Di Redazione 20 Marzo 2023 -
Caro Tito, con grande soddisfazione ti comunico che ieri, domenica 19 marzo 2023 (proprio nella “Festa dei Papà”) il noto giornale web “Calabria.Live” fondato e diretto da Santo Strati ha dedicato il proprio “domenicale” (cioè il settimanale più diffuso tra i calabresi nel mondo) ad una nostra scoperta, a quel Mario Bruno Lanciano di cui abbiamo scritto noi per primi, già nel 2021, il 15 aprile.
Il titolo principale del domenicale di “Calabria.Live” è: “I grandi progetti di un industriale visionario: Mario Bruno Lanciano” ed il testo (lungo ben dodici pagine) è stato scritto da Pino Nano, sicuramente la penna più presente, prestigiosa e stakanovista del giornalismo calabrese attuale. Eccoti il link per leggere tale servizio: https://calabria.live/wpcontent/uploads/2023/03/230319_Calabria.Live_DOMENICA_19marzo2023.pdf – che è messo pure come allegato al link << ESTRATTO_Calabria.Live_DOMENICA_19marzo2023_.pdf >>. Qui di sèguito, in via del tutto eccezionale, per concessione gratuita dell’editore e dell’autore, trascrivo il testo a beneficio dei nostri Lettori, i quali possono ricorrere all’originale per completezza (infatti a corredo di questa lettera non ho riportato le immagini presenti in “Calabria.Live”).
1 – UNA NOSTRA SCOPERTA
Dicevo che il personaggio di Mario Bruno Lanciano è stato una nostra “scoperta” poiché siamo stati i primi a scriverne. Infatti, il 15 aprile 2021 Gli avevamo dedicato << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-326-calabresi-eccellenti-n-4-mario-bruno-lanciano-ingegnere-e-inventore/ >>. A tale “Lettera n. 326” era seguìto l’aggiornamento di martedì 28 febbraio 2022 << https://www.costajonicaweb.it/universita-delle-generazioni-mario-lanciano-un-calabrese-alla-guida-di-cbitron-il-maggior-consorzio-europeo-per-la-sicurezza-di-grandi-infrastrutture-strategiche/ >> . Questi nostri articoli sono stati variamente ripresi da altri quotidiani web anche non calabresi.
2 – I GRANDI PROGETTI DI UN INDUSTRIALE VISIONARIO.
Ed ecco quanto scritto dal big-giornalista Pino Nano con il titolo “I GRANDI PROGETTI DI UN INDUSTRIALE VISIONARIO: MARIO BRUNO LANCIANO” sul domenicale di “Calabria.Live” del 20 marzo 2023 per 12 pagine.
A volte le cose, e soprattutto certi incontri capitano per caso. È questo il caso del protagonista della copertina di oggi. Una mattina ricevo da Mimmo Lanciano, instancabile giornalista calabrese che ho conosciuto per la prima volta nell’aprile del 1986 (novembre 1986, ndr) a Badolato dove lui si era inventata la favola del “Paese in vendita”, favola che era stata costruita così bene devo dire da aver fatto poi il giro del mondo, perché ripresa dalle più importanti testate giornalistiche internazionali, un appunto di lavoro
in cui Mimmo – trapiantato ormai da 24 anni (34 anni, ndr) ad Agnone nel Molise – mi suggerisce di occuparmi di un tale Mario Bruno Lanciano, “inventore manager e imprenditore calabrese di successo in mezzo mondo”. Come si fa a non rispondere a Mimmo Lanciano?
Dal primo novembre del 1988, da quando lui cioè ha lasciato la Calabria, “esule” ad Agnone, non ha mai smesso di scrivere di calabresi e di cose strettamente legate alla sua terra di origine, e quindi solo per questo mi son detto Mimmo merita una risposta. Lo cerco per telefono e dall’altra parte del filo ritrovo la “macchina da guerra” che avevo conosciuto a Badolato 40 anni prima, un fiume in piena, una vera e propria enciclopedia “parlante” della Calabria di ieri e della Calabria di oggi, un cronista che alla soglia dei suoi 73 anni è ancora attivissimo e che riempie settimana dopo settimana le pagine più curiose di CostaJonicaWeb, la sua nuova testata di riferimento, con una rubrica che è tutto un programma e che prende il nome di “Lettere a Tito”. Come dire? Una sorta di diario personale sui calabresi che hanno fatto fortuna altrove, ma soprattutto un lavoro di ricerca meticoloso e attentissimo sulla trasformazione sociale della sua terra e della sua gente.
Per certi versi, e credo di poterlo scrivere senza ombra di smentite, Mimmo Lanciano è nei fatti l’antesignano teorico di quello che oggi è diventato un progetto di riferimento e di successo per la storia dell’emigrazione italiana e che porta la firma di una delle studiose più attente dell’Università della Calabria, la professoressa Sonia Ferrari che insieme a Tiziana Nicotera ha dato vita al ‘Primo rapporto sul turismo delle radici in Italia’, volume che racchiude oggi i risultati di un’ampia ricerca sul tema realizzata appunto dall’Università e grazie ad un contributo del Ministero degli Esteri. Bene, fin qui la premessa. Questo invece è l’incipit dell’appunto di lavoro che Mimmo Lanciano mi manda per posta elettronica.
“Caro Pino, per una delle copertine che Calabria Live dedica ogni domenica ai “calabresi famosi”, mi permetto di segnalarti Mario Bruno Lanciano. Si tratta di un ingegnere elettrotecnico molto famoso, inventore e imprenditore di grande successo, nato in Argentina il 6 giugno del 1953 a Buenos Aires ma rimasto per tutta la vita più calabrese di te e di me messi assieme, il che la dice davvero lunga sulla calabresità del personaggio”. Mimmo Lanciano probabilmente immagina già quale sarebbe stata la mia risposta, che è poi la scelta editoriale che si è dato il direttore di Calabria Live Santo Strati, “se sono nati lontano dalla Calabria…”:
“Pino non dirmi per favore che non essendo lui nato a Badolato come me non rientra tra le categorie dei calabresi eccellenti, perché qui parliamo di un figlio di calabresi doc, cresciuto tra i calabresi d’Argentina fino alla maturità, ma rimasto calabrese nell’animo fino ad oggi. Mario Bruno Lanciano è oggi un pezzo di Calabria in giro per il mondo”. – Ma come si fa – provo a replicare- a dedicare una cover ad un imprenditore che in realtà è nato altrove, lontano da qui, per giunta a Buenos Aires?
