano alla gestione razionale ed equilibrata della casa secondo le regole ferree della massaia.

La casa è costruita sulla base della relazione tra i membri e non da un rapporto gerarchico di subalternità, e si ispira al principio della solidarietà sostenuto dall'agire cooperativo. Quindi una economia più conservativa dei valori e della condivisione dei profitti. Relazione è un termine che ci porta al latino religàre, di legare insieme alla pari, che si esprime all'interno di un contesto circolare necessario per osservare il cuore pulsante dell'economia fondata sui valori e sul senso etico di appartenenza. È necessario pertanto incentivare la nascita di un modello aziendale centrato sulla nascita di un nuovo paradigma basato sull'economia della relazione, dove oltre alla condivisione, i lavoratori "offrono" le loro conoscenze, competenze e saperi alla comunità aziendale.

È il nuovo che avanza.

Le virtù vanno servite come l'oste serve il vino migliore ai propri clienti per accrescere la fiducia nel segno della continuità, come la massaia dispone se stesso per la famiglia. Ecco che l'etica, la passione e la motivazione diventano autopoietici, per se stessi e in relazione agli altri, diventando gli assi portanti per concepire l'economia non solo fondata sulla moneta ma anche sulla forza attribuita alla capacità della relazione di accrescere l'economia dell'etica e del senso di appartenenza. Il tutto rivolto alla ricerca, come affermava Aristotele, di una dimensione "eudaimonica", dove la felicità e il primo il fine ultimo delle azioni umane e la ricchezza il mezzo di cui servirsi in attesa di altro.

La relazione accresce l'intero spettro dell'economia di cui oggi farsi carico per proiettare lo sguardo oltre la siepe di Leopardi quando sul monte Tabor a Recanati ha scritto l'Infinito e s'immagina lo spazio immenso dell'universo che l'uomo può percepire, ma non comprendere, nella sua maestosità. L'economia della relazione deve spingere le persone oltre la siepe per approdare in uno spazio cosmico che Platone chiama iperuranio, oltre la volta celeste, dove realizzare un mondo nel quale l'economia della relazione è in grado di esprimere la nascita di un nuovo cosmo e assolvere appieno ai bisogni delle aziende e ai desideri dei lavoratori per costruire imprese che mettano la persona al centro.

La relazione nasce per questi motivi, per "nutrire" e "offrire" reciprocamente la propria conoscenza altrui. Saranno l'intelligenza e il talento a disposizione dei singoli a generare nuovi spazi di creatività da dedicare all'innovazione e alla genesi di nuove opportunità sociali e imprenditoriali aiutati da un sistema premiante che valorizza i talenti dei singoli per accrescerne il valore e l'identità sociale.

Riferimenti bibliografici e sitografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 
https://www.lintellettualedissidente.it/filosofia/platone-e-la-societa-ideale/ 
http://creativefreedom.over-blog.it/article-economia-etimologia-per-cervelli-non-fus-87515550.html 
https://www.skuola.net/appunti-italiano/leopardi-giacomo/leopardi-infinito.html 
https://www.skuola.net/filosofia-antica/aristotele-eudaimonia.html 

 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Amore - l'innamoramento, la via più veloce per diventare un killer, ovvero la fenomenologia della dipendenza psicologica. Per mettere a fuoco i meccanismi mentali che ci creano problemi a livello individuale e relazionale e avere gli strumenti per affrontarli in modo semplice.

di Paolo Mario Buttiglieri 28 aprile 2019 - E' ora di fare chiarezza su dei fenomeni che creano disagio e sofferenza.

Uno di questi è l'innamoramento. Ingenuamente siamo portati a credere che innamorarsi significhi dare il proprio amore all'oggetto di cui ci si innamora. Se qualcuno è innamorato di noi, pensiamo di essere amati. Se ci innamoriamo di qualcuno pensiamo di amarlo. Le cose però non stanno così.

