Modena, 12 gennaio 2021. Rabbia, frustrazione, pessimismo: sono diversi e tutti comprensibilmente negativi i sentimenti dei ristoratori, ma anche dei gestori di palestre, degli imprenditori della cultura e del benessere e quelli del turismo. In altre parole, di chi lavora nei settori della ristorazione, del benessere, della cultura. Si tratta delle attività più penalizzate e, di conseguenza, quelle nelle quali il disagio, in qualche caso addirittura la disperazione, è più diffusa.
Qualcosa si sta deteriorando nel rapporto tra chi vive le situazioni più gravi e lo Stato, perché dietro a un ristorante, a una palestra, spesso non c’è solo un’attività economica, ma anche un progetto di vita.
Sono tutti fattori di cui occorre tenere conto, anche perché le possibili alternative – l’asporto come pure la consegna a domicilio – non sono certo soluzioni di lungo termine.
“Tuttavia – sottolinea Primo Bertagni (nella foto) presidente di CNA Modena di Commercio e Turismo, unione che accorpa anche i ristoratori - siamo convinti che un’associazione non possa e non debba cavalcare il clima di disobbedienza civile che sta serpeggiando nelle categorie coinvolte”.
“È comprensibile - continua Bertagni - e anche giustificata la contestazione, ma all’interno del sistema di regole su cui si basa la nostra comunità. È altrettanto vero che queste regole debbano essere condivise, e gli ultimi provvedimenti non sono certo andati in questa direzione.
Sotto questo profilo, la mancanza di programmazione non aiuta: decreti ed ordinanze sono presi nel giro di poche ore, quando un ristoratore avrebbe bisogno almeno di qualche giorno per programmare acquisti, vendite e consumi. Le regole, poi, sono spesso interpretabili, e quando entra in vigore un provvedimento ci si trova costretti ad aspettare un paio di giorni affinché vengano pubblicate le famigerate Faq. Ed oltre ad essere soggettive, le norme non sono verificate, nel senso che la mancanza di controlli penalizza chi nella sicurezza ci crede e ci ha investito.
Si tratta di problemi, di approssimazioni che potevano essere giustificati accettata nella primavera 2020, in piena emergenza, ma non oggi, visto che abbiamo purtroppo già maturato una certa esperienza.
Infine, i ristori: non ha alcun senso che questi vengano distribuiti sulla base dei codici ateco o sulle differenze di fatturato ad aprile. L’Agenzia delle Entrate ha a disposizione i dati fiscali praticamente in tempo reale: attribuiamo allora gli indennizzi sulla base dell’effettivo calo di fatturato. Ad esempio, facciamo il confronto sui ricavi nel periodo natalizio 2019 e 2020 per individuare i prossimi ristori e comprendiamo tra i beneficiari anche le attività a monte di questi settori: i rappresentanti di prodotti alimentari per la ristorazione, ad esempio, e le lavanderie industriali. “Perché – conclude Bertagni - il modo migliore per togliere ragioni alla protesta e dare alternative sono risposte concrete. Non certo, ad esempio, prepararsi ad inviare indiscriminatamente 50 milioni di cartelle fiscali”.