Domenica, 24 Settembre 2017 10:58

Siamo condannati a un futuro di formaggi banali e standardizzati?

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Il futuro delle DOP. A CHEESE l'intervento del presidente del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli sulla concentrazione produttiva del settore lattiero caseario.

Bra, 16 settembre 2017 - A Cheese si è parlato di mercato globale e del rischio che la concentrazione produttiva porti il settore caseario verso un inevitabile scadimento della qualità dei formaggi Dop.

È stato questo il tema della conferenza "Il futuro delle Dop è nelle mani dei giganti?" che si è tenuta oggi a Bra, presso l'Auditorium della Fondazione CRB.

Tra i relatori, Véronique Richez-Lerouge, autrice del libro inchiesta Main basse sur les fromages AOP. Comment les multinationales contrôlent nos appelations e il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano Nicola Bertinelli.

Quello che sta accadendo in Francia – ha affermato Véronique Richez-Lerouge – è allarmante: due terzi dei formaggi protetti da denominazioni di origine sono ormai proprietà di "giganti", un trend che tocca ormai tutti i principali paesi produttori di formaggi nel mondo.

"Le denominazioni di origine non sono più un marchio di qualità": è questa la grande provocazione dell'autrice francese che sottolinea con dovizia di particolari come i formaggi Dop francesi stiano progressivamente perdendo il proprio valore. Colpa delle razze iper-produttive, dei mangimi a base di soia e con insilati di mais, del latte che spesso e volentieri è pastorizzato, degli additivi e dei fermenti selezionati, delle stagionature troppo veloci e realizzate in celle.

Il consumatore è quindi condannato a un futuro di formaggi banali e standardizzati?

A questa provocazione risponde Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano: "Sono convinto che il Parmigiano Reggiano non potrà mai perdere le sue caratteristiche di unicità, per diventare un prodotto industriale. Questo perché il Re dei Formaggi ha un legame imprescindibile con un territorio geograficamente circoscritto, che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna, alla sinistra del fiume Reno, Mantova, alla destra del fiume Po. Il Parmigiano Reggiano può nascere solo qui: è frutto di questa terra e del saper fare delle sue genti, che si tramanda di generazione in generazione. Rispetto a nove secoli fa nulla è cambiato: stessi ingredienti - latte, sale, caglio -, stessa cura e passione, stessa zona d'origine. E questo territorio, questo know-how non sono in vendita".

Questa considerazione è stata per il Presidente Bertinelli il punto di partenza per sviluppare una riflessione più ampia sul significato delle Dop e sul motivo che ha spinto l'Unione Europea a tutelare il patrimonio alimentare delle diverse aree geografiche.

La denominazione di origine protetta è un marchio di tutela giuridica che viene attribuito agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. L'ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani (tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità, savoir-faire) che, combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva. Affinché un prodotto sia Dop, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un'area geografica delimitata. Chi fa prodotti Dop deve pertanto attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione.

"Il disciplinare di produzione è il vero perno attorno al quale ruota qualsiasi ragionamento sul valore e sul futuro delle Dop. Il disciplinare regola la qualità ed è garante delle tradizioni. È ciò che, prima di altri fattori, condiziona la 'permeabilità' all'invasione dei giganti. Più i disciplinari allargano le maglie e introducono innovazioni confacenti ai modelli produttivi industriali, e più il mondo delle Dop diventa attrattivo e profittevole per le grandi multinazionali che sono più interessate ai profitti che alla qualità del prodotto. Più i disciplinari rimangono fedeli ai tratti distintivi della tradizione storica, e quindi tracciano confini chiari al ruolo del fattore umano e dell'artigianalità, più rimangono immuni dall'innovazione dei giganti" afferma Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano.

Il Parmigiano Reggiano è un ottimo esempio di questo paradigma. Nel suo universo non ci sono le multinazionali: la crescita è interna. Ci sono 330 caseifici attivi e il 20% della produzione avviene in zone svantaggiate di montagna. Un business lontano anni luce dai giganti dei quali parla Véronique Richez-Lerouge, una realtà che è caratterizzata dalla presenza di ben 62 caseifici "aziendali", antitesi più estrema del modello delle multinazionali.

"Da nove secoli, il Parmigiano Reggiano riesce a rimanere fedele alle proprie tradizioni grazie ad un disciplinare di produzione che è rigidissimo. Impossibile esaurire l'argomento in questa sede, ma due sono gli aspetti che mi preme sottolineare, che sono poi i temi portanti di questa ventesima edizione di Cheese, focalizzata sulla difesa dei formaggi a latte crudo in quanto espressione di biodiversità. Le nostre mucche mangiano i fieni della zona d'origine e non possono mangiare altri alimenti (i foraggi fermentati) che costano meno, ma che causano problemi di qualità nella stagionatura. Secondo: la trasformazione da latte in formaggio è fatta senza l'aggiunta di additivi e conservanti che sono assolutamente proibiti per il Parmigiano Reggiano. Il nostro prodotto si fa oggi con gli stessi ingredienti di nove secoli fa, negli stessi luoghi, con gli stessi sapienti gesti rituali: non sono ammesse scorciatoie ed è questo il segreto del nostro successo" conclude Bertinelli.

Per toccare con mano la naturalità e la genuinità del prodotto il Consorzio invita tutti gli appassionati a visitare la produzione del Parmigiano Reggiano in occasione di 'Caseifici Aperti' (info sul sito www.parmigianoreggiano.it ), sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre.

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