Innamorarsi è in realtà la decisione che prendiamo nei confronti di una cosa che ci attrae. Una persona ci attrae e allora decidiamo di impossessarcene, di farla diventare nostra. Non desideriamo che sia libera ma che sia di nostra proprietà. Se anche l'altra persona è attratta da noi può succedere che anche lei decida di innamorarsi di noi, cioè di impossessarsi di noi e di desiderare che la persona non sia più libera ma sua proprietà. E se questo accade diremo "il mio partner", il mio moroso, il mio fidanzato, la mia compagna e l'altro dirà la stessa cosa. E ci sembrerà una cosa magica. In realtà quello che è successo è che abbiamo ammanettato quella persona e gli abbiamo anche messo un guinzaglio. Lei ha fatto la stessa cosa. Due prigionieri reciproci. Andiamo al cinema, andiamo al ristorante, andiamo a fare shopping. E se uno dei due volesse liberarsi da questo legame? Ci sposiamo e deleghiamo allo Stato di vigilare che nessuno dei due si liberi da guinzaglio e manette e scappi. Per essere ancora più sicuri facciamo un figlio e così oltre alle manette avremo una bella responsabilità. Prima o poi le manette stringono, il guinzaglio ci toglie il respiro, il figlio diventa un peso. E allora ci viene voglia di essere liberi. E quando il partner se ne accorge si arrabbia, ci fa il muso, ci ricorda le nostre responsabilità.

La nostra voglia di libertà diventa per l'altro mancanza di amore verso di lui, egoismo, e questo ci fa soffrire. Lui è nostro!! Perchè vuole staccarsi da me? Cosa gli manca? Traditore! E' interessata a un altro? Di sicuro c'è un altro. Stronza. Sta sempre di più fuori casa. E sta sempre senza manette. Se non sta con me io non valgo niente, mi sento morire, non mi interessano le altre. Voglio solo lei. O lei o niente. E allora mi ritrovo ammanettato e senza niente e nessuno nella mia vita. Le altre non mi interessano: lei invece era speciale. Era mia prigioniera. Cosa gli mancava? Non gli bastavano le manette che gli avevo regalato? Non gli piaceva più il morso del mio guinzaglio. E mio figlio? Vorrà mica portarmelo via?

Nel momento in cui semplicemente vogliamo esercitare la nostra libertà, esprimere liberamente la nostra personalità ci accorgiamo che la persona di cui ci eravamo innamorati e che avevamo anche sposato in realtà non ci amava ma ci possedeva. Eravamo diventati sua proprietà. Eravamo un oggetto. Ora ne siamo consapevoli. Ma, se lui non lo è, crede di amarci quando tira il guinzaglio e ci controlla che indossiamo le manette. La nostra voglia di libertà per lui è ingiustificato tradimento, un capriccio, una nostra debolezza, una nostra immotivata cattiveria che lui non merita. E lei cucinava, mi faceva compagnia, si occupava del bambino, rifaceva il letto, faceva la spesa, passava il week end con me. Io avevo delegato a lei queste cose, che già faceva quando ero piccolo mia madre. E ora? Sono solo e abbandonato. E più mi sento solo e abbandonato, e più ho goduto della mia partner e più la odio.

A volte questo odio nelle persone fragili porta anche all'omicidio, alla persecuzione del partner insofferente al guinzaglio. Si può uccidere solo una persona che si possiede e non una persona che si ama. Si può essere gelosi solo di una cosa che si possiede e non che si ama. Le cose che si amano si rispettano, ci si preoccupa che siano libere, che possano esprimersi liberamente. Ma se tu stai male e non sai amarti non sarai capace di amare. Sentirai forte il bisogno che qualcuno ti ami, che ti faccia star bene, che ti dia quella felicità che non sei capace di dare a te stesso, che respiri al posto tuo. E quando incontri qualcuno attratto da te e che decide di amarti tu non vedi l'ora di fargli indossare le manette e il tuo guinzaglio. E appena accade tiri un respiro di sollievo: finalmente lei è tua. Tu eri zoppo e adesso ti appoggi a lei, alle sue due gambe. Così non senti il peso della gamba che ti manca. E quando lei deciderà di lasciarti tu sarai nel panico. Perché ti vedrai precipitare a terra. La sua libertà per te è la tua rovina e non potrai che odiarla. Più lei ti ha amato, più ti ha fatto sentire bene e più nel momento dell'abbandono ti farà sentire male. E allora ti sembrerà normale fargliela pagare e anche ucciderla. In realtà non l'hai mai amata.

Ma non ne sei consapevole. Non voler possedere niente e nessuno, ma cogli il profumo e la bellezza di ogni cosa e di ogni persona. Ama te stesso! Butta via quelle manette e quel guinzaglio e diventerai anche più simpatico. In caso contrario rimarrai uno stronzo.