La risposta di Mimmo Lanciano arriva esattamente un minuto dopo che io gli avevo rispedito via mail la mia domanda. “Mario Bruno Lanciano è un mio primo cugino, figlio di zio Ottavio (1921–1985) fratello di mio padre e di Maria Teresa Andreacchio (1919–2012), sangue calabrese dalla cima dei capelli alle dita dei piedi, calabrese nel cuore, calabrese nella mente, calabrese nella sua impostazione di vita, calabrese per carattere e per formazione. Mettiamola così, un calabrese atipico perché nato per sbaglio in Argentina, ma più badolatese di tutti noi altri. Ma sono nei fatti naturalizzati calabresi anche i suoi due figli, Noelia Maria Isabel, laureata in economia e marketing, e Walter Mario, ingegnere civile, nati dal matrimonio tra Mario e Isabel Gonzalez, sposati il 12 maggio del 1975, e a loro volta oggi nonni di Leonardo ed Alessandro”.
Una storia di emigrazione, dunque, quella di Mario Bruno Lanciano, all’inverso. Nel senso che nel 1980 suo padre Ottavio, assieme alla madre, decide di tornare definitivamente dall’Argentina in Calabria per andare a vivere il resto della sua vita a Badolato, “culla di tutta la nostra estesissima parentela- sottolinea Mimmo Lanciano- sin dalla metà del 1743”. E qui parte la nostra storia. O meglio, da qui parte la storia calabrese di Mario Bruno Lanciano, un personaggio di grande fascino, un uomo che ha girato il mondo almeno dieci volte diverse, che conosce l’Europa l’Africa e l’America come le sue tasche, che parla correntemente quattro lingue – mi dice – e mi fa l’elenco: italiano, spagnolo, inglese, e badolatese. E io di rimando, ma in maniera del tutto naturale, anche perché affronto una lunga chiacchierata con lui per le strade di Roma di mattina quando il caos è l’unica certezza della capitale, gli chiedo: “Ma cos’è il badolatese?”. Non vi racconto la risata che mi arriva dalla Spagna da dove Mario mi ha appena chiamato.
“E’ la mia prima lingua. È la mia lingua madre. È il dialetto di Badolato che parlava mia madre con mio padre a casa a Buenos Aires quando io ero ancora bambino. E’ la lingua del mio paese di origine, perché io considero Badolato il mio vero paese di origine. E’ la lingua dei miei parenti, dei miei cugini, dei miei amici, di tutti quelli che mi hanno visto crescere e mi hanno voluto bene fino ad oggi. Sa una cosa? Che per istinto a volte qualcuno mi chiede qualcosa e io rischio di rispondere in dialetto badolatese tanto forte è dentro di me questo idioma e questo amore per la lingua degli avi. Posso raccontarle un aneddoto assolutamente inedito della mia vita? Fino a sei anni io ho parlato solo il dialetto di Badolato. Non conoscevo altra lingua se non quella. Pensi che mia madre mi partorì in terra Argentina, e fino a sei anni io ho continuato a vivere e a giocare nel mio quartiere di residenza, accanto mio zio, i miei cugini, difronte tanti calabresi come noi, e attorno qualche ragazzo spagnolo, ma il fatto che fossimo tutti calabresi e soprattutto tutti di Badolato mi portò a parlare esclusivamente il mio dialetto di casa”.
E come fece poi a scuola? – “È lì che si pose il problema. Quando a sei anni mio padre mi iscrisse alla prima elementare, in Argentina si chiamano le scuole primarie, io andavo a scuola ma per i primi mesi di quella stagione era come se fossi capitato in un limbo. Vedevo davanti a me la maestra che muoveva le labbra, ma in realtà di quello che diceva non capivo una sola parola. Di spagnolo non conoscevo nulla, non avevo mai parlato lo spagnolo e soprattutto nessuno me l’aveva mai insegnato. Dopo i primi tre quattro mesi di scuola la maestra capì che dovevo avere qualche problema di apprendimento e forse anche di comportamento. Lei mi parlava, io non capivo, lei mi chiedeva delle cose, io non rispondevo, e alla fine lei si era convinta che io fossi gravemente ammalato. Certamente non del tutto normale. Mio padre si presentò allora a scuola e quando gli raccontarono del mio comportamento lui capì che il vero problema del piccolo Mario era la conoscenza della lingua spagnola. Ed allora la maestra consapevole del problema, lo segui da vicino con più attenzione”.
– Naturalmente venne bocciato il primo anno? – “Le sembrerà strano, ma in realtà sembrò strano anche a noi. Mi fecero passare in realtà, venni promosso alla seconda elementare, forse per una sorta di pietà. Avranno pensato, se va male il secondo anno gli facciamo ripetere la seconda, ma almeno per il primo anno aiutiamolo a crescere”. – Imparò mai per bene lo spagnolo? – “Guardi lo imparai così bene da lasciare di stucco tutti i miei insegnanti, e a scuola diventai il primo della classe. Ma non solo alle primarie, anche alle superiori, e poi ancora all’Università. Le dirò una cosa di cui vado davvero sempre molto orgoglioso, ma che non racconto mai in giro, perché me ne vergogno anche, ma alla fine dell’elementare, in Argentina finiva alla età di 12 anni, sono stato premiato con medaglia d’oro come migliore studente della scuola di quell’anno ed anche nei gradi superiore”.
– Ha un ricordo particolare di quegli anni? Ma vorrà mica scherzare? Di quegli anni mi porto dentro ogni momento della mia vita e della mia esperienza. A scuola era pieno di ragazzi italiani, eravamo quasi tutti figli di emigrati, con gli stessi problemi esistenziali e le stesse prospettive di vita, e le stesse condizioni ambientali, al massimo ci confrontavamo con i nostri compagni di gioco che erano spagnoli e quindi molto simili a noi italiani. Era quella la stagione felice dell’Argentina, quando l’Argentina viveva il suo primo vero boom economico, e quando la ripresa dell’economia permetteva alle famiglie degli emigrati italiani di andare avanti meglio di come sarebbe invece stato in Italia. Poi dopo gli anni 70 molte cose sono cambiate, è arrivata la crisi, la recessione, la stagione dei primi desaparecidos”.
