Per la maggior parte delle persone, infatti, ciò che conta è poter accedere a servizi sanitari efficienti, tempestivi e di qualità quando necessario.
La percezione negativa dei cittadini-pazienti deriva dalla testimonianza dell’esperienza quotidiana come la mancanza di cure e liste di attesa lunghissime, molto distanti dalle cifre e dagli annunci roboanti riguardanti i fondi, che appaiono invece come “astratti” e poco concreti.
Dalle parole ai fatti i conti non tornano non riuscendo a collegare la verità su budget e investimenti verso miglioramenti tangibili per l’utenza. In altre parole, se l’investimento non si traduce in medici disponibili, strutture accessibili, riduzione delle liste d'attesa, è difficile per il cittadino apprezzare l'effettivo impegno delle istituzioni.
Rendere conto ai cittadini delle destinazioni effettive dei fondi, associandole a risultati concreti per la salute pubblica, potrebbe favorire maggiore fiducia nel sistema sanitario e nelle decisioni che lo riguardano.
I fondi assegnati al sistema sanitario non fanno molta differenza per l’utente finale se non si traducono in servizi accessibili e pronti a rispondere ai bisogni di salute.
La situazione descritta dal “Terzo rapporto civico sulla salute” di Cittadinanzattiva è davvero allarmante: in Italia, l’accesso alle cure sanitarie pubbliche sta diventando così difficile che circa 4,5 milioni di persone scelgono di rinunciare a curarsi. E questo accade soprattutto a causa delle liste d'attesa, che in due casi su tre sono ormai insostenibili.
Si tratta di un problema enorme, perché le liste d’attesa lunghe non solo limitano l’accesso alle cure, ma peggiorano le condizioni di salute generale, poiché le persone, rinviando le cure, rischiano di vedere aggravarsi i propri problemi.
Come se non bastasse, peggiora anche il rapporto col medico di medicina generale e con il pediatra di libera scelta: in questo caso le segnalazioni di disservizi sono triplicate negli ultimi cinque anni (nel 2018 erano il 5,4% del totale, nel 2023 erano al 14,2%).
Questa difficoltà di accesso impone un costo sociale elevato e produce disuguaglianze, poiché le persone con minori risorse economiche, non potendosi permettere alternative private, finiscono per non curarsi.
Il dato riportato da Cittadinanzattiva evidenzia una crisi che mette in discussione la stessa natura universale e inclusiva del Servizio Sanitario Nazionale, nato proprio per garantire cure a tutti indipendentemente dalle condizioni economiche.
Questi dati dipingono un quadro davvero drammatico: le liste d’attesa per prestazioni essenziali sono di gran lunga superiori ai tempi massimi considerati accettabili. Nel 2023, secondo le 24mila segnalazioni raccolte, i pazienti possono aspettare oltre un anno per prestazioni fondamentali: per una visita oculistica, attesa di 468 giorni rispetto ai 120 previsti; per un controllo oncologico, ben 480 giorni; un ecodoppler dei tronchi sovraaortici richiede fino a 526 giorni; e persino un intervento urgente per un tumore alla prostata può richiedere quasi sei mesi (159 giorni).
Questi ritardi non sono solo dei numeri, ma sono veri e propri ostacoli alla salute.
Le attese così prolungate compromettono diagnosi precoci e interventi tempestivi, con rischi enormi per i pazienti, soprattutto per chi ha condizioni critiche come quelle oncologiche o cardiovascolari.
Le difficoltà sono maggiormente accentuate nel Centro e nel Sud Italia, dove le carenze strutturali e la scarsità di personale aggravano il problema, contribuendo all’aumento delle rinunce alle cure.
Questo divario territoriale, inoltre, crea un’ingiustizia sanitaria, rendendo ancora più urgente una riorganizzazione del sistema sanitario nazionale, con particolare attenzione al potenziamento delle aree più colpite.
Tra un rimpallo e l’altro delle responsabilità della nostra classe politica in tema di sanità pubblica, è indispensabile garantire l’accesso alle cure mediche per tutti, prima che per il cittadino-paziente curarsi diventi un privilegio anziché un diritto, e perché non diventi occasione di “profitto”.