La notizia riferisce di un report della banca d’affari americana Goldman Sachs, in cui consiglia di andare cauti sull’acquisto di BTP Italia, privilegiando l’acquisto di contro dei Bonos spagnoli. “Andare corti” sui BTP, nel linguaggio dei mercati internazionali vuol dire vendere pacchetti di titoli, in questo caso di BTP, scommettendo sul loro ribasso, liquidando le proprie posizioni.
La notizia si è subito diffusa dall’Ansa a tutte le principali testate giornalistiche quotidiane. Già perché la Goldman Sachs: una delle più antiche ed importanti banche d’affari a livello mondiale, fu fondata nel 1869 a New York da Mr. Goldman; quando emette un giudizio sull’economia di un paese, fa testo a livello di tutte le borse del pianeta, potendo determinare il declassamento economico di un paese.
Infatti poche ore dopo il pesante giudizio della Banca d’affari statunitense, ed ecco che anche Moods declassa i titoli di stato italiano: quei BTP con i quali lo Stato si finanzia sul mercato.
Per la cronaca Moods è una società privata, sempre statunitense fondata nel 1900 che fa analisi (rating) dei mercati internazionali valutando la qualità e l'indice di affidabilità dei titoli, e quindi determinando con i suoi report il declassamento o il rialzo di titoli di stato sovrani o di titoli azionari privati. Il termine inglese Moods, significa letteralmente lunatico.
Quindi quando Moods ha la luna storta, seguendo a ruota il giudizio della Goldman Sachs, un paese sovrano corre il rischio di essere messo sotto schiaffo.
La grande finanza internazionale che è nelle mani di privati, condiziona le nostre vite: le vite dei popoli che in questo mondo globalizzato sono sovrani solo di nome, ma non di fatto. Ma quali sono i motivi per cui le due banche d’affari valutano a tutt’oggi un rischio Italia?
Addirittura nel caso di Goldman Sachs, suggerendo ai propri clienti di puntare sui titoli di stato spagnoli: i bonos, rispetto ai bond italiani. Le analisi delle due banche d’affari stimano che entro la fine di quest’anno il differenziale tra i bond tedeschi e quelli italiani crescerà fino a 235 punti, le cause sono da ricercarsi nel Pil debole per le difficoltà che l’Italia sta avendo nella realizzazione degli obiettivi del Pnrr rallentato, e di conseguenza del debito più caro per il rialzo dei tassi.
Già perché a breve per la riduzione del bilancio della Unione europea aumenterà l’offerta dei titoli sovrani dei paesi più esposti, tra cui l’Italia, sul mercato.
Rispetto al pessimismo cosmico delle due società americane, vi è da segnalare che qualche giorno prima la Standard & Poor’s anche questa, società di rating americana ha confermato all’Italia il rating “BBB”, con un outlook stabile, il che vuol dire che l’andamento dell’economia del Bel Paese è stabile, anche se l’agenzia ha attribuito grande rilevanza all’elaborazione della legge di bilancio italiana per il 2024, al fine di una compiuta valutazione sulla prudenza fiscale. Ovvero per il momento consideriamo la vostra economia stabile, ma non vi azzardate a politiche di riduzione delle tasse, altrimenti cambieremo valutazione. In pratica, oggi un governo di uno stato sovrano non ha libertà di manovra sull’economia senza tener conto del fattore valutazione delle agenzie di rating internazionali e delle relative banche d’affari, che per dirla tutta, sono sempre pronte ad operazioni speculative a vantaggio di gruppi ben organizzati della finanza internazionale.
Insomma nella economia globalizzata esiste una sorta di grande fratello: una specie di “spectre" della finanza che controlla rigidamente il mercato internazionale condizionando con le proprie valutazioni le economie di stati sovrani, che hanno le mani legate, perché un rating negativo di una di queste organizzazioni private, potrebbe determinare uno tsunami finanziario in grado di terremotare qualsiasi governo democraticamente eletto. Una situazione davvero inquietante. Tanto più che in genere dette organizzazioni hanno “interessi interessati” in varie tipologie di speculazioni. Infatti ad esempio Goldman Sachs da molte settimane si è resa protagonista del saliscendi del titolo in borsa dell’Unicredit, uno dei principali istituti bancari italiani, di cui secondo l’aggiornamento della Consob di aprile possiederebbe il 7.62% del capitale.
In definitiva ci sono troppi nodi da sciogliere nella finanza globale, sempre più distaccata dai bisogni reali dei cittadini, e dall’economia reale, che produce beni e servizi, a tutto vantaggio della grande speculazione internazionale a favore dei soliti noti.
Nodi ed intrecci da sciogliere in fretta: prima che sia troppo tardi!