Lunedì, 12 Dicembre 2022 15:17

Ascoltati e spiati di massa In evidenza

Scritto da

Qualche giorno fa è stato il Guardasigilli Carlo Nordio, a porre il tema dell’abuso delle intercettazioni e degli intercettati nella fase delle indagini preliminari.

Di Andrea Caldart Cagliari, 10 dicembre 2022 (Quotidianoweb.it) – Nordio ha indicato una via principale per porre fine, o almeno provarci, alla “diffusione selezionata e pilotata” delle intercettazioni quale: “strumento micidiale di deligittimazione personale e spesso politica”.

Su questo tema il settimanale Panorama, ha intervistato l’avvocato penalista sardo Ivano Iai e a noi hanno colpito queste sue parole: “Qualsiasi tema capace di sortire effetti sulle sorti dei singoli e, indirettamente, sulla società, determina reazioni spesso contrapposte. La stessa vita umana nelle sue multiformi articolazioni, interrelazionari, domestiche e professionali, diventa oggetto di un inspicere che non risparmia neppure i sentimenti più intimi”.

Abbiamo raggiunto l’Avvocato Iai che ci ha così risposto: “È auspicabile che il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Nazionale Forense traccino un indirizzo comune per infondere nei cittadini, e in generale della persona umana, rinnovata fiducia in tutti gli operatori della Giustizia, dimodoché, nella delicata fase delle indagini preliminari, quando manca il contraddittorio tra accusa e difesa, sia evidente la garanzia della certezza e omogeneità di regole e prassi.

Occorre restituire dignità e purezza al procedimento, in particolare nella fase più invasiva delle attività investigative: intercettazioni e misure cautelari.

Vi è, talvolta, la percezione di una polizia giudiziaria come braccio o penna armata del pubblico ministero, ma il codice di rito penale la disegna quale organo imparziale di tutela dei diritti costituzionali, dalla libertà individuale al giusto processo.

In tutti i casi nei quali vige il segreto investigativo e, di conseguenza, la difesa dei diritti delle persone sottoposte a procedimento penale non possa interloquire o contraddire, sia l'intervento motivazionale del giudice preposto al controllo sull'azione del pubblico ministero a compensare i disequilibri, attraverso una puntuale applicazione del principio del favor libertatis”.

Con il telefono cellulare oggi siamo diventati dipendenti per ogni singola azione sociale e personale della nostra vita, non considerando il fatto che, esse vengono “stoccate” in enormi magazzini digitali, in mano a pochi.

Stiamo parlando di tutto ciò che abbiamo detto o fatto attraverso il telefono, le chat o internet.

Si, perché siamo noi che volontariamente doniamo, attraverso le piattaforme social, tutti gli aspetti privati e pubblici della nostra quotidianità e c’è chi anche è fiero e felice, di limitare la propria libertà in nome di ragioni di sicurezza collettiva.

La realtà invece è che, quando abbiamo in mano uno smartphone, diventa una spia micidiale che favorisce indagini su di noi con un’evidente raccolta di dati, profilati spesso per fini pubblicitari.

Ma sarà sempre così?

A noi pare che tutte queste grosse multinazionali della tecnologia della produzione dei dispositivi di comunicazione, siano diventate delle grandi “agenzie parallele” non solo di profilazione dati persona, ma anche di ascolto.

E questo è dovuto soprattutto ad uno Stato morbosamente attratto da un sistema globale di Grande Fratello che cerca sempre più una fusione con aziende di questo settore.

Ogni giorno accettiamo passivamente il continuo spuntare di telecamere che popolano ogni spazio pubblico dalle strade, dei negozi, centri commerciali, nei luoghi di lavoro, nelle scuole che i nostri figli frequentano.

Ma anche di scanner posizionati nei punti di entrata di ospedali, tribunali, aeroporti, negozi, eventi sportivi e similari per i quali spesso serve anche una scansione da nostro dispositvo personale con un QR code.

Esistono molte App per questo e tantissime libere di poter spiare il nostro cellulare proprio per il fatto che il dispositivo nasce dal costruttore con questa modalità e siamo noi a dare il consenso di usare microfono e telecamera.

In sostanza siamo intrappolati da un oggetto costantemente attaccato a noi, che funzionando da telecamera e microfono h24, memorizza tutto di noi, consentendo inconsapevolmente, un legittimo spiare.

Persino Mark Zuckerberg mette scotch su videocamera e microfono per il terrore di essere visto e ascoltato, ma non è il solo tra i famosi.

Anche lo stesso direttore de FBI James Comey, aveva dichiarato di usare la stessa modalità per il timore di essere spiato.

È molto “singolare” che questi “potenti” hanno così tanta paura di essere spiati se poi sono i primi ad usare la tecnologia proprio per controllare noi.

Privacy ora, non è più sinonimo di riservatezza perché l’onnipresenza della tecnologia, specialmente nei giovani, li porta a non riuscire a sottrarsi dall’esibire il loro privato.

La normalizzazione del “guardare” ci sta portando ad una socializzazione di mercificazione in cui i valori sono deviati alla dipendenza privata del consumo, in cui tutto troverebbe giustificazione.

Vanità e narcisismo la fanno da padroni in una società in cui il capitalismo d’élite muove incontrollabili e incontrastabili forme di controllo per l’interesse di pochi.

E qui la politica ha compreso bene la potenzialità che deriva dalla cultura dell’individualismo sfrenato, per poter meglio nutrire, un’istruzione neoliberista.

Quando lo stato-azienda diventa un “sorvegliante occhiuto” la privacy è l’utimo dei nostri problemi, perché saremo soggetti all’arbitrario utilizzo del potere che non potremmo nemmeno contestare.

Siamo troppo indifferenti a questo immenso rischio, in quanto, la nostra scioltezza nei click, mette in serio rischio  i principi più ampi di libertà e di libero pensiero, che sono fondamenti della democrazia stessa.

Attenzione a diventare degli internauti di massa, arruolati a nostra saputa, perché lo Stato privatizzato, ci può spiare, ascoltare, monitorare e seguire con l’inganno della pratica di essere mentore responsabile, per tutti gli altri, benvenuti nell’era degli ascoltati di massa, soddisfatti, ma non rimborsati.