Giovedì, 21 Novembre 2024 05:20

Elezioni e voto: la disaffezione alla democrazia In evidenza

Scritto da Andrea Caldart

Da molto tempo, ormai, nel nostro Paese, assistiamo alla disaffezione del cittadino nell’esprimere il proprio voto durante le elezioni, facendolo anche con un certo vanto nell’autoescludersi, e compiacendosi pure della scelta.

Di Andrea Caldart (Quotidianoweb.it) Cagliari 20 novembre 2024 - La tornata elettorale appena passata è un chiaro segnale che ha un messaggio implicito: "Non voto perché nessuno merita il mio voto", che può suonare anche come una forma di protesta, ma rischia invece di trasformarsi in complicità passiva con le scelte di pochi cittadini.

Ma la disaffezione degli italiani alla democrazia e alla politica non è un fatto di oggi perché, inizia con l’avvento di tangentopoli, l’era in cui i partiti iniziano a vedere il crollo degli iscritti, perché fu proprio lì che i partiti iniziarono la perdita di contatto con le proprie organizzazioni territoriali, indebolendo così la loro presenza fisica.

Il fenomeno dell’astensionismo odierno, sembra quasi una sorta di vendetta civica contro la credibilità della politica, ma in realtà, è un bruttissimo segnale di indifferentismo civile nei confronti del proprio potere democratico di scegliere chi lo possa rappresentare nel Parlamento.

Deleghiamo ad altri di scegliere senza pensare al danno democratico che compiamo verso noi stessi, e verso la possibilità di poter contribuire alle scelte del Paese e del suo futuro.

Accade tutto questo perché la politica non sembra più credibile e gli elettori hanno come l’impressione che, tra destra e sinistra, non cambia nulla e conducano al medesimo programma elettorale “italiani in mutande”, tant’è che quei pochi elettori che vanno nelle cabine elettorali, scelgono il boccone meno amaro o per promesse a candidati amici o parenti.

Forse è un po' colpa dei vari leader politici che non sono più capaci di spiegare, di condividere e di attirare gli elettori, verso un progetto o una visione futura della politica che intendono fare.

Oggi i partiti e i movimenti politici sono leadercentrici, troppo concentrati sul leader di turno quasi fosse un messia unico che, con i suoi slogan e la sua onnipresenza, può incarnare quel magico salvatore di tutte le istanze che spesso non provengono dal popolo.

Nella realtà che abbiamo visto anche in questi giorni sia in Umbria che in Emilia-Romagna, la politica è solo un modo di contarsi e di primeggiare, grazie ad un mondo feudalistico delle preferenze, garantito dai “signori dei voti”.

Sono lontani ormai quei tempi dove per la popolazione valeva il simbolo da sbarrare sulla scheda elettorale, anche se, sempre andando a ritroso nel tempo, pareva avesse più l’aspetto di una gara tra tifoserie, che di una vera e propria scelta.

E lo si vedeva nei territori storici della politica dove, se fossi nato bianco saresti stato democristiano come nel Nord-Est, oppure rosso comunista, allora eri sicuramente emiliano, romagnolo, piemontese, toscano, umbro e così via.

Erano quegli anni ’70, ’80, ’90 dove il 90% degli aventi diritto, correvano in massa per andare a votare e, fino a metà anni ’80 soprattutto se non lo avessero fatto, vi sarebbe stato anche la possibilità di essere multati.

Il partito di Stato oggi è quello del non governo, è quello dell’astensionismo che ha raggiunto una media stabile molto preoccupante del 48% nel nostro Paese.

Onesti cittadini uomini e donne che, se anche ben motivati dalla responsabilità derivante dal proprio contributo elettorale, la loro volontà di agire per il bene pubblico si dissolve dentro al pensiero che, la democrazia che conoscevano, non è più controllata dalla carta costituzionale.

Siamo arrivati all’inizio dell’eclissi del diritto che passa nei provvedimenti, molto discutibili, che abbiamo visto durante la “pandemia”, e il continuo arbitrario uso di sanzioni alla Russia e ai suoi cittadini qui in Occidente e non dimentichiamo le dichiarazioni di Giorgia Meloni che continua ad affermare: “Pieno sostegno a Kiev”.

Ma non va dimenticato nemmeno quando, durante l’elezione del Presidente della Repubblica, all’onorevole Sara Cunial perché non si piegava al liberticida certificato verde, non le veniva concesso di votare, salvo poi aver allestito all’esterno di quel palazzo un apposito seggio.

Se si è provato a impedire ad un parlamentare (Sara Cunial) di poter esercitare il suo dovere derivato dal mandato politico dei suoi elettori, quale garanzia possono avere i cittadini esprimendo il proprio voto, che non vengano calate altre scelte che non discriminino davvero la democrazia?

Se si continua di questo passo senza la volontà di scegliere e ciascun cittadino diserta il proprio diritto di voto, con questa totale indifferenza verso la democrazia partecipativa, presto ci potremmo trovare ad essere senza patria.

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