– Immagino sia stata una parentesi buia anche per gli italiani? – “Buia per tutti. Sa qual è la verità? Che ad un certo punto della mia vita ho perso completamente di vista tanti miei amici, tanti miei compagni di studio e di università, spariti nel nulla, nessuno sapeva dove fossero finiti, e che fine avessero fatto. Solo il dopo della storia ci ha poi aperto gli occhi e messo difronte ad una realtà terribile e tragica insieme. È a questo punto che i Lanciano decidono di tornare in patria, e questa volta per sempre. Prima mio padre e mia madre, e poi anch’io. Portai con me anche mia moglie Isabel, che aveva già in grembo Walter. Era il 1980, l’anno in cui io e Isabel approfittammo per fare anche un giro turistico per tutta l’Europa. Lasciata l’Argentina avevamo voglia di conoscere la nostra terra madre, e né io né Isabel eravamo mai stati prima in Spagna e Italia. Fu bellissimo, perché scoprimmo un mondo che non conoscevamo e che non pensavamo potesse esistere”.
– Come ricorda il suo arrivo a Badolato? – “Come il giorno più felice della mia vita. Un giorno indimenticabile che mi porto ancora nel cuore, e che ha segnato poi tutto il resto della mia esistenza” – In che senso me lo dice ingegnere? – “Non so come spiegarglielo, ma quando sono arrivato a Badolato mi sono sentito a casa mia in tutti i sensi, possibili e immaginabili. Entravo nella casa di mio padre e di mia madre e mi pareva di esserci stato da sempre, e a casa arrivava giorno e notte una processione senza fine di gente, parenti, amici, chiunque passasse da quelle parti, e venivano a salutare me e Isabel che eravamo arrivati dall’altra parte del mondo, e la cosa più bella e più commovente era la loro faccia quando si rendevano conto che io parlavo il dialetto meglio di loro, e che non avevo perso una sola sillaba di quella lingua tradizionale parlata. Loro sapevano tutto di me e della mia vita, ma io sapevo tutto di loro e della loro vita, perché mio padre e mia madre a Buenos Aires non facevano che parlarci dei parenti rimasti in Calabria a Badolato. Poi, la vera scoperta è stata la famiglia che avevo lasciato in Calabria, la famiglia dei Lanciano e degli Andreacchio, una sorta di dinastia, di saga familiare, che nel frattempo si era arricchita di nuovi “arrivi” e quindi di nuovi cognomi, i Battaglia, i Leuzzi, i Parretta, i Gallelli, e via di questo passo”.
– Qual è il ricordo più forte che la lega oggi a Badolato? – “La morte di mio padre. Mio padre è morto a Badolato ed è morto tra le mie braccia. Lui era già da tempo ammalato di cuore, aveva già avuto da giovane un infarto, ma in Argentina non era stato curato a dovere e quando arrivò in Italia dopo un esame angiografico fatto a Soverato, si ressero conto che aveva le arterie completamente ostruite dal colesterolo, e questo lo portò poi all’infarto massivo e alla morte. Oggi riposa a Badolato nel nostro campo santo del paese, nella cappella di famiglia, insieme a tanti altri parenti e amici badolatesi”.
Per Mario il rientro in Calabria sarà un bagno di ricordi, di emozioni, di storie incrociate, che lo travolgono letteralmente, alle prese per la prima volta in vita sua con un esercito di parenti, zii, cugini, nipoti acquisiti e una miriade di amici mai incontrati e mai conosciuti prima. Non ci crederete, ma da matematico ed esperto di analisi statistiche Mario scopre che all’incirca il 50% dei badolatesi, per un motivo o un altro, alla fine avevano legami diretti di sangue con lui, e tutto questo naturalmente ha cambiato la sua visione del mondo fino a quel momento da lui immaginato. Accade dunque che al suo ritorno in Argentina Mario inizia a riprogrammare le sue attività per poter ritornare definitivamente in Calabria, o meglio a Badolato, dove decide di portare la sua bella moglie e i loro due figli.
– Ingegnere vedo che ha conservato una memoria di ferro? – “Ma le sto parlando della mia vita, della mia storia personale, come potrei non ricordare tutte queste cose. Ma vuole sapere cosa ho fatto in questi anni, ormai non più giovane e non più ragazzo? Ho usato gli strumenti che normalmente mi servono per studiare le gallerie del vento e per indagare le mille cause che possono provocare un incendio in una galleria in autostrada per stilare il mio albero genealogico.”
– Cosa ne ha tratto? – “Ho recuperato, dai libri fatti da mio cugino Mimmo, oltre 500 Lanciano, in ogni parte del mondo. Ho rimesso insieme nomi e date di nascita e di morte e location in un programma applicativo, che ci permetteranno di sapere con assoluta certezza dove sono i Lanciano nei cinque continenti. Praticamente, la mia famiglia dalle origini ai miei figli e ai miei nipoti”.
– Primo della classe a scuola, primo del corso al Campus Universitario, primo tra tutti gli altri al master, insomma una vita già segnata sulla strada del successo? – “Non so cosa intende lei per successo. Se intende tanto lavoro, allora ci sta anche. Se intende tanti sacrifici personali, ci stanno anche quelli. Se intende poi tanta voglia di imparare e di conoscere il mondo e allora il quadro è completo. Ma posso raccontarle una verità che ormai si può anche raccontare?
– Certo che può raccontarla… – “Da studente io ero bravissimo davvero, ma non in tutte le materie, però mi creda in letteratura spagnola ero una frana, ero invece un fuoriclasse in chimica, in matematica, in fisica, trattavo le materie scientifiche e tecniche con una facilità quasi innaturale. Alla fine avevo dieci in tutte queste materie e appena una sufficienza in letteratura. Sa cosa mi capitava? Che i professori per non rovinare la mia media e soprattutto la mia storia di studente modello alla fine mi davano un buon voto anche in letteratura, ma nessuno ci faceva più caso”.
