Il titolare del laboratorio di sartoria, Yasser Abu Gharara, ha spiegato che “Ci sono 1,5 milioni di sfollati nella città di Rafah e la carenza di pannolini sta rendendo la vita dei bambini e dei loro genitori un inferno”.
La grave scarsità di questo prodotto ha fatto sì che il prezzo di una singola confezione salisse a duecento shekel (circa 50,38 euro), un prezzo spropositato per le famiglie che lottano anche per procurarsi cibo per sopravvivere. Alcuni genitori provano a utilizzare pannolini di stoffa che, però, necessitano di essere lavati con l’acqua, purtroppo scarsa.
Per produrre i pannolini vengono utilizzati indumenti protettivi riciclati, risalenti alla pandemia Covid-19, nella speranza di portare un aiuto alle famiglie in difficoltà.
“Non si tratta solo di pannolini per bambini – ha spiegato ai media Abu Gharara - ma anche per anziani e persone con disabilità”. Infatti, per gli sfollati che vivono nelle tendopoli, la carenza di pannolini non permette di mantenere puliti e asciutti i bambini e i ragazzi.
Parlando con i giornalisti, una donna, madre di tre bambini, cercando di utilizzare un paio di pantaloncini ricavati dalla plastica rosa trasparente di un sacchetto della spesa per proteggere uno dei suoi figli, ha dichiarato: “Anche la copertina, con la quale copro il bambino, deve essere cambiata il giorno dopo. Tutti hanno bisogno di vestiti, ma i vestiti non ci sono. Non ci sono le coperte per i bambini. Non abbiamo nulla a disposizione. Noi non abbiamo nemmeno i materassi, veniamo scaricati in tende per strada”.
Oltre ai pannolini, è diventato estremamente difficile reperire anche il latte artificiale e questo porta i genitori a ricorrere ad alternative inadeguate, a volte addirittura poco sicure.
Questa situazione viene ulteriormente complicata dalle sporadiche consegne di aiuti, che sono ostacolate dalle restrizioni israeliane e dagli incessanti combattimenti.
Inoltre, i palestinesi sfollati vengono radunati in aree sempre più ristrette, provocando epidemie e malattie, alle quali i bambini malnutriti sono particolarmente vulnerabili. Le Nazioni Unite, infatti, affermano che “La popolazione è a rischio imminente di carestia, con un quarto delle persone già affamate”.
Il responsabile del programma locale di Medical Aid for Palestinians, con sede nel Regno Unito, Mohammed al-Khatib, ha spiegato che “Alcune persone sono state costrette a comprare pannolini più piccoli e a metterli insieme con lo scotch. La mancanza di prodotti freschi, la proliferazione di bancarelle non regolamentate e il freddo hanno contribuito alla diffusione di malattie, tra cui infezioni respiratorie, eruzioni cutanee e dissenteria. È inverno e i bambini sono quasi sempre bagnati”.
Inoltre, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia UNICEF ha dichiarato questa settimana che la maggior parte dei nuovi sfollati ha a disposizione solo uno o due litri di acqua al giorno per bere, cucinare e lavarsi, “Le consegne di aiuti a Gaza non soddisfano le vaste necessità”.
Vista la gravità della situazione, alcune persone si trovano a dover prendere la difficile scelta di nutrire bambini di pochi mesi con biscotti tritati e riso macinato, invece che con latte artificiale e ciò provoca frequenti viaggi all'ospedale locale, che, come il sistema sanitario di Gaza in generale, è messo a dura prova dalla guerra.
(immagine tramite screenshot, da foxnews.com.)