Gli Uemanoidi hanno avuto la meglio e in Grecia salirà in cattedra il tandem Montis - Fornerakis offrendo il meglio delle riforme possibili asfaltando la strada ai conquistatori e sospendendo la democrazia a tempo indeterminato.
di Lamberto Colla - Parma, 19 luglio 2015 -
Alla fine ha vinto la linea ragionieristica, miope e cinica della Merkel.
Tsipras, probabilmente sotto ricatto, ha dovuto accettare condizioni peggiorative rispetto a quelle prospettate solo 48 ore prima del referendum da lui stesso promosso.
Il giovane premier ellenico non ha avuto la forza e il coraggio di tenere coperto il "bluff", potendo giocare la carta dell'importanza strategica della Grecia nel contesto geopolitico internazionale.
Infatti nessuno, USA per primi, avrebbe permesso che la repubblica ellenica uscisse dall'Unione Europea con il rischio che potesse, perciò, passare sotto la tutela Russa o, ancor peggio, regione di conquista dell'Isis.
Invece Tsipras è stato battuto dal "contro bluff" della cancelliera tedesca che gli ha prospettato chissà quali apocalittici scenari.
Tsipras ha perciò deciso di accettare il soffocamento lento del suo popolo scoprendo anzitempo le carte proprio nel momento in cui stava raccogliendo il consenso internazionale di coloro che vorrebbero una Europa diversa da quella attuale, tutta austerità e numeri, a trazione Merkeliana.
La Cancelliera tedesca ha vinto ma ha perso.
E pensare che, in questa partita greca, la Merkel avrebbe avuto l'occasione di rafforzare, ancor più, il suo ruolo politico internazionale se solo avesse ragionato come leader di una coalizione e operato nell'interesse di tutti. Invece, con questa linea dura, il Governo tedesco, si è fatto prendere la mano mostrando, ancora una volta, quell'irrefrenabile e ancestrale desiderio di dominare l'Europa.
Un'atteggiamento che, a dire il vero, non è piaciuto nemmeno a molti tedeschi e il filosofo 86enne Juergen Habermas, in una intervista al "The Guardian", è addirittura arrivato a sostenere che la cancelliera tedesca Angela Merkel si è "giocata", con la sua linea dura contro la Grecia, la reputazione tedesca, faticosamente ricostruita dopo la Seconda guerra Mondiale.
Se la Merkel avesse invece negoziato per la concessione di aiuti sostenibili alla Grecia, in grado quindi di promuovere una ripresa economica invece di una austerità che schiaccerà ulteriormente il già martoriato popolo ellenico, avrebbe avuto il merito di rilanciare, lei stessa, i valori che furono l'innesco per l'UE attuale.
Già perché all'epoca, si riuscì a creare l'europa grazie alla accettazione da parte di tutti i Paesi della cancellazione del debito tedesco, l'ultimo ostacolo alla realizzazione del sogno post bellico di una Europa federale, unita e prospera, in grado di negoziare con le superpotenze.
Invece, da otto anni, seppure senza cannoni e fucili, l'Europa è in piena terza guerra mondiale ancora per colpa dei tedeschi sempre troppo nazionalisti e incapaci di collaborare.
Grande responsabilità dell'insuccesso deve essere assegnata anche alla Francia di Hollande, al quale comunque va assegnato merito, almeno in quest'ultima fase delle trattative, di averci provato a indurre la Cancelliera a convincersi per una riduzione del debito negoziando un accordo economicamente sostenibile per la Grecia.
Per la Francia, oggi guidata da Francois Hollande e prima da Sarkozy, l'errore strategico fu di non avere voluto allearsi con l'Italia per promuovere, insieme, una politica mediterranea in contrapposizione a quella nordica capeggiata dalla Germania.
E ora veniamo alle responsabilità italiane e alla incapacità di fare valere il nostro oggettivo peso all'interno dell'UE.
Innanzitutto sarebbe da ricordare a Renzi, e ai due suoi illustri e accademici predecessori, che l'Italia, nonostante il tentativo di soffocamento durato otto anni, è la terza potenza economica continentale, la seconda manifatturiera, nonostante che il comparto abbia perduto 35.000 imprese durante quest'ultimo "conflitto", che l'Italia rappresenta quasi un quinto della intera popolazione con i suoi 60 milioni di abitanti e che per queste ultime due ragioni è uno dei massimi contribuenti dell'Unione.
Infine, se tutto ciò non bastasse, la strategica posizione geopolitica dell'italico stivale, ci colloca ai vertici della sicurezza NATO per tutto il bacino mediterraneo.
Un motivo in più perché le nostre navi militari, i nostri radar, le nostre forze armate e i nostri servizi di intelligence, dovrebbero essere destinati a protezione dell'europa invece di essere comandati al servizio di radiotaxi marino a disposizione dei trafficanti di umanità.
Ebbene, se Tsipras avesse tenuto duro ancora qualche giorno, forse Hollande avrebbe potuto finalmente illuminarsi, il nostro Renzi, molto probabilmente, sarebbe stato costretto a intervenire nella partita su spinta statunitense e forse, entrambi, avrebbero avuto il merito di passare alla storia per avere contribuito al restauro dell'Europa Unita.
Invece niente di tutto ciò e eccoci qui, ancora una volta, a testimoniare un nuovo disastro a opera dei ragionieri d'europa, quegli Uemanoidi, incapaci di elaborare politiche economiche perché invaghiti della contabilità che, ricordiamoglielo, altro non è che la storicizzazione puntuale dei fatti economici già accaduti.
In conclusione, proprio facendo leva su questa ignoranza abissale, condita da presunzione cosmica, che i burattinai della finanza mondiale confidano per completare il loro disegno "illuminato" di portare ai vertici dei paesi i loro inconsistenti ma ubbidienti rappresentanti.
In Italia ci sono riusciti e in Grecia ci stanno stanno riuscendo.
Per salvare l'Europa, la sua storia e i popoli che per questa storia hanno speso anche in vite umane è urgente la ribellione per scacciare l'invasore alieno.
Che quindi si dichiari guerra agli Uemanoidi, una guerra partigiana europea, per ripristinare la sovranità dei Paesi che oltre mezzo secolo fa decisero, grazie al contributo di politici veri, visionari e lungimiranti, che la loro e nostra nuova patria sarebbe stata l'Europa Unita.
La piccola Grecia ha tentato una ribellione ed è stata soffocata e punita, ma una coalizione di maggior peso come quella italo-francese potrebbe invece porsi alla guida di una nuova politica europea dello sviluppo e della coesione.