– Come è arrivato poi a Ingegneria? “Per caso. O meglio, per esclusione”. – Cosa intende dire? “Io sono cresciuto fino a 13 anni con il desiderio intimo di fare il medico. Volevo fare il medico a tutti i costi”. – Pur non avendo lei un medico in famiglia direi? – “Di fatto lo avevo, e glielo spiego. Deve sapere che mio padre arrivato in Argentina ha trovato immediatamente lavoro al grande policlinico di Buenos Aires. Fu assunto dalla Società Elettrica del Gran Buenos Aires (SEGBA), quella che in Italia è l’Enel, la società elettrica di Stato, e lui era stato assegnato come impiegato al Policlinico, che era allora uno degli ospedali più importanti e più attrezzati del Sud America. Cosa succedeva? Che io andavo spesso e volentieri a trovarlo al Policlinico, avevo con lui un rapporto meraviglioso, lui sapeva sempre di tutto e di più, e per me era un piacere parlargli e sentirlo parlare. Sa come andava in ufficio? Elegante, vestito di tutto punto, giacca e cravatta, tu lo guardavi da lontano e sembrava un dirigente d’azienda, e stando in Policlinico ha avuto modo e occasione di diventare alla fine padrone di casa di questo complesso. In che senso? Conosceva medici, professori, infermieri, portantini, e questo gli permetteva di aiutare concretamente i tanti italiani che arrivavano per la prima volta al Policlinico e avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse e li guidasse”.
– Solidarietà in tutti i sensi? – “Non era solo solidarietà. Era assistenza concreta ai più deboli, era un modo per aiutare gli ultimi della città, i più poveri, quelli che non sapevano ancora parlare lo spagnolo, quelli che non sapevano come muoversi in ospedale. Sa quanti calabresi mio padre ha aiutato? Sa quanti italiani si sono rivolti a lui per essere seguiti? E’ chiaro che io seguendo lui e guardando come viveva la sua condizione di impiegato della Società Elettrica all’interno del Policlinico mi sentivo già un medico pronto. Predestinato. Finché un giorno non capitò una tragedia”.
– Cosa esattamente? – “Io quel giorno ero andato a trovare mio padre come facevo di solito in ufficio nel periodo estivo, quando all’improvviso lo avvertirono che stava per arrivare in ospedale un operaio della sua stessa società che si era fulminato mentre lavorava su una linea di Alta Tensione. All’inizio sembrava una cosa del tutto naturale, un incidente sul lavoro, o meglio una morte sul lavoro. Ma quando il cadavere di quest’uomo arrivò in ospedale mio padre chiese si vederlo e io in quel momento ero attaccato alla sua giacca. Ero con lui. Tolsero il lenzuolo che copriva quel corpo e mi resi conto che in realtà quello che avevo sotto gli occhi era un moncone carbonizzato. Nulla che avesse a che fare con una persona umana. Sembrava molto di più un tronco bruciato e nero come la pece. Quel giorno capii che non sarei mai stato un bravo medico, e che comunque non avrei mai sopportato di lavorare alle prese con immagini come quella che un attimo prima mi si era palesata davanti. E decisi allora di lasciar perdere la medicina e di seguire la mia passione per la fisica e la tecnica. Mi iscrissi allora all’Istituto Tecnico e successivamente in ingegneria, e da qui poi la mia vita è letteralmente cambiata. Nel 1980, il rientro definitivo in Italia”.
Mario rimane a Badolato però solo per pochi anni, dal 1983 al 1987, per poi trasferirsi definitivamente a Parma dove diventa Direttore Generale del settore tecnologico della “Pizzarotti SpA”, impresa specializzata in grandi infrastrutture, autostrade, ferrovie, industrie. Poi, dal 2009 si mette in proprio, fondando la società “Italoiberica Engineering Group S.L”, un’impresa specializzata in sistemi di sicurezza per gallerie stradali, ferroviarie e metropolitane con particolare cura alle innovazioni tecnologiche, allo sviluppo e al deposito di numerosi propri brevetti, soprattutto sui sistemi di sicurezza.
Oggi l’ingegnere Mario Bruno Lanciano, classe 1953, è il presidente del nuovo Consorzio europeo “CBITRON” (sede a Parma) leader in Europa nella ventilazione e nella sicurezza di grandi infrastrutture strategiche come tunnel autostradali, ferroviari, delle metropolitane, delle miniere e di quanto altro esistente specialmente nel sottosuolo. Alle spalle una carriera e un succedersi di incarichi che fanno di lui un protagonista del mondo internazionale dell’innovazione.
Qui di seguito soltanto alcuni degli incarichi di maggiore prestigio da lui ricoperti: Direttore generale del settore tecnologico della Impresa Pizzarotti SpA (Parma 1991- 2008); Presidente della società Monitoraggi Srl (Parma 2003-2007); Membro del Consiglio d’Amministrazione della società d’ingegneria SO.G.I. SpA (Parma 2006- 2008); Direttore Italia della società Aster International SpA (Milano 2008-2009); Amministratore delegato della società Italoiberica Engineering Group S.L. (Spagna 2009 ad oggi); Amministratore Delegato della società ENESY Srl Engineering and Technology Company (Lazio 2012-2015); Membro del Comitato Esecutivo del Nuovo Ospedale di Legnano (Milano 2008-2009); Membro del Comitato Tecnico del Nuovo Ospedale Sant’Anna di Como (2008-2009); Membro del PIARC – Associazione Mondiale della Strada- Comitato Nazionale Italiano (Roma 2011-2016); Membro, in qualità di Esperto, della Commissione Permanente Gallerie presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (Roma 2017-2021); Membro del Comitato Elettrotecnico Italiano CEI 64-20 – Impianti elettrici nelle gallerie stradali (Milano 2012 ad oggi); Consigliere di ASTRI- AEIT Associazione Elettrotecnica Italiana (Milano 2021 ad oggi).
– Ingegnere lei ha fatto di tutto e di più, e in ogni angolo del mondo. Ma chi siete in realtà? Cosa si nasconde dietro il termine CBITRON? – “Siamo un Grande Consorzio Europeo, appena costituito tra la italiana CBI Engineering & Service di Milano e la spagnola Talleres Zitron delle Asturie, sono i due maggiori produttori europei di tecnologia per la sicurezza di centinaia di milioni di utenti quotidiani nei sistemi della mobilità e del lavoro. CBITRON nasce per tutelare e valorizzare la importante funzione dei sistemi di ventilazione per gallerie stradali ed offrire ai Concessionari e Gestori garanzie e sicurezza sulla qualità dei prodotti. Impegnato in numerose attività tra cui la gestione e la salvaguardia delle regole e norme produttive, la gestione della politica economica, la vigilanza e la tutela delle disposizioni di legge e dei regolamenti, la protezione del nome “CBITRON” e del relativo marchio registrato in Italia, nonché la valorizzazione in Italia e nel mondo”.
