Di Emilio Graziuso 25 dicembre 2021 - “Sono titolare di un buono fruttifero postale serie Q/P emesso nel 1989. Al momento dell’incasso, però, ampiamente decorso il 31 dicembre del trentesimo anno, Poste Italiane mi propone una cifra notevolmente inferiore rispetto alla misura indicata sul retro del buono. Vi è l’apposizione di un timbro sul retro, sovrapposta alla tabella prestampata di interessi riportati sino al 30° anno, riguardante gli interessi sino al 20° anno dall’emissione.
Ho qualche diritto?”
La questione sottoposta dal nostro lettore è particolarmente importante e delicata, anche perché coinvolge migliaia di risparmiatori italiani.
Prima di tutto è importante precisare il perché il buono in possesso del nostro lettore è indicato con la serie “Q/P” e perché sul retro vi è l’apposizione di un timbro con l’indicazione dei tassi sino al 20° anno dall’emissione sopra la tabella prestampata.
Il buono del nostro lettore è stato emesso nel 1989, successivamente, quindi, all’entrata in vigore del d.m. 13 giugno 1986 che ha istituito una serie di buoni fruttiferi postali distinta dalla lettera “Q” stabilendo la misura dei relativi tassi di interesse, e ha disposto che sono a tutti gli effetti buoni della serie “Q” anche i precedenti buoni della serie “P”, previa apposizione di un timbro sul fronte con la dicitura della serie “Q/P” e di un timbro sul tergo recante la misura degli interessi sino al 20° anno.
Cosa succede, quindi, se il possessore del buono fruttifero postale, così come nel caso del nostro lettore, decida di mettere all’incasso il buono in un periodo successivo al 20° anno dall’emissione?
Quali interessi dovrebbero essere allo stesso applicati?
La questione, a livello giuridico, è, alquanto dibattuta, e si registrano orientamenti giurisprudenziali alcune volte contrastanti.
Fermo restando, quindi, che il lettore, per avere una risposta precisa e dettagliata in merito alla propria vicenda personale, richieda una apposita consulenza ad un professionista o ad una associazione di consumatori di sua fiducia, in questa sede si evidenzia che di recente si è espresso al riguardo il Tribunale di Torino.
Quest’ultimo ha rilevato che lo scaglione dal 21° al 30° anno successivo all’emissione non è stato modificato dal timbro apposto sul retro del buono.
Di conseguenza, essendosi il vincolo contrattuale formatosi tra emittente e sottoscrittore sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti ed in caso di contrasto tra quanto riportato nel buono, con riferimento ai tassi di interesse, e quelle stabilite dal decreto ministeriale antecedente che ne disponeva l’emissione, deve attribuirsi prevalenza alle prime.
Centrale è, quindi, la rilevanza delle diciture riportate dai buoni quando “in corso di rapporto non è intervenuto alcun nuovo decreto ministeriale concernente il tasso degli interessi e nessuna modificazione si è, quindi, prodotta rispetto alla situazione esistente al momento della sottoscrizione dei titoli”.
In buona sostanza, il Tribunale salva il principio di affidamento del possessore del buono al dato testuale su esso riportato e, pertanto, sancisce il diritto del consumatore ad ottenere gli interessi nella misura indicata nella tabella prestampata presente nel buono.
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Autore (*)
"Avv. Emilio Graziuso - Avvocato Cassazionista e Dottore di Ricerca.
Svolge la professione forense dal 2002 occupandosi prevalentemente di diritto civile, bancario – finanziario e diritto dei consumatori.
Docente ai corsi di formazione della prestigiosa Casa Editrice Giuridica Giuffrè Francis Lefebvre ed autore per la stessa di numerose pubblicazioni e monografie.
Relatore a convegni e seminari giuridici e curatore della collana "Il diritto dei consumatori" edita dalla Key Editore.
Responsabile nazionale del Coordinamento "Dalla Parte del Consumatore"
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