1) si registra, rispetto al modello presidenziale propagandato e sbandierato durante la campagna elettore da parte di Fratelli d'Italia, l'attuale partito di maggioranza relativa, la scelta per il cosiddetto "premierato all'italiana" con l'elezione a suffragio universale e diretto, per un periodo di cinque anni, del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore senza, però, potere di nomina e revoca dei Ministri e senza istituzionalizzazione dei Vice/Presidenti del Consiglio. Inoltre, se il Presidente incaricato dal Capo dello Stato non dovesse ottenere la fiducia dai due rami del Parlamento italiano, deve ripresentarsi una seconda volta con la conseguenza che, solo in questo secondo caso (e non nel primo) e in ipotesi di esito negativo, il Presidente della Repubblica scioglierà anticipatamente le Camere. Inoltre, nell'evenienza di cessazione della carica (qui si dovrebbero tipizzare i casi), il Parlamento può proporre un sostituto purché espressione della maggioranza parlamentare. Quindi, si inserisce in Costituzione un "premierato" dove, nel corso della legislatura, al Presidente del Consiglio eletto direttamente dal corpo elettorale, se ne può sostituire un altro indicato dalla Camere. In questo modo, in ipotesi non infrequente di "cessazione dalla carica" connaturata al litigioso sistema politico/partitico italiano, la novità della modifica costituzionale viene prepotentemente ridimensionata e, comunque, rende il Presidente del Consiglio ricattabile dai partiti più piccoli della coalizione. Una sorta di "sfiducia costruttiva", anche se diversa da quella prevista dalla "Grundgesetz" tedesca del 1949 che prevede la possibilità del cambio di maggioranza, presente già nella riforma costituzionale del 2005, poi sonoramente bocciata dagli elettori;
2) non viene toccato il sistema parlamentare bicamerale, in particolare nessuna modifica incidente sul ruolo della cosiddeta "seconda Camera" né in senso partecipativo (come portano avanti da anni la destra sociale e molte importanti ed autorevoli realtà associative legate a FDI), né in termini di rappresentanza di Regioni ed enti locali territoriali anche alla luce del percorso di avvio del regionalismo differenziato ex art. 116, comma 3, della Costituzione vigente;
3) non viene toccato il Presidente della Repubblica (neppure un cenno all'introduzione del divieto di un secondo settennato) che, invece, costituisce l'organo costituzionale "più enigmatico" per dirla con le parole di Livio Paladin (1933/2000), insigne costituzionalista (anche se positivista) patavino. Abbiamo visto, soprattutto con i Presidenti Napolitano e Mattarella, come ha funzionato il carattere "a fisarmonica" del Capo dello Stato, intervenendo a volte direttamente, altre volte indirettamente, sulla determinazione dell'indirizzo politico. Proprio una riforma in senso presidenziale della forma di Governo, che venne discussa in Assemblea Costituente tra il 1946 ed il 1947, avrebbe consentito di superare certe ambiguità collegate al ruolo del Capo dello Stato specialmente con maggioranze non compatte e fragili non solo numericamente, ma anche in termini di forza ed autorevolezza del pensiero politico.
Un consiglio, sebbene non richiesto, al Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, On. Giorgia Meloni, parafrasando il politologo Edmond Burke(1727/1797): pensare di cambiare un Paese con leggi e decreti (senza riappropriarsi delle "casematte dello Stato" mi si consenta di aggiungere) spesso non porta nella direzione voluta dal legislatore.
(*) Autore - prof. Daniele Trabucco.
Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)/UNIB – Centro Studi Superiore INDEF (Istituto di Neuroscienze Dinamiche «Erich Fromm»). Professore universitario a contratto in Diritto Internazionale e Diritto Pubblico Comparato e Diritti Umani presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici/Istituto ad Ordinamento Universitario «Prospero Moisè Loria» di Milano. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico e titolare di Master universitario di I livello in Integrazione europea: politiche e progettazione comunitaria. Già docente nel Master Executive di II livello in «Diritto, Deontologia e Politiche sanitarie» organizzato dal Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Socio ordinario ARDEF (Associazione per la ricerca e lo sviluppo dei diritti fondamentali nazionali ed europei) e socio SISI (Società italiana di Storia Internazionale). Vice-Referente di UNIDOLOMITI (settore Università ed Alta Formazione) del Centro Consorzi di Belluno.
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