– Come è nata questa idea? – “L’idea è nata da due dei più importanti costruttori europei, accomunati dalla loro esperienza pluriennale nel settore della ventilazione e delle tecnologie industriali applicate alle costruzioni di infrastrutture. L’unione delle due realtà industriali è conseguente alla necessità attuale del mercato di un’offerta di forniture e servizi più avanzata e completa. Oltre questo, lo sviluppo ingegneristico delle due divisioni ha portato alla creazione di un progetto innovativo che riguarda lo sviluppo di nuove tecnologie, con particolare attenzione alla ricerca e all’applicazione di innovativi sistemi di ventilazione che comportano, non solo l’aumento del livello di sicurezza, ma anche la riduzione sensibile dei consumi energetici e relativi costi”.
– È vero che lei ha voluto che la società avesse la sua sede legale in Italia? – “Non potevo immaginare di meglio, mi creda. L’ubicazione del Consorzio non è stata scelta a caso, con sede legale a Parma, che è crocevia di cultura e tecnologia, e che ci permette una più ampia divulgazione delle nostre conoscenze. CBITRON offre ricerca e applicazione di nuove tecnologie nei sistemi di ventilazione nell’ambito delle gallerie stradali/autostradali, per soddisfare le esigenze di un mercato attualmente frammentato tra i produttori di singole apparecchiature e la carenza di professionisti specializzati nelle integrazioni di sistemi. Il mercato di interesse riguarda l’adeguamento tecnologico e la messa in sicurezza delle gallerie esistenti e di quelle di nuova costruzione. Il mercato è in continuo sviluppo, e per i prossimi anni si attende un elevato tasso di crescita grazie alla maggior sensibilità della società nei confronti del valore della vita e delle nostre limitate risorse energetiche. Noi siamo in Via Giuseppe Mazzini numero 2, ed è da qui, dal cuore della Romagna che il Consorzio risponde all’esigenza di soddisfare le aumentate richieste di sicurezza, provenienti da tutto il mondo, sia per le grandi infrastrutture sempre più necessarie per la modernizzazione e l’efficienza dei Paesi sotto la spinta della globalizzazione e sia in vista delle “smart road” che rappresentano il futuro più competitivo ed indispensabile nelle nuove tecnologie della mobilità”.
– Di che realtà industriale parliamo? – “La nostra è una realtà importante. CBITRON ha a sua disposizione 16 fabbriche e 50 uffici di rappresentanza a livello mondiale, oltre ai laboratori termo-fluidodinamici più importanti al mondo per certificazioni e sperimentazioni sul miglioramento della sicurezza nelle infrastrutture”. – Ingegnere, perché è così importante parlare di sicurezza delle infrastrutture? – “Per evitare una volta per sempre tragedie come quella del Ponte Morandi a Genova, che è costata al Paese 43 morti e 9 feriti. Non posso dimenticare quel giorno, erano le 11.36 del 14 agosto 2018. Ma anche per evitare gli incendi in galleria e quindi scongiurare disastri ferroviari, alla ricerca si impone una maggiore attenzione e il massimo rigore possibile nella manutenzione e nella sicurezza di piccole e grandi infrastrutture. I sistemi elaborati da noi come “Italoiberica” permettono oggi una maggiore affidabilità delle reti infrastrutturali e delle opere civili. Ma lo dico in maniera assoluta, e del resto questo ci viene riconosciuto in ogni parte del mondo”.
– I suoi analisti ci dicono che lei sia orgoglioso di Monidron, cos’è? – “È uno dei tanti miei brevetti. “Monidron” è una tecnica di monitoraggio innovativa ed efficace, progettata per ricercare anomalie strutturali in Ponti, Viadotti Stradali e Ferroviari, Gallerie e Versanti in Frana, mediante l’impiego di un sistema composto da una struttura fissa (stazione di controllo) e da un’unità aeromobile opportunamente equipaggiata. Il sistema è basato sul rilievo di spostamenti lineari sui tre assi geodetici delle diverse porzioni della struttura, misurati attraverso la scansione aerofotogrammetrica, con una tolleranza limitata a qualche millimetro, attraverso un sistema di TAG passivi posizionati preventivamente sulla struttura da monitorare e riconoscibili univocamente alle quote operative del Drone”.
– È vero che gran parte delle gallerie in tutta Europa sono illuminate grazie ad una intuizione tutta sua? – “Se allude al sistema Tunneled, è vero. Le do un dato semplicissimo, grazie ai più recenti progressi tecnologici nel campo dell’illuminazione Led specifica per gallerie, siamo in grado di offrire soluzioni ottimali sia dal punto di vista dell’efficienza che della qualità della luce, massimizzando la sicurezza attraverso un’elevatissima uniformità luminosa, e facilitando la manutenzione per le sue caratteristiche di montaggio su parete laterale di gallerie di gestori, utenti, manutentori, installatori e operatori”.
– Dove sta la novità del suo brevetto? – “Vede, oltre ai vantaggi intrinseci della tecnologia LED, il valore aggiunto di questo sistema è l’estrema facilità di installazione e manutenzione senza dover interrompere il flusso di traffico in galleria. I molteplici moduli di questo sistema illuminante, vengono uniti insieme fra loro formando un’unica guida che corre per tutta la lunghezza della galleria. Questo assicura anche un’estrema sicurezza di gestione con il sistema sempre montato esternamente ai flussi di traffico e fuori dalle carreggiate oltre al fatto di sopportare temperature elevate in caso d’incendio in galleria”.
– Leggo che avete anche immaginato di evitare che all’entrata di una galleria possa formarsi del ghiaccio pericoloso? – “Tutti sanno che nelle stagioni invernali una delle situazioni più pericolose a cui può andare incontro un conducente di un veicolo sono le lastre di ghiaccio che si formano sul manto stradale. Chiamato anche gelicidio, questo fenomeno è caratterizzato da un sottile strato di ghiaccio che si forma a seguito del congelamento della pioggia o dell’umidità della nebbia sulla strada. La lastra di ghiaccio formatasi è trasparente, si confonde con l’asfalto ed è molto facile scambiarla con della semplice acqua. Essendo estremamente liscia e scivolosa, la lastra di ghiaccio sull’asfalto può far perdere il controllo del veicolo e provocare sbandamenti fuori strada ed incidenti stradali. Per questo sistema abbiamo trovato un termine molto efficace per definirlo, Icestop, niente ghiaccio insomma. I nostri apparecchi sono in grado di leggere le informazioni metereologiche, interpretarle, e attraverso degli algoritmi dedicati, il sistema fa funzionare correttamente il sistema antighiacciamento”.
