Il Prof. Tudor Petcu è un accademico di spicco, membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Dimitrie Cantemir e professore di filosofia presso il Liceo Internazionale King George di Bucarest. Con un dottorato in Filosofia della politica e una collaborazione con il Dipartimento di scienze della storia e della documentazione storica dell’Università degli Studi di Milano, è stato recentemente nominato Docente di Teologia e Storia del Cristianesimo d'Oriente dal Rettore dell'Università San Giovanni Crisostomo, Monsignor Filippo Ortenzi, Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana.
1) Prof. Petcu, la sua nomina avviene in un momento di grandi turbolenze geopolitiche in Europa orientale. In che modo crede che la storia del Cristianesimo d'Oriente possa fornire strumenti utili per comprendere e affrontare queste sfide contemporanee?
Il cristianesimo orientale, attraverso il prisma della storia ma anche della sua dimensione culturale, offre innanzitutto una prospettiva antropologica sul modo in cui dovrebbe essere pensata la società. Sebbene in generale il cristianesimo orientale fosse all'intersezione con la sofferenza, quest'ultima si è manifestata come una forma di rassegnazione al destino, accettando la sofferenza come una benedizione, soprattutto se pensiamo ai martiri ortodossi perseguitati nelle carceri comuniste, la cui esortazione era sempre la seguente: "Non vendicarci!". Dovremmo tenere conto anche della dimensione contemplativa dell'Ortodossia come forma di risposta alle tensioni contemporanee, secondo la quale tutto ciò che accade oggi è un'apostasia perché l'uomo stesso si è allontanato dalla pienezza della comunione con Dio.
2) Considerando il suo background in filosofia politica, come intende analizzare le intersezioni tra religione e politica nella storia del Cristianesimo d'Oriente e il loro impatto sulle dinamiche sociali attuali?
Nel cristianesimo orientale, il patriarca è percepito come un saggio, così come nell'antichità il filosofo era la rivelazione dell'imperatore. Allo stesso tempo, il patriarca è uguale e perfino soggetto a tutti, il che lo obbliga a essere un osservatore morale sul piano politico, senza che faccia direttamente politica. Come stanno realmente le cose, non vorrei necessariamente discutere di questo argomento, ma vorrei fare riferimento a un esempio positivo della storia recente, vale a dire il Patriarca Makarios di Cipro, che ha svolto la funzione di Primo Ministro, facendo in modo che il suo Paese ottenesse il protettorato della Gran Bretagna, preservando allo stesso tempo l'identità culturale e spirituale del suo Paese.
3) La Chiesa Ortodossa Italiana ha un ruolo specifico nel contesto europeo. Quali sono le responsabilità che ritiene debba assumere per promuovere un dialogo costruttivo tra le diverse fedi, in particolare in un'epoca di crescente polarizzazione?
La Chiesa Ortodossa Italiana, che sono felice di rappresentare in Romania, rappresenta un’espressione ortodossa unica attraverso l’eccellente combinazione dei valori della cultura occidentale e della mistica orientale. La nostra Chiesa potrebbe rappresentare il collegamento perfetto tra Oriente e Occidente, ma anche un fattore di riconciliazione in Medio Oriente attraverso l'imparzialità e l'obiettività che sempre dimostra. Sua Eccellenza Mons. Filippo Ortenzi, che, per volontà di Dio, guida la nostra comunità ecclesiale, costituisce un esempio edificante riguardo al paradigma di apertura assunto dalla Chiesa Ortodossa Italiana nel contesto delle diversità in nome dei valori della retta fede.
4) Quali tematiche specifiche intende esplorare nel suo insegnamento, e come queste possono influenzare la formazione dei futuri leader religiosi e culturali?
Tenendo conto del mio ruolo pedagogico ma allo stesso tempo dello status di futuro diacono della Chiesa Ortodossa Italiana, il mio compito è leggermente delicato, nel senso che avrò bisogno di molta luce per poter contribuire alla formazione morale e spirituale dei futuri pastori. Tuttavia, un tema che considero essenziale e che affronterò sempre è il seguente: il rapporto tra fede e ragione. Ciò che voglio dire è che nessuno di noi può comprendere concretamente il confortante insegnamento del Signore senza impegnarsi in un rapporto di reciproca compenetrazione tra fede e ragione. Se non lo faremo, saremo come un uccello che non potrà mai prendere il volo.
5) Con la crescente diversità culturale in Europa, quali sfide vede nel tentativo di preservare le tradizioni cristiane orientali, e come intende affrontarle nel suo lavoro accademico?
Non ritengo che siano necessariamente sfide; la crescita della diversità culturale è un fenomeno naturale e credo che l'Ortodossia, per esprimersi correttamente, abbia bisogno di una reale integrazione nell'era della diversità. Proprio per questo ho affermato che la Chiesa Ortodossa Italiana è un'espressione ecclesiale unica e, allo stesso tempo, ritengo che sia perfettamente in grado di chiarire il rapporto tra Ortodossia e relativismo postmoderno, aspetto su cui insisterò anche nei miei corsi.
6) In che modo l'analisi della storia del Cristianesimo d'Oriente può contribuire a una comprensione più profonda del dialogo interreligioso nel contesto contemporaneo?
L'Ortodossia è per sua natura universale perché il suo fondamento è la diffusione della Verità ovunque per salvare tutti. D'altra parte, ciò non impedisce alla ragione dell'Ortodossia di comprendere che la Verità è tradotta in diverse lingue secondo le specificità di altre tradizioni religiose, il che la renderà un buon vicino per gli altri e si impegnerà in un lavoro collettivo con l'obiettivo di difendere i fondamenti della morale elementare in un mondo in cui l'ospedale è gestito dagli stessi malati.
7) Infine, quali sono i suoi progetti futuri in ambito di ricerca, e come questi potrebbero influenzare la sua visione della teologia e della storia nel contesto della Chiesa Ortodossa Italiana?
Il mio obiettivo è innanzitutto quello di diventare un buon servitore di Dio come frutto della fiducia concessa dalla Chiesa Ortodossa Italiana e, allo stesso tempo, un'autentica risorsa morale di cui gli studenti in formazione hanno bisogno. Il tempo risponderà a tutte le mie domande e Dio, nella Sua misericordia e indulgenza, mi mostrerà la Via per realizzare quelli che saranno i progetti che dovrò intraprendere. Ma per ora l'unico progetto di cui potrei parlare, a parte la mia responsabilità universitaria, è il seguente: fare il passo decisivo dalla ricerca della Verità al vivere la Verità in modo che sia trasmessa correttamente.