Sabato, 13 Gennaio 2024 07:29

Il "mito" della positivizzazione dei diritti: ovvero come il potere aggira i suoi presunti limiti In evidenza

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Di Daniele Trabucco Belluno, 13 gennaio 2024 - Viviamo nell'epoca dei diritti, o meglio del loro traffico insaziabile che contraddistingue da tempo non più solo gli ordinamenti giuridici statali, ma anche quelli sovranazionali con le rispettive Corti, andando ad incidere sulla stessa portata che questi assumono nelle Costituzioni nazionali in nome della "maggior tutela" che è possibile accordare al loro titolare grazie all'uso/abuso delle procedure comparative.

Ora, i diritti contenuti nei Testi costituzionali vigenti, o nella Carta di Nizza che, con il Trattato di Lisbona del 2007, è stata "trattatizzata", o nei diversi accordi internazionali poi recepiti dai singoli Stati seguono la strada della "tecnica costituzionale": l'inserimento all'interno di un testo scritto viene ritenuto la prima e principale forma operativa per la loro difesa.

In realtà, è proprio dalla costituzionalizzazione dei diritti e dalla loro regolamentazione con legge (le cui limitazioni non potrebbe stabilire liberamente, subendo l'efficacia conformativa del diritto stesso) che ne è stato intaccato il significato autentico ed originario.

Infatti, divenendo oggetto di un disposto di legge, sia pure di rango costituzionale, i diritti umani trovano unicamente, com'è proprio della prospettiva positivistica, la loro unica fonte nella volontà del potere sovrano ed il formale fondamento della loro validità.

In questo modo, la originaria funzione di limite del potere dilegua e per l'inevitabile loro indeterminatezza finiscono per risolversi in mere petizioni di principio (Francesco Gentile).

Si può  facilmente notare che il passaggio, per riprendere una osservazione di Norberto Bobbio (1909-2004), da un sistema di diritto "debole", in quanto garantito da Codici di norme naturali e morali, ad un sistema di diritto "forte", come quello degli Stati, non affronta in alcun modo il problema del presupposto dei diritti antecedente la statuizione positiva, anzi ritiene superfluo interrogarsi intorno ad esso. Il prevalere del razionalismo sulla politica e sulla scienza giuridica, con la creazione del sistema delle geometrie legali, ha inglobato la questione dei diritti umani, disattivandone le potenzialità limitative. Anzi, la stessa visione "dignitaria" dei diritti viene sempre più messa in discussione in nome delle libertà individuali, monadiche (alcuni esempi: il gender) che trovano, nel concetto moderno di libertà negativa (Castellano sulla scorta di Hegel), nella gnosi moderna che vede l'uomo "camaleonte", scrive Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494) nell' "Oratio de hominis dignitate" del 1486, la loro fonte di alimentazione.

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(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.

Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.

Sito web personale

www.danieletrabucco.it