– Una rivoluzione tecnologica mi pare di capire? – “La metta come vuole, ma l’algoritmo anticipa il momento di formazione del ghiaccio, verifica e gestisce i carichi energetici delle diverse zone, previene la formazione di ghiaccio sulle carreggiate agli imbocchi e alle uscite delle gallerie, previene la formazione di ghiaccio sugli svincoli autostradali, soprattutto in prossimità delle uscite ai caselli, e previene la formazione di accumuli di neve sulle carreggiate in prossimità di svincoli e gallerie. Mi dica lei se non è abbastanza per parlare di maggiore sicurezza per chi viaggia”.
– E in caso di incendio cosa accade? – “Abbiamo verificato e testato che una possibile soluzione, a costi contenuti, alla lotta antincendio nelle gallerie stradali si ottiene con l’implementazione di un sistema di mitigazione incendio, attraverso una semplice modifica dell’impianto idrico-antincendio tradizionale. Consiste nella realizzazione di derivazioni dalla dorsale, in tratti di lunghezza prefissata, mediante valvole che alimentano ugelli erogatori posizionati su una rete secondaria, sia in bassa pressione come la cortina d’acqua Virtunel, che ad altissima pressione come il sistema Tunneb. E questo evita immani possibili tragedie. E l’attivazione dell’impianto avviene naturalmente in forma automatica attraverso l’interazione con il sistema di rilevazione lineare di temperatura di tipo sensorico modulare Modultem, che individua con assoluta precisione l’ubicazione del focolaio all’interno della galleria. Sa cosa vuol dire? Vite umane salvate dal fuoco e dall’inferno delle fiamme”.
– Come lo chiamate? – “VirTunel, le ripeto, non è altro che un sistema che simula la caduta della pioggia a velocità bassissima producendo l’uscita di un fluido omogeneo e continuo su tutta l’altezza, creando in senso longitudinale un sipario o cortina di acqua senza soluzione di continuità, vincolato solo alla capienza della vasca d’accumulo. Esso crea infatti una schermatura termica per impedire che il fumo e i gas caldi provenienti da un incendio all’interno della galleria possano invadere le vie di uscita”.
– Dovunque lei non fa che parlare altro del fiore all’occhiello della sua società, che è il Centro Ricerca Sviluppo Infrastrutture? – “Le assicuro che è un sistema innovativo per lo sviluppo del settore delle grandi infrastrutture ad elevato contenuto tecnologico”. – Me lo traduce in parole più semplici? – “Riguarda un progetto innovativo a livello internazionale per lo sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito della sicurezza delle gallerie stradali, autostradali, ferroviarie, metropolitane, minerarie, marine e viadotti stradali e ferroviari. Calcoli che l’intervento nella sua totalità prevede la realizzazione di opere infrastrutturali finalizzate alla creazione del Centro di Ricerca e Sviluppo, la promozione dell’interazione fra Enti pubblici e Imprese del settore, per la divulgazione scientifica, e infine la realizzazione di nuovi insediamenti industriali, per la produzione e/o assemblaggio di apparecchiature ad alto contenuto tecnologico. Il nostro obiettivo prioritario è quello di adottare un approccio basato sulla ricerca di soluzioni innovative mirate alla sicurezza delle infrastrutture e degli utenti della strada in un contesto di iniziative a livello internazionale, coniugando innovazione tecnologica, sicurezza stradale e sostenibilità, tale di minimizzare la propria impronta ecologica ed energetica, formando esperti in materia di sicurezza, sensibilizzando e diffondendo la cultura dell’etica umana e sociale”.
– Esiste dunque una cultura dell’etica anche in questo settore? – “Guai se non esistesse un’etica. Senza etica molte cose sarebbero impossibili e irrealizzabili. L’etica ti aiuta a credere nel prossimo, a difendere interessi generali, a tutelare milioni di vite umane. Senza etica parleremmo di cose inutili, di investimenti fallimentari sul nascere, di default umano e sociale. È l’esatto contrario del nostro lavoro e del nostro impegno”.
– Ma ha mai pensato di tornare definitivamente in Calabria e realizzare in Calabria qualcosa di utile e di produttivo per la sua gente e la sua terra? – “Le confesso che oggi il mio grande sogno è proprio quello di poter realizzare in Calabria, possibilmente nell’Istmo della Prima Italia, tra Squillace e Lamezia, uno stabilimento ad alta tecnologia che occupi almeno duecento specialisti della sicurezza nelle più varie infrastrutture”.
– Ne ha mai parlato con qualcuno? – “Nel 2009 chiesi un incontro con l’allora Presidente della Regione Calabria, il Presidente Agazio Loiero, e in un’ora di colloquio e in presenza di altre persone, gli prospettai la volontà di impiantare nella zona di Lamezia o, comunque, in altra area idonea della Calabria, la creazione di un “Centro di Ricerca e Sviluppo di nuove tecnologie “.
– Partendo da dove ingegnere? – “Dalle gallerie e dai viadotti dismessi in Calabria dopo la realizzazione di nuovi tracciati sulla rete stradale. Io allora immaginavo a un Centro di Ricerca che fosse in grado anche di promuovere l’interazione fra tutti gli Enti e le Imprese del settore per la conoscenza scientifica e la realizzazione di nuovi insediamenti industriali, soprattutto per la produzione e assemblaggio di apparecchiature ad alta tecnologia derivanti dalle ricerche e dai nostri brevetti. La mia idea era questa: le strutture disponibili nel centro che volevo potesse nascere in Calabria avrebbero consentito la realizzazione di prove su scala reale, in condizioni controllate, per la realizzazione di lavori di ricerca e validazione e certificazione di sistemi di estinzione incendi e lotta contro il fuoco”.
– Sicurezza stradale dunque? – “No, non solo sicurezza della strada. Ma anche verifica e controllo dei sistemi di comunicazioni, in particolare, protezione della sicurezza delle infrastrutture nazionali o Cyber Security, di indagini sulla Sicurezza Elettromagnetica nei confronti degli operatori e utenti stradali. Ricordo che allora mi interessava molto parlare di studio del comportamento umano in condizioni di stress, prove e validazioni di sistemi di monitoraggio per viadotti, attività di formazione, prove reali di esodo controllato, cosa mai testata prima di allora, certificazione di sistemi e prodotti; costruzione prototipi e deposito brevetti; e tanto altro. Tutto questo avrebbe permesso al nostro Centro di Ricerca di inserire la Calabria tra i luoghi del mondo più avanzati in tecnologie applicative ai sistemi industriali e delle grandi infrastrutture in forte aumento in tutto il pianeta”.