Paolo Mario Buttiglieri, sociologo (Fiorenzuola D'Arda - PC)

Forse mai come questa volta siamo arrivati qui con la consapevolezza che non siamo in grado di fare durare NOI le cose belle che ci capitano nella vita. E forse mai come oggi siamo stati consapevoli di quanto siamo bisognosi di qualcuno che regga l'urto del tempo rispondendo al nostro sterminato bisogno di durata. Julián Carrón

Di Guido Zaccarelli Mirandola 25 aprile 2019 - Dalla piramide al cerchio è un saggio che è stato scritto pensando all'attività svolta dai lavoratori a catena di montaggio, confrontato con il duro lavoro degli schiavi a bordo delle galee. Le galee erano imbarcazioni lunghe una cinquantina di metri che fecero la loro prima apparizione intorno al XIV secolo e impiegate per scopi bellici e mercantili spostandosi da un porto all'altro del Mediterraneo.

La particolare sagoma le rendeva instabili per navigazioni oltre oceano e nei periodi invernali, limitandone l'uso nei soli periodi estivi. Le ridotte dimensioni della stiva le obbligavano a viaggiare a bordo costa per facilitare il rifornimento delle cisterne d'acqua riservate a dissetare i rematori. Potevano incontrare mari tranquilli e alati che accompagnavano la navigazione oppure incontrare onde vigorose che s'infrangevano contro l'imbarcazione, increspandosi ad ogni sobbalzo dello scafo. Sbuffi di acqua marina pronti ad inondare la nave nel caso l'equipaggio non fosse stato pronto a resistere ai lamenti e ai fragori della natura.

Per farlo dovevano dare il meglio di sé per il bene soggettivo. La vita a bordo era molto dura e spesso portava alla morte a causa delle sofferenze inflitte dall'aguzzino che, armato di frusta, obbligava a remare fino allo sfinimento. Chi non riusciva a reggere il compito veniva sostituito e il più delle volte, considerato lo stato fisico, abbandonato in mare. L'alimentazione era di scarsa qualità e veniva somministrata ogni quattro ore durante una pausa di dieci minuti, preferibilmente all'imbrunire, per non mostrare ai rematori il contenuto di questo miscuglio fatto con farina, acqua e aceto. Era una vera e propria prigione: del resto la parola galera deriva proprio da galea, per indicare un luogo dove veniva limitata, se non abolita, la libertà personale.

Il corpo dei vogatori era formato dagli schiavi, dai galeotti e dai buonavoglia. Ora, nel XXI le persone che quotidianamente lavorano in una catena di montaggio, a cui viene chiesto di produrre incessantemente per raggiungere elevati livelli di produzione e di redditività aziendale, vivono le stesse condizioni provate dai rematori ai tempi delle Galee, oppure qualcosa è cambiato? La catena di montaggio di molte aziende è infernale. La velocità di scorrimento è elevata e i tempi macchina sono frustranti. Si pensi che in talune situazioni il tempo macchina per svolgere una attività ( più fasi ) è di soli cinque secondi. I turni sono incalzanti e la pausa è di breve durata a metà di ogni mezzo turno. Il lavoratore è immerso nella propria attività e rare sono le occasioni nelle quali viene permesso il dialogo per un confronto. La relazione è verticistica seppur inquadrata all'interno di uno schema a matrice.

Dal taylorismo, al fordismo in avanti, lo schema produttivo è rimasto invariato nella filosofia: le persone svolgono un lavoro parcellizzato il cui requisito fondamentale è l'attenzione da porre alla sequenza delle attività da svolgere per garantire gli standard di qualità. Il turnover è molto elevato per la stanchezza fisica e psichica che il lavoro comporta connesso al clima ambientale e al numero di operazioni routinarie che devono essere eseguite nell'unità di tempo. La catena di montaggio meccanica si trasforma in una catena di montaggio umana dove ogni lavoratore diventa una parte intercambiabile di un altro lavoratore con il quale forma la linea di produzione.

