Sabato, 15 Gennaio 2022 16:21

Jean Thiriart, nel centenario della nascita (e nel trentennale della morte) In evidenza

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Quest’anno ricorre il centenario della nascita e il trentennale della morte di Jean Thiriart. Nasce, infatti, il 22 marzo 1922 e viene a mancare, dopo un’intensa esperienza politica ed intellettuale ad alti livelli, il 23 novembre 1992.

Di Matteo Impagnatiello (*) Parma, 15 gennaio 2022 - Non è solo una questione di ricorrenze la ragione per cui vale la pena ricordare l’ex giovane socialista utopista di Bruxelles : il suo pensiero si presenta ancora in tutta la sua attualità.

Dopo gli esordi nella Jeune Garde Socialiste Unifiéè e nell’Union Socialiste Anti-Fasciste, in cui militò attivamente, egli collaborò con la società filosofica Fichte Bund, una filiazione del movimento nazionalbolscevico della città di Amburgo. Aderì in seguito all’associazione degli Amis du Grand Reich Allemand (AGRA), favorevole all’alleanza del Belgio con il Reich nazionalsocialista. “Nelle organizzazioni nazionalsocialiste ero uno di quelli che venivano chiamati bistecche, vale a dire bruni di fuori e rossi dentro. Ce n’erano fino ai vertici della gerarchia del Terzo Reich. Era l’ala sinistra, che in politica estera si opponeva alla tendenza di Hitler di fare dell’Urss il nemico principale”, dichiarava in proposito Jean Thiriart.

 A causa di quest’ultima adesione, trascorse degli anni in carcere. Nel 1960, durante il periodo della decolonizzazione congolese,  Thiriart contribuì a fondare il Comitè d’Action et de  Dèfense des Belges d’Afrique, che diventerà di lì a poco Mouvement d’Action Civique. Egli visse la perdita dei territori coloniali da parte dei Paesi europei come la fine dell’Europa nel ruolo di prima potenza mondiale ed unico faro della civiltà.

Se l’Europa voleva superare la pesante crisi in cui si trovava, l’unica via d’uscita era quella di unirsi e formare una sola Nazione in grado di esprimere un’unica volontà politica, alternativa a quella delle grandi potenze imperanti (in quel tempo Stati Uniti e Unione Sovietica).

Tale era l’obiettivo perseguito dal pensatore belga: un’Europa sovrana, potente e armata, unita “da Brest a Bucarest”, poi “da Vladivostok a Dublino”. Quindi fondò Jeune Europe, organizzazione che divenne operativa a partire dal 1962 e che si ramificò in Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Italia, Spagna, Portogallo e Inghilterra. Tra i punti essenziali del programma- ripresi e sviluppati nella sua prima grande opera, Un Empire de 400 millions d’hommes: l’Europe- vi era: Europa fuori dalla Nato; per un nazionalismo europeo; né comunismo né capitalismo; rifiuto della democrazia parlamentare; contro l’“Europa delle Patrie” e l’Europa federale.

Jean Thiriart elaborò una visione geopolitica ispirata alla teoria dei grandi spazi contro le prospettive piccolo-nazionali. Egli credeva che un’Europa strutturata secondo il modello federale non poteva rappresentare che una fase transitoria prima della formazione di un autentico Stato-nazione, forma politico-istituzionale verso cui doveva tendere l’Europa del futuro. “Noi condanniamo i piccoli nazionalismi che mantengono le divisioni tra i cittadini della Nazione Europea”. Alla democrazia parlamentare e alla partitocrazia viene preferita una rappresentanza organica: “Un Senato politico, il Senato della Nazione Europea basato sulle province europee e composto delle più alte personalità nel campo della scienza, del lavoro, delle arti e delle lettere; una Camera sindacale che rappresenti gli interessi di tutti i produttori dell’Europa liberata dalla tirannia finanziaria e politica straniera”. Il Manifesto alla Nazione Europea, al cui interno vi era il programma della Giovane Europa, si concludeva così: “A questa Europa legale che rifiutiamo, noi opponiamo l’Europa legittima, l’Europa dei popoli, la nostra Europa. Noi siamo la Nazione Europea”. Il politico belga era convinto che solamente un’Europa unitaria poteva definire una volta per tutte i problemi legati agli scontri scaturiti dalle diversità linguistiche, etniche ed economiche che da secoli minavano la solidità del Vecchio Continente. Inoltre: “Gli Stati unitari hanno una coesione ed una omogeneità che consente loro una politica offensiva”.

Verrà creata “La Nation Europeénne”, l’organo di stampa mensile che sarà pubblicato dal 1966 al 1968 e che annoverava tra le sue firme personaggi di un certo spessore culturale e politico: tra i tanti, il fondatore dei Centri d’Azione Agraria principe Sforza Ruspali, il deputato delle Alpi Marittime Francis Palmero, l’ambasciatore iracheno Nather el-Omari, il presidente dell’Olp Ahmed Choukeiri, il politologo Christian Perroux.

Dal 1969 al 1981, dopo alcuni esperimenti di strategia politica falliti (Thiriart provò a farsi finanziare dapprima dalla Cina, per poi rivolgersi all’Algeria, per quella che doveva essere la lotta armata contro gli Stati Uniti e la formazione di una sorta di Reichswehr rivoluzionaria europea), si dedicò unicamente all’attività professionale e sindacale nel settore dell’optometria. Il suo rientro sulla scena politica avvenne nel 1981, a seguito di un attentato di teppisti sionisti ai danni del suo ufficio a Bruxelles. Jean Thiriart cominciò a scrivere un libro, L’Empire euro-sovietique de Vladivostok à Dublin”, in cui mutò la sua posizione nei confronti dell’allora Unione sovietica. “Se i Russi vogliono staccare gli Europei dall’America, bisogna che ci offrano, in cambio della schiavitù dorata americana, la possibilità di costruire un’entità politica europea. Se la temono, il modo migliore di scongiurarla consiste nell’integrarvisi”, così il politico belga a proposito dell’Urss.

Thiriart raggiunse Mosca nell’agosto del 1992, dove terrà conferenze-stampa, interviste e parteciperà a vari incontri e tavole rotonde. Il 23 novembre dello stesso anno, dopo essere rientrato in Belgio, Thiriart muore colpito da una crisi cardiaca.

Jean Thiriart ha dedicato la maggior parte della sua vita elaborando prospettive per la riaffermazione del continente europeo, che ha abdicato al suo ruolo nella Storia. Come lui, l’intera comunità europea dovrà tornare a ricredere che, nonostante le apparenze, il Vecchio Continente possa riacquisire un proprio ruolo importante nello scenario geopolitico mondiale. Affinchè la politica estera europea abbia un peso effettivo, l’Europa dovrà necessariamente diventare una potenza militare e, perché ciò accada, gli Stati Uniti non dovranno ostacolare le ambizioni europee nel settore della difesa. Con spese militari doppie (per la Nato e per l’esercito europeo), nessuno Stato europeo riuscirebbe a stanziare così ingenti risorse. Per questo è augurabile una rapida uscita dei Paesi europei dalla Nato.

E’ tempo che l’Europa riprenda le redini per muoversi da protagonista nello scacchiere internazionale, senza la subordinazione ad alcuna superpotenza. Prima, però, dovrà diventare patria comune per riaffermare il suo ruolo di motore di civiltà. Le sole fondamenta economiche hanno mostrato i loro limiti. Potrà scrivere la propria storia, una storia che superi l’Unione europea come sola comunità economica e che sappia realizzare quell’identità europea capace di ridare a sé stessa il ruolo di guida che ha avuto nei secoli trascorsi. Come? Diventando essa stessa superpotenza, uno Stato-Nazione secondo gli insegnamenti di Jean Thiriart.

(*) Matteo Pio Impagnatiello

membro Comitato Scientifico di Unidolomiti