– In termini concreti cosa avrebbe creato il vostro progetto sul territorio? – “Senza dubbio, tutta questa attività avrebbe comportato un considerevole impiego di personale altamente specializzato, parlo di ingegneri, matematici, chimici, fisici, economisti, medici, psicologi, sociologi, periti industriali, geometri, amministrativi, ecc. Ma non solo questo. Una presenza e una realtà industriale di questo tipo nel nostro territorio avrebbe prodotto notevoli progressi tecnici e scientifici dovuti allo sviluppo della ricerca, ma anche considerevole economia con i proventi delle “royalty” derivate dal deposito di sempre più numerosi brevetti conseguenti alle ricerche scientifiche. Tutto ciò avrebbe portato la Calabria al centro di un sistema scientifico-industriale per molti Paesi del mondo, in particolare dell’area euro-mediterranea, e a notevoli ricavi dovuti alla industrializzazione dei prodotti innovativi, con partner italiani ed europei. La Calabria ne avrebbe tratto benefici e prestigio con il suo inserimento nella rete internazionale delle tecnologie più avanzate, specialmente riguardo la sicurezza delle infrastrutture pubbliche che interessano miliardi di persone con i traffici della mobilità indispensabile per la vita sociale”.
– Fu per questo che poi decise di trasferire il progetto in Spagna? – “Purtroppo sì, una volta capito che in Calabria non c’erano i presupposti per partire allora abbiamo deciso di proporlo al Governo spagnolo e quindi siamo diventati nei fatti una costola della realtà economica di quel Paese. Peccato, avrei voluto lasciare un segno del nostro passaggio e della nostra storia familiare nella terra di mio padre e di mia madre e che tanto loro come me hanno amato per tutta la vita”.
– Non si può mai dire mai, non crede? – “Alla mia età ne ho viste di cotte e di crude per il mondo, non mi meraviglio più di niente. Ma quello che ho visto in Spagna non l’avevo mai visto prima in nessun’altra parte del mondo. Sa quanto ci ho messo a convincere gli spagnoli a mettere insieme un progetto comune? Sette giorni. In un mese eravamo già a lavoro. In Italia per capire cosa succede passano a volte degli anni, e per vedere la prima pietra ne passano almeno dieci. Come si fa a sperare di poter essere utili al proprio Paese con questi ritmi e questi tempi?”.
– Dunque, ha perso ogni speranza? – “Da imprenditore potrei rispondere “sì”. Ma da figlio della Calabria, ancora profondamente innamorato della mia terra di origine, le dico anche che non ho mai perso il mio ottimismo e la capacità di sperare. Dalle mie parti si dice ancora “Non è mai troppo tardi”. Vedremo, se sono fiori fioriranno. Non crede?”…
– Posso chiederle domani dove sarà? – “Credo a New York, ma poi mi aspetta India, Australia” – Ingegnere, ma lei non si ferma mai? – “Prima o poi mi fermerò anch’io, come mio padre. Lui almeno se ne è andato tra le mie braccia, e quindi immagino anche felice di questo suo nuovo viaggio. Chi sa?”.
3 – QUELLO CHE L’ING. LANCIANO HA FATTO NEL MONDO
Pino Nano continua poi con il descrivere l’attività imprenditoriale di Mario Brno Lanciano nel riquadro “Quello che ho fatto nel mondo”.
Ecco alcuni dei tantissimi lavori eseguiti da Mario Lanciano in qualità di Direttore di progetto e/o Consulente in Italia e nel mondo. – Impianti Tecnologici dell’Ente Fiere “Lingotto” di Torino (1991-1992); Impianti Tecnologici del Nuovo Palazzo di Giustizia di Torino (1992-1996); Impianti elettrici e meccanici delle Torri 7D del Centro Direzionale di Napoli (1995-1998); Sistema di processo chimico dello stabilimento Bridgestone Metalpha di Assemini (Cagliari 1996-1998); Sistemi antincendio e speciali della linea ferroviaria Cadorna/Bovisa – Ferrovie Nord Milano (2001); Impianti elettrici e meccanici del grattacielo Cuneo (1999-2003); Impianti elettrici, meccanici, speciali e rete di alta tensione del Nuovo Centro Espositivo di Rho – Pero (Milano 2004-2005); Sistema di Monitoraggio strutturale della linea ferroviaria di alta velocità Milano-Bologna (2003-2006); Sistemi elettrici, meccanici e trattamento delle acque del New Waterworks and Power Plants Revamping Generating Sets of the Military Base U.S. Navy – S. Stefano / La Maddalena – Sassari (2006); Progettazione tecnologica della nuova Linea Metropolitana D/Roma (2006 2008); Impianti tecnologici della Autostrada Catania-Siracusa (2006-2008); Impianti tecnologici della Autostrada Salerno-Reggio Calabria Lotto 2 (2007-2008); Impianti tecnologici della Autostrada Salerno-Reggio Calabria Lotto 4 (2007-2008); Ristrutturazione strutturale e tecnologica di diversi edifici a Tripoli e Bengasi – Libia (2008-2009); Realizzazione Grattacielo Albergo nella città del Cairo in Egitto (2008-2009);
Sistema di ventilazione in fase di scavo della West Side Subway Los Angeles/Beverly Hills Extension Project- Ventilation during excavation – Los Angeles (2013); Sistema di ventilazione in fase di scavo systems Project Mina Chuquicamata Underground Excavation Tunnels of Access and Transportation – Cile (2013-2016); Impianti tecnologici Nenskra Hydro Power 280MW Underground Excavation Project Ventilation Systems – Georgia – USA (2015); Sistemi di sicurezza, raffreddamento, antincendio in fase di scavo della Galleria Internazionale di Base del Brennero tra Italia e Austria (2016-2019); Impianti antincendio e di mitigazione delle gallerie esistenti sul Raccordo Anulare di Roma (2017-2019); Sistemi di ventilazione, raffreddamento ed antincendio della TAV nuova Linea Ferroviaria Torino – Lione tra Italia e Francia (2019 ad oggi); Impianti tecnologici e di sicurezza delle gallerie della Superstrada Pedemontana Veneta (2018 ad oggi). (Pino Nano)
4 – L’APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REGIONE CALABRIA OCCHIUTO
Infine il domenicale di “Calabria.Live” dedicato all’ing. Mario Bruno Lanciano evidenzia il box molto bene incorniciato a colori con scritto in neretto << PROMEMORIA PER IL PRESIDENE ROBERTO OCCHIUTO >> (quasi sicuramente ispirato o addirittura scritto dallo stesso direttore Santo Strati) con il seguente testo.
