É l'aver perduto la dimensione della giustizia e l'averla sostituita con quella della legalità.
In realtà, lo ius (il diritto giusto, conforme all'essere) è la condizione di legittimità del legale, o meglio la condizione di un sistema, di un ordinamento giuridico che, di per sé, è inidoneo ad individuare la giuridicità.
Solo accogliendo la teoria hegeliana della verità, per cui essa è sempre e solamente quella del sistema, la scienza del diritto è scienza pura del medesimo. Così facendo, però, essa si limita a dare giustificazione dell'effettività di un ordinamento e non della sua giuridicità la quale è quasi sempre identificata con la coercizione. In questo modo la "scientia iuris" diventa propriamente scienza della volontà di chi, in un dato momento storico, detiene il potere. Siamo, dunque, in presenza di una dogmatica dell'effettività e non della giuridicità che ha portato ad adottare disposizioni normative spesso "contra ius" (il diritto giusto): i gulag sovietici, i campi di concentramento e di sterminio, entrambi perfettamente legali sul piano del formalismo giuridico. Eppure codesto modus procedendi è incapace di distinguere tra validità formale e validità logica (Opocher) per cui la scienza giuridica diviene attività dogmatica, cioè attività volta al chiarimento delle disposizioni vigenti all'interno della loro validità formale e sul presupposto di questa.
Ora, i principi, l'agire giuridico, non possono essere fatti derivare né da convincimenti soggettivi, né da condivisioni collettive a maggioranza, perché, relativizzandosi, cesserebbero di essere tali (un principio é ciò che sta e non si lascia contraddire).
Essi, infatti, sono quello che sono perché fondati sull'essere delle cose e sui fini propri si esse. Negare questo significa cadere nell'anarchia...quella che vogliono l'Occidente e le sue classi politiche. Per queste ragioni non cambia alcunché votare FDI o PD o altro: invertendo l'ordine degli addendi (è una nota proprietà dell'addizione) il risultato non muta.
(Daniele Trabucco)