Il sistema familiare e sociale si sfascia per l'incapacità della società di autoregolarsi in una dimensione umana della relazione portando l'individuo all'esasperazione complice la manca di regole che consentano di vivere il tempo nella pienezza. L'economia del benessere è la dimensione che consente di avvicinare la dimensione reale di una società che produce beni e servizi per migliorare gli stili di vita delle persone e dall'altro godere della disponibilità di tempo per vivere nel benessere, ovvero stare bene con se stessi per stare bene con gli altri. In questo millennio, assai lontano dal secolo delle galee sono ancora oggi presenti situazioni lavorative che necessitano di essere trasformate per donare loro quel valore etico che il lavoro possiede e alle persone restituire la loro dignità personale e professionale. Possiamo pensare di trasformare le galee aziendali in imbarcazioni dove lavorare a misura d'uomo?

Julián Carrón a Rimini il 12 Aprile 2019: «E questo stupisce ancora di più, dal momento che viviamo in una società liquida e quindi dovremmo esserci abituati al fatto che niente dura. Siamo tante volte in preda a un vortice di affetti, di sentimenti, in cui tutto si costruisce e si smonta sempre molto in fretta; di conseguenza, facilmente siamo vittime della delusione. Niente sembra tenere, il tempo consuma, svuota tutto; quello che è accaduto ieri perde la sua presa su di noi, il suo fascino». Lo scopo è «... il desiderio cioè di una felicità che duri, che non si dissolva nello spazio di una giornata o di una stagione».

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell'azienda, Franco Angeli Editore.
Che cosa regge l'urto del tempo? Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione Rimini, 12 aprile 2019 Appunti dall'Introduzione di Julián Carrón
Riferimenti sitografici: https://www.wikipedia.org/ 

 

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GUIDO ZACCARELLI

CURRICULUM - Guido Zaccarelli, è docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale di Gazzetta dell'Emilia. È laureato in Comunicazione e Marketing, ha conseguito un Master in Management per il coordinamento delle professioni sanitarie e frequentato la scuola di alta specializzazione per formatore e consulente d'impresa. È stato referente del Servizio Informativo dell'Azienda Sanitaria di Modena, presso il distretto di Mirandola e dal 2008 al 2018 docente a contratto di informatica presso l'Università di Modena Reggio.

Bibliografia: Informatica, insieme verso la conoscenza (2010) - La conoscenza condivisa, verso un nuovo modello organizzativo (2012) - Finestre di casa nostra (2013) - Dalla piramide al cerchio, la persona al centro della azienda (2016)

Dove la musica e le parole non riescono ad arrivare, entra in gioco Valentina Carpin con le sue fotografie. Ma raccontiamo la sua storia dall' inizio.

Di Nicola Comparato Felino 27 aprile 2019 - Valentina Alessandra Carpin nasce a Rho (MI) i'11 Ottobre 1985.

Fin da piccola si sente a suo agio tra diapositive, rullini e stampe presso l'agenzia "FarabolaFoto" di Milano dove lavorava sua madre, "costretta" a portare Valentina e la sua sorellina sul posto di lavoro quando i nonni e il papà erano impegnati.

Valentina si diploma nel 2005 presso l'istituto Ipsia Piero Sraffa in Fotografia, conseguendo poi la specializzazione in Fotografia Digitale nello stesso anno. Sucessivamente svolge uno stage formativo presso la "FarabolaFoto" (MI) approfondendo le sue specializzazioni in Grafica Pubblicitaria. Comincia a Lavorare presso la ex "ClicPhoto" a Milano come collaboratrice, ottenendo fin da subito pubblicazioni su riviste quali "Bella" "Novella 2000" "Chi" e varie riviste sportive.

Oltre a questo collabora per i cataloghi "Caleffi" e per alcune aziende di profumi.

Ma non finisce qui. All' inizio del 2007 diventa collaboratrice nel foto giornalismo con conferenze stampa per personaggi famosi quali "Stefano Accorsi, Carolina Kostner etc.."
Intervista anche personaggi sconosciuti ma che realizzano ad esempio profumi per personaggi famosi come "Laura Bossetti Tonatto" che ha creato profumi per la Regina Elisabetta e per i nostri Vip Italiani.

Inoltre, fotografando i piccoli artigiani, Valentina Carpin è andata alla scoperta delle nostre campagne e dei prodotti tipici della nostra Italia.

In quegli anni ha eseguito a livello grafico e fotografico, ritocchi dell'immagine per le foto dei vip sui magazine.

