Parma, 1 settembre 2023 –
Egregio Direttore,
La nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza.
E questo non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell’avvenire. Forse mai come in questo tempo tra guerre, pandemie, spostamenti di massa e crisi climatiche, il futuro pare incerto. E in questo contesto di incertezza e fragilità, le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare, difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali.
Problemi questi che interpellano la politica perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi. Vi è una cultura poco amica della famiglia, centrata com’è sui bisogni del singolo, dove si reclamano continui diritti individuali e non si parla dei diritti della famiglia.
E anche sul tema della natalità e della nascita delle famiglie ”vi sono condizionamenti quasi insormontabili per le donne, le più danneggiate, spesso costrette al bivio tra carriera e maternità, oppure schiacciate dal peso della cura per le proprie famiglie, soprattutto in presenza di anziani fragili e persone non autonome”.
Occorre allora predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera e lasciarci alle spalle questo inverno demografico che ha un forte impatto sulla sostenibilità dello Stato sociale, una popolazione sempre più anziana, infatti, fa lievitare i costi del sistema previdenziale e del Sistema Sanitario Nazionale, poi se la popolazione attiva diminuisce, il numero dei contribuenti cala e la fiscalità generale si addossa un peso che non può sopportare. I motivi per cui una persona sceglie o meno di avere figli sono influenzati da molti fattori, alcuni individuali, altri che riguardano la società nel suo complesso.
Ad esempio, la stabilità economica di un individuo cioè avere un’occupazione sicura e un reddito adeguato, influiscono sulla scelta di diventare genitore, poi le politiche per la famiglia e l’offerta di servizi pubblici possono dare l’opportunità di avere figli. Salari molto bassi per i lavori meno qualificati, spesso assai precari, obbligano a lavorare stabilmente in due se si vuole crescere un figlio, e non sempre basta, anche per questo, rispetto a un tempo, meno donne con bassa istruzione diventano madri.
D’altra parte oggi ci sono più persone, sia uomini che donne, che non intendono rinunciare alla carriera o ad altre cose per far posto a dei bambini.
E' un cambio culturale con il quale si deve fare i conti. Chi invece continua a nutrire il sogno di una famiglia deve rapportarsi a un contesto culturale ed economico che in Italia disincentiva la parità: mentre gli uomini con prole risultano più attivi sul mercato del lavoro, per le donne vale esattamente il contrario. Maternità e lavoro sono il binomio vincente, occupazione, sgravi fiscali e politiche per la conciliazione e un welfare più attento ai figli sono le strade per provare a far ripartire un po’ le nascite.
Rino Basili