A scorrere l’elenco delle realizzazioni dell’ing. Lanciano viene fuori che abbiamo decisamente a che fare con un genio-visionario di quelli che i nostri politici non amano. Perché sono pragmatici, pratici e vanno subito al sodo, quando c’è da realizzare un’idea di far diventare realtà un progetto, nel più breve tempo possibile, a tutto vantaggio della collettività. In passato, le giunte regionali della Calabria hanno snobbato le proposte del centro ricerche ideato da Lanciano (realizzato poi in Spagna), probabilmente per incapacità di visione e mancanza di competenza.
L’ing. Lanciano è un calabrese innamorato della sua terra, che vorrebbe realizzare iniziative che diano opportunità di lavoro, crescita, formazione ai tanti giovani laureati calabresi costretti a emigrare per assenza di lavoro. Basterebbe ascoltare questo straordinario personaggio che non ha obiettivi speculativi o di guadagno (è già ricco di suo), ma sinceramente vorrebbe coinvolgere e formare centinaia di ricercatori mettendo a frutto capacità, esperienze, soprattutto, competenza specifica che i tanti brevetti internazionali attestano.
Il presidente Occhiuto ha a cuore lo sviluppo della sua terra e crede onestamente che sia un delitto continuare a vedere dissanguare il territorio delle migliori risorse, giovani talentuosi e capaci, cui nessuno offre opportunità. Si tratta di ascoltare – con accanto autorevoli competenze in materia – e capire se effettivamente ci sono le condizioni per realizzare aree di ricerca in Calabria. Non con i tempi biblici, ma con inusuale velocità che deriverebbe da una visione di futuro che ci piace accreditare al presidente Occhiuto.
In Spagna il centro di ricerche rifiutato in Calabria lo hanno fatto in un baleno: servono gallerie del vento, aree di test di prevenzione incendi e allagamenti e ci sono decine di gallerie in disuso che si prestano. Soprattutto alla luce del futuro Ponte sullo Stretto. Presidente, ci pensi. (S)
5 – SALUTISSIMI
Caro Tito, il domenicale di “Calabria.Live” dedicato ieri 19 marzo 2023 a mio cugino Mario Bruno Lanciano sembra essere intervenuto non a caso pure per continuare il discorso sulla “prevenzione sanitaria” da noi affrontato con la precedente << https://www.costajonicaweb.it/lettere-a-tito-n-456-gli-ospedali-della-prevenzione-nel-futuro-della-sanita-pubblica-e-privata/ >> che hai pubblicato alle ore 09.02 di venerdì 10 marzo 2023. Il mondo del futuro è principalmente nella prevenzione. E Mario Bruno Lanciano s’ingegna e lavora per prevenire incidenti e per salvaguardare la vita delle persone. Una missione! … Un lavoro altamente etico e meritorio che andrebbe riconosciuto e premiato socialmente dalle Istituzioni.
Infatti, una cara e sincera amica (L. C.) di Badolato che ha letto ieri il domenicale mi ha scritto pure in tal senso alle 19.25 via Whatsapp: “Complimenti, non conoscevo questa personalità. Troppo “grossa” per entrare nella “stretta”, piccola Calabria che si riempie la bocca di turismo spicciolo. Ho letto tutto l’articolo, bellissimo, ti manca il fiato. Come mai non ha ancora ricevuto un titolo onorifico (ad esempio “Cavaliere del Lavoro” o altro)? … So che se ne farebbe un baffo, così dinamico com’è; non avrebbe né il tempo né il desiderio perché vale di suo. Se ci sono ancora persone così, c’è modo di sperare nel futuro. Speriamo che i figli portino avanti l’opera del papà. Grazie! (seguono tanti emoticon di applausi). ). In verità, Mario Bruno ha avuto un significativo riconoscimento, ma non da una Istituzione, bensì dall’associazione culturale Università delle Generazioni che Lo ha inserito tra i “I Calabresi eccellenti” che ha premiato il primo maggio 2021 (https://mediterraneinews.it/2021/04/21/ecco-i-calabresi-eccellenti-del-primo-maggio-2021/).
Finora mi sono arrivate a decine i commenti entusiasti sia per l’attività dell’ing. Lanciano e sia per “Calabria.Live” che ha voluto evidenziarla così bene. Invierò tali commenti a Pino Nano (estensore dell’articolo) e al direttore Santo Strati che sollecita il Presidente Occhiuto almeno ad ascoltare i progetti di mio cugino Mario Bruno i cui prodotti industriali sono richiesti in ogni parte del mondo e, quindi, la Calabria potrebbe diventare davvero centro internazionale di studio e realizzazione di tali tecnologie di avanguardia. Caro Tito, vorrei essere tanto essere smentito dai fatti, ma temo assai che la nostra Calabria perderà pure quest’altra grande e preziosa occasione di progresso e di significato davvero mondiale. Personalmente sto lavorando affinché non venga sprecata pure quest’altra imperdibile occasione utile al nostro popolo.
Al servizio giornalistico di Pino Nano aggiungo che Mario Bruno Lanciano riceve continuamente proposte di insegnamento da parecchie Università italiane ed estere (non fosse altro che per conferenze, seminari o libere docenze); ma generalmente non riesce ad aderire a tutte le richieste perché troppo impegnato nella sua attività imprenditoriale. Né per mancanza di tempo riesce a scrivere libri scientifici e professionali, come vorrebbe. Colgo l’occasione per ringraziare tanto e di vero cuore il maestro-giornalista Pino Nano e il direttore di “Calabria.Live” per aver evidenziato Mario Bruno Lanciano che mi permetto di indicare e segnalare alle presenti e alle future generazioni come esempio e modello di amore per la propria terra e come attivismo etico-industriale a beneficio della società e dei popoli. Ma va ringraziato lo stesso Mario Bruno Lanciano, poiché si fa onore e ci fa onore ovunque nel mondo!…
ESTRATTO_Calabria.Live_DOMENICA_19marzo2023_ (1)Una curiosità che mi ha fatto tanto piacere. Nel titolo dell’articolo “I grandi progetti di un industriale visionario: Mario Bruno Lanciano” il termine “visionario” mi ha fatto