L’associazione dei Consorzi di bonifica secondo un’indagine prudenziale “al ribasso”, in considerazione del mancato controllo in periodo Covid, stima che il numero di esemplari del roditore nei diversi comprensori emiliano-romagnoli possa aver raggiunto e superato il mezzo milione di esemplari
Bologna, 2 Settembre 2020 – Che i danni causati dalle nutrie in Emilia-Romagna potessero essere ingenti era un sospetto fondato già da alcuni anni, ma che addirittura l’incremento incontrollato di questa specie infestante, non autoctona, potesse costare milioni di euro ai cittadini, oltre ad incrementare ogni anno di più il rischio idraulico alle comunità e i danni economici al settore agricolo, palesa oggi che occorre prendere decisioni, senza ulteriori tentennamenti, non più revocabili.
Il monitoraggio capillare dei danni causati dal roditore alla rete di bonifica, sui 20 mila km di canalizzazioni nei vasti comprensori (in parte anche extra regionali) di questi enti che mitigano il rischio idraulico al territorio, è stato fatto da ANBI Emilia-Romagna, l’associazione che li rappresenta. Il bilancio certificato nell’ultimo anno delle spese dirette sostenute dai Consorzi di bonifica per arginare le conseguenze nefaste dell’opera della nutria, per esempio, raggiunge e supera i 3 milioni di euro (3,2 milioni), costi che ricadono sui cittadini di queste aree , ma che potenzialmente rappresentano solo la punta dell’iceberg del costo complessivo stimato al sistema idraulico nell’eventualità di malfunzionamenti, rotture o interruzioni di servizio, per altro già capitate con frequenza nell’ultimo lustro; in quel caso infatti l’ammontare delle ripercussioni territoriali negative indirette raggiungerebbe un totale complessivo di addirittura i 55-70 milioni di euro.
La nutria, classificato, da normativa, come animale nocivo alloctono da eradicare ma, fino ad oggi, per vari motivi, mai contrastato nei fatti è causa certificata di eventi drammatici come la rottura del fiume Secchia nel 2014 (Università Alma Mater di Bologna) o più recentemente, nel 2019, della rottura dell’Idice nel Bolognese con conseguenti allagamenti diffusi nei comuni e nelle zone agricole circostanti. Sarebbe dunque auspicabile un’azione energica e coordinata per attivare al più presto un contenimento di questa specie su ampia scala: sia per aumentare la sicurezza delle comunità toccate da questo fenomeno diminuendo, al contempo, i danni reali alla rete di bonifica e gravando meno sui cittadini, sia per impedire che l’animale possa danneggiare le colture tipiche irrigue tutelate alla base e fiore all’occhiello del nostro Made in Italy.
L’ANBI Emilia-Romagna – con la collaborazione dei consorzi associati – comunica inoltre che, secondo una stima prudenziale “al ribasso”, in considerazione anche del mancato controllo in periodo Covid, il numero di esemplari del roditore, nei diversi comprensori emiliano romagnoli, possa aver raggiunto e superato il mezzo milioni di esemplari.