E’ piaciuto o non è piaciuto alla Merkel. Ma l’Italia ha bisogno del tutor per essere accreditata nell’Europa che dovrebbe essere anche casa sua?
di Lamberto Colla ---
Parma, 23 marzo 2014 -
"Giova, mi devi spiegare perché ogni volta che c'è un premier nuovo deve andare dalla Merkel a chiedere il permesso: ha lo ius premier noctis?": esordisce così Maurizio Crozza nella puntata di Ballarò andata in onda mercoledì 18 marzo.
Però questa volta, il Premier italiano, non è andato subito dalla Signora tedesca contravvenendo al tradizionale pellegrinaggio dei neo insediati primi ministri che invece è quasi sempre partito da Berlino. In totale la Cancelliera tedesca ha già avuto l’onore di incontrare, durante il suo mandato, ben 4 di suoi colleghi italiani, Berlusconi, Monti, Letta e ora Renzi.
E’ cambiato però, almeno da parte italiana, il protocollo. Berlino non è stata la prima tappa come ossequiosamente fecero i suoi predecessori Letta e Monti, ma la quarta, dopo Tunisi, Parigi e Bruxelles, come a voler rafforzare il messaggio che l’Italia deve avere un rapporto paritetico con le altre nazioni leader europee. Una strategia comunicativa che strappa con il passato ma è coerente con il presente renziano “L’italia non ci sta a stare dietro alla lavagna” come dichiarato al TG5 alla vigilia dell’incontro.
Probabilmente il “gianburrasca” della politica italiana non sarà ancora riuscito a convincere la teutonica Angela a poter sforare il muro del 3% di deficit ma ha tentato di dimostrare che l’Italia vuol fare le riforme strutturali non perché ci vengano chieste, ma perché rientrano nell’autonomo progetto di rinascimento industriale. Insomma, se Renzi è riuscito a strappare i consensi, almeno verbali, di Hollande e della Merkel, forse una quota di autorevolezza a Renzi bisogna pur assegnarla. Non si è presentato con l’austera e modesta espressione del professor Monti, e nemmeno con l’atteggiamento da bravo ragazzo prestato alla politica di Letta. Entrambi corsi al trono della tedesca nel tentativo di raccogliere un visto universale e una “clack” per ogni azione seguente. No, Renzi sta tentando la carta della originalità italiana paritetica alle originalità tedesca, francese e britannica. Renzi ha alzato il vessillo tricolore, non l’ha ammainato come i suoi due predecessori. Questo gliene va dato atto e perciò deve essere sostenuto. Criticato, se necessario, sulle scelte che farà ma appoggiato da tutti per quello che sta tentando di fare: ridare credibilità al Paese non per opposizione berlusconiana ma per la progettualità e il rispetto che è dovuto alla storia del nostro Paese che, ricordiamolo, è fondatore dell’UE e uno dei maggiori contribuenti.
Renzi può essere l’elemento di rottura utile a fare ripensare l’europa, altrimenti destinata al rapido declino sotto le mazzate dell’euroscetticismo galoppante che si misurerà, in tutta la sua violenza, alle prossime elezioni di giugno.
Una speranza che però i detrattori di Renzi non intendono alimentare e così, a tempo debito o indebito a seconda dei punti di vista, fanno emergere scandali e scandaletti come fu per Berlusconi.
Seppure giovane il “Matteo” non può considerarsi un “verginello”; se è arrivato a questa posizione apicale in politica vuol dire che gli è cresciuto prima il “pelo sullo stomaco” e solo più tardi quello pubico.
Ma a chi si vuol far credere che esista, in Italia come all’estero, un politico perfetto di specchiata onestà e altrettanta onorabilità e privo di una storia di compromessi.
Chiediamoci invece perché è piaciuto alla Merkel. L’Italia e la Germania sono troppo simili per andare d’accordo. Entrambe sono forti e potenti nei medesimi settori industriali. Forti nell’export agroalimentare, seppure ultimamente l’Italia sia seconda rispetto alla Germania. Siderurgia e meccanica industriale si scontrano continuamente. Due nazioni così diverse ma uguali non possono andare di comune accordo, possono trovare compromessi e percorsi affiancati ma presto o tardi la rivalità avrà il sopravvento. Ma mentre la Germania graniticamente difende e valorizza la sua efficienza l’Italia al contrario primeggia per essere capace di denigrare i propri valori e plus industriali. Sembra che la critica “buona” sia solo quella che porta a galla le negatività rafforzando il comune sentimento di inaffidabilità del nostro Paese anche quando questo non è vero anzi, come dimostrano i dati, le nostre imprese sono ancora all’avanguardia e capaci di misurarsi sul piano della competitività nonostante tutto e tutti posizionandosi al top delle classifiche..
E’ il Sole 24 Ore a confermare questa ipotesi sulla base degli ultimi dati del Trade Performance Index dell'Unctad-Wto. Un articolo, dello scorso 17 febbraio a firma di Marco Fortis, che val la pena di leggere e che tra l’altro commenta come “L'Italia, infatti, è seconda solo alla Germania per numero di migliori piazzamenti nelle 14 classifiche 2012 di competitività relative ad altrettanti settori del commercio mondiale. E in Europa, Germania e Italia fanno letteralmente il vuoto dietro di loro.”
Personalmente ho sempre creduto che la crisi Italiana sia stata governata dalla finanza straniera con l’obiettivo di venire a fare spesa a buon mercato in Italia delle migliori imprese ma gli ancor più appetibili marchi e i prestigiosi brevetti industriali da travasare all’estero svuotando di fatto il nostro Paese dei know how tipici dei nostri distretti industriali e artigianali. Un processo che dobbiamo interrompere per il nostro bene ma anche per il bene dell’Europa che non può permettersi di essere forte senza una Italia forte.
Renzi è l’ultima spiaggia per fare cambiare rotta al vecchio continente. Se gli si erodono le fondamenta da subito si fa solo il gioco di chi vuole depredare l’Italia e il suo lavoro.
Buttiamo giù la pillola Renzi, almeno sino ai primi risultati concreti. Poi giudicheremo.
Accontentiamoci, per ora, di ridere con Crozza e con altra satira intelligente. I trabocchetti e le misteriose trame che vengano lasciate a un ricordo del passato. Bisogna, presto o sarà troppo tardi, uscire da questa stupida e dolorosa autodemolizione.
Tafazzi docet.