Valentina si è recata in vari luoghi della Lombardia e del Piemonte eseguendo servizi di reportage per immortalare ville e giardini per conto di riviste e magazine dedicati al nostro paese, ma secondo il parere di Valentina, il suo reportage più bello è stato quello ad Helsinki (Finlandia), città che tutt'ora ha nel cuore e che visitava ogni estate, dove ha stretto anche molte amicizie.

Nel 2009 si trasferisce a Parma per completare i suoi studi universitari, ma incontrando l'amore e con la nascita di suo figlio nel 2011, il suo percorso si ferma per qualche anno.
Riprende la sua attività nel 2016 come fotografa di eventi (matrimoni , battesimi, cresime e compleanni), eseguendo servizi innovativi, facendo reportage completi dell'evento e non le classiche foto posa di rito.

Infatti, grazie ai suoi set fotografici, fu contattata da un'importante fotografo specializzato in matrimoni a livello internazionale per seguire un corso di aggiornamento in Inghilterra. Ma purtroppo il lavoro di suo marito non glielo permise, essendo lui a quel tempo un militare.
L'attuale ritorno di Valentina a Parma dopo quasi 10 anni le sta dando la possibilità di rimettersi in gioco e di ricominciare laddove aveva lasciato.

La fotografia è da sempre il suo hobby, il suo lavoro, il suo sfogo, il suo modo di esprimersi, e non può proprio farne a meno. Negli anni in cui non ha potuto lavorare, il suo bellissimo bambino e i monti dell' Alto Adige sono stati i suoi soggetti più fotografati e più amati.

Ma le passioni di Valentina non si fermano alla fotografia. I suoi svaghi sono l'equitazione, sport che ha iniziato a praticare a 6 anni, lo yoga e la cristalloterapia. Però ammette che le serate a teatro con suo marito sono il massimo e la "Bella Parma" su questo ha molto da offrire.

Ecco il link della pagina Facebook di Valentina Carpin https://www.facebook.com/FrozenPhotoEvents/ 

 

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Mercoledì, 24 Aprile 2019 06:03

Incubi notturni, verso la scoperta dell'origine

Scoperta (forse) l'origine degli incubi notturni! A chi non è mai capitato di fare brutti sogni? Da sempre si è cercato di scoprire quale sia l'origine degli incubi che rovinano i nostri riposi e che molte volte ci costringono a svegliarci di soprassalto. Una ricerca ha tentato di fornire una spiegazione ai meccanismi del nel nostro cervello quando facciamo un incubo.

Lo studio, condotto da numerosi esperti e pubblicata sulla rivista Journal of Neuroscience, è riuscito ad individuare la firma neurale dei nostri incubi. Fino ad oggi, infatti, gli scienziati non erano in grado di comprendere quali emozioni fossero sottese alla sperimentazione del nostro sonno o di un nostro incubo.

La ricerca in questione ha previsto l'utilizzo di un elettroencefalogramma per analizzare il cervello dei volontari durante le due notti di sperimentazione previste dalla ricerca. Dopo 5 minuti di fase Rem del sonno, ovvero la fase di sonno legata all'azione di sognare, i volontari sono stati svegliati per raccontare le emozioni vissute durante il sonno.

Da qui i ricercatori hanno stabilito un particolare collegamento tra il sentimento di rabbia vissuto all'interno del sogno (incubo) e l'attività cerebrale registrata dall'elettroencefalogramma. In particolare, quando i partecipanti registravano una maggiore attività cerebrale di onde alfa nell'area destra del cervello, sperimentavano, allo stesso tempo, una maggior sensazione di rabbia e quindi di fastidio. E' questa stessa sensazione di rabbia che genera, poi, la manifestazione di un sonno non tranquillo e quindi anche di un incubo.

La firma neurale che predice questo comportamento è chiamata asimmetria alfa frontale (Faa) e dimostra, quindi, che l'attività cerebrale può rappresentare un indicatore della regolazione delle nostre emozioni. In poche parole, se le onde alfa che si attivano negli istanti precedenti al nostro addormentamento risultano maggiori nell'area destra del nostro cervello, esiste una buona probabilità che ci toccherà fare i conti con un incubo notturno.

Nulla ci dice, però, la ricerca, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", se sarà possibile eliminare definitivamente la possibilità di fare incubi, per poter vivere meglio il nostro riposo nella società dello stress.

 

(22 aprile 2019)

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