Molti sardi ieri si sono riversati davanti alla sede del Consiglio regionale per l’atto di deposito, un altro segno simbolico della protesta contro i decreti del governo Draghi, che vorrebbero la Sardegna quale unico generatore di energia elettrica green dell’Italia.
Pale eoliche, Thirrenyan link, Galsi, la Sardegna è diventata preda di uno scempio senza logica con la sopressione della volontà delle comunità locali, oltraggiando terriori e paesaggi millenari.
Sembra quasi che la Sardegna, in tutti questi anni di richieste di autorizzazioni, concessioni e progettazione di questi impianti devastanti il proprio paesaggio naturale, si sia sempre girata su stessa dove invece, la sua strategica posizione insulare al centro del Mediterraneo, l’ha fatta diventare il centro degli interessi di una folle politica green europea.
Forse in Sardegna, per il fatto di essere un terra di servitù, pensiamo a quelle militari ad esempio, qualcuno/a in preda a chissà quale cataclisma energetico, vorrebbe mettere in cantiere una qualche non ben definita nuova espropriazione territoriale?
L’ingerenza dell’Europa e i recenti atti del governo Meloni, sovrastano il volere popolare dei sardi in nome di una transizione che per molti, ormai si è capito, è un vero e proprio affare delle lobby speculative, ma allora cosa può fare il Popolo Sardo, per fermare questa prepotenza proveniente da fuori?
Per ora il gesto della raccolta firme è solo un segnale anche perché, la vera maggioranza dei sardi, tolti bambini, minorenni, fedelissimi delle tessere di partito, se ne è rimasta tranquillamente in pantofole a casa.
Questi mulini a vento elettrici sono uno dei deliri più evidenti del nostro tempo perché, dovrebbero servire ad eliminare il carbonio dalla nostra industria ma, ora come ora, questa massiccia invadenza di torri eoliche, significa voler distruggere le realtà produttive agricole locali, i vari ecosistemi e il paesaggio che è la cartolina di un vero e proprio paradiso naturale.
Una distruzione che non nasce a caso, in quanto è il progetto scientista di una sciagurata agenda europea chiamata Agenda 2030.
Quello che è paradossale e per certi versi incomprensibile è aver visto una parte dei cittadini sardi, a febbraio, scegliere come Presidente della Regione Alessandra Todde che, ai tempi della “virus pandemenza”, ha sottoscritto isolamento sociale e le leggi coercitive del governo prima di Conte e poi di quello di Draghi.
Sì, perché la Todde era sottosegretario, vice-ministro all’economia, e come faceva a non conoscere bene il tema delle pale eoliche, ma non si è discostata dalla volontà di quei regimi guidati da élite tecno-economiche sovranazionali, ostili nei confronti dei popoli.
Ma quelle oltre 210.000 firme che portano il nome di un’importante battaglia di difesa della Terra Sarda, “Pratobello”, hanno di fatto dimostrato la scomparsa di quel conflitto sociale contro il quale, erano scesi in campo i cittadini orgolesi nel 1969 opponendosi allo Stato, che li voleva espropriare con la forza delle loro terre e dei diritti umani universali.
Al fianco di questi firmatari alcuni loro primi cittadini che hanno provato a far valere la “polis”, difendendo i loro territori contro gli interessi di un potere ben chiaro, quello finanziario, che nulla ha a che vedere con la Sardegna.
La carica pacifica e democratica degli oltre 210.000 è un forte messaggio politico che ha dimostrato la forza dell’ideologia dei diritti, contro il volere autonomo dei lobbisti finanziari di palazzo.
Ma è anche la forza di un’unione spontanea tra comitati locali contro il potere politico locale, nazionale ed europeo, organismi questi che hanno dimostrato con il loro iperpoliticismo di rifiutare il dialogo politico, imponendo il “loro” consenso.
Ora la battaglia sarà tra la supremazia del “celodurismo eolico” passato con precedente giunta poco sarda e tanto leghista, contro la rivendicazione dell’autonomia sarda dei propri abitanti, chi vincerà?
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