Di Guendalina Middei 14 agosto 2022 (Quotidianoeweb.it) - Una semplice targa per le automobili rischia di far esplodere nuovamente le tensioni tra Serbia e Kosovo. Delle targhe, ecco per cosa vale la pena morire.
Ma la questione in realtà è molto più complessa.
Le tensioni tra le due capitali, Pristina e Belgrado, la prima che gode del sostegno degli Stati Uniti e della Nato, e la seconda della Russia, risalgono a diversi anni fa.
Come in ogni guerra che si rispetti non mancarono stupri e violenze sessuali da parte dei serbi nei confronti dei loro nemici, e al solito, come in ogni guerra che ci rispetti, la maggior parte delle vittime furono le donne, donne albanesi del Kosovo, ma anche i kosovari ebbero la loro porzione di crimini di guerra e ovviamente non poteva mancare l’intervento della NATO che decise di bombardare con “missili intelligenti”, sempre per difendere la pace e la democrazia nel mondo, Belgrado.
Accusata da Amnesty International di aver commesso crimini di guerra, alla fine si trovò una scappatoia e i civili uccisi furono derubricati a “sfortunate vittime di guerra.”
A che scopo tutti questi massacri? Il Kosovo ha ottenuto una parziale indipendenza, ma l’elevato numero di vittime, la distruzione arrecata, il collasso economico pesa ancora sulla vita del paese e le tensioni tra i due stati sono più vive che mai, in un’eterna guerra fredda fatta di odi e rancori sopiti.
Cara vecchia patria, in nome della quale intere generazioni nascono, vivono e muoiono, prematuramente è doveroso ricordarlo, senza mai conoscere la pace.
“Patria, che vuol dire patria? La patria di chi? La patria di Socrate messo a morte con le leggi della patria?
La patria degli ateniesi o la patria degli spartani che parlavano la stessa lingua degli ateniesi però si squartavano tra loro come molti secoli dopo avrebbero fatto i fiorentini e i senesi, i veneziani e i genovesi?”
Oggi naturalmente, in un clima di rinnovato patriottismo, le parole della Fallaci non vanno di moda, non destano troppa risonanza negli intellettuali che hanno rispolverato elmetto e divisa e sono in prima fila, metaforicamente parlando, per sostenere la pace promuovendo la guerra.
Ma lasciamo perdere questa questione: ciò che in questi giorni preoccupa l’Europa è che il possibile conflitto tra Serbia e Kosovo rischi di acuire ulteriormente la tensione tra Russia e Stati Uniti.
Sorge solo spontanea una domanda: ma la guerra non era tra Russia e Ucraina?
Le tensioni tra Pristina (Kosovo) e Belgrado (Serbia) rischiano di acuire le ostilità tra Russia e Nato, tra Russia e Stati Uniti, non tra Russia e Ucraina, ecco cosa hanno riportato i giornali.
«I principali attori,» riporta il Giornale d’Italia, «al di là delle questioni regionali, sono sempre gli stessi: Russia, Cina e Stati Uniti.»
Altri esperti di geopolitica gli fanno eco e sebbene non venga detto direttamente, il sottinteso di queste parole è lapalissiano: Pristina e Belgrado in un’ottica geopolitica sono pedine di forze più grandi, e rischiamo di avere un’altra guerra per “interposta persona”, con nazioni appoggiate e sostenute da nazioni più grandi che non vogliono affrontarsi direttamente e scelgono di combattere per vie traverse.
Ma soprattutto perché, perché si continua, in un’Occidente che si professa civile, culla del progresso e della democrazia e del rispetto della vita umana, a ritenere accettabile questa visione del mondo, di popoli, terre, persone, esseri umani come strumenti, sacrificabili, di una sorta di gigantesca partita a scacchi tra superpotenze?
Ed è anche inevitabile, tenuto conto di ciò, porsi la domanda: chi sono i veri attori della guerra tra Russia e Ucraina?