Occasione è stata l’approvazione, per un pugno di voti, della “Nature Restoration law”, la prima legge sulla natura proposta e approvata dal continente europeo: così l’Agenda 2030 entra a gamba tesa nel settore primario di ciascuno Stato producendo tutta una serie di pericolosi effetti domino.
Gli obiettivi della legge, vincolanti per gli Stati membri, prevedono varie misure per attuare la transizione ecologica. Innanzitutto mettere in atto il ripristino delle aree verdi che coprano almeno il 30 per cento del territorio terrestre e marino dell’Unione entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040 e almeno il 90% (o il 100%) entro il 2050 secondo quanto stabilito dagli impegni internazionali del programma delle Nazioni Unite “Kunming-Montreal Global Biodiversity”. Si parla poi di ripristinare gli ecosistemi migliorando la qualità e la quantità di specie presenti, a partire dagli uccelli. La proposta, poi, si articola su numerosi target specifici. Per citarne alcuni: zero perdita netta di spazi verdi urbani entro il 2030, in tutte le città e nei paesi e periferie; aumento di almeno il 3% dell’area nazionale totale di verde urbano entro il 2040 e almeno il 5% entro il 2050; un minimo del 10% di copertura arborea urbana in tutte le città, paesi e periferie entro il 2050; un guadagno netto di spazio verde urbano integrato in edifici esistenti e nuovi in tutte le città e nei paesi e nelle periferie. Poi invertire il trend del declino degli impollinatori entro il 2030 e la realizzazione di 25mila chilometri di fiumi tornati a scorrimento libero entro il 2030.
A proposito proprio dei corsi d’acqua le misure sono agghiaccianti. Si legge nel testo: “Oltre ai 25mila chilometri previsti, gli Stati membri dovrebbero identificare e rimuovere gli ostacoli alla connettività delle acque superficiali al fine di contribuire agli obiettivi di ripristino di cui all’articolo 4 (per gli habitat fluviali e ecosistemi, ad es. pianure alluvionali). La rimozione delle barriere dovrebbe concentrarsi principalmente sulle barriere obsolete (ovvero quelle che non servono più per le energie rinnovabili generazione, navigazione interna, approvvigionamento idrico o altri usi); ed essere integrato dalle misure necessarie per migliorare le funzioni naturali delle relative golene”. Capite? Le misure hanno il dichiarato obiettivo di mantenere le “caratteristiche chiave di un ecosistema, vale a dire le sue caratteristiche fisiche, chimiche, stato compositivo” ma nella pratica si tradurranno in un vero e proprio pericolo per l’uomo perchè andranno ad eliminare le barriere che hanno la funzione precisa di contenere la furia e il quantitativo delle acque. A pochi giorni dall’ennesimo alluvione italiano accaduto in Romagna e dovuto proprio in buona parte alla mancanza di cura dei terreni e dei boschi, l’obiettivo prefissato di “lasciar libera la Natura” è quanto di più folle si possa concepire.
Per quanto riguarda l’agricoltura gli Stati membri dovrebbero: “raggiungere una tendenza all’aumento in tre indicatori: vale a dire indice del numero di farfalle nelle nei prati; stock di carbonio organico nei terreni minerali delle terre coltivate; e quota di terreno agricolo con caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità misurate nel periodo dall’entrata in vigore del regolamento al 31 dicembre 2030, e successivamente ogni tre anni, fino al raggiungimento di livelli soddisfacenti”. In aggiunta si dovrebbero ripristinare le torbiere, mentre per quanto riguarda l’ecosistema forestale il regolamento dà alla Commissione la possibilità di adottare atti più decisivi nei metodi di controllo e monitoraggio degli indicatori utili a preservarlo.
I pericoli in tutto questo sono molteplici: prima di tutto la già citata pericolosa non governabilità della Natura che è capace di produrre disastri quali quelli avvenuti, dicevamo, in Romagna. Possibile che questi governanti non si rendano conto dei rischi di quello che può innescarsi con questa estremizzazione green? Possibile che non capiscano la necessità di un governo del Creato da parte dell’uomo? Per quanto riguarda l’agricoltura, poi, non ne parliamo: l’aumento delle aree verdi da preservare va a cozzare con la necessità di mantenere e/o creare aree agricole coltivabili. Tutto questo naturalmente inficerà la produzione di piccoli e medi agricoltori a tutto vantaggio dei grandi produttori e dei produttori di alimenti sintetici, che tanto ama Bill Gates, e provocherà un sicuro aumento delle importazioni e dunque dei prezzi dei prodotti alimentari. Con diminuzione della qualità degli alimenti che finiranno sulle nostre tavole e un aumento del controllo economico sociale di UE e simili. Un danno gravissimo all’economia del nostro Paese. Un danno gravissimo al popolo italiano, un danno gravissimo al Creato. Esattamente l’opposto di quello che come sempre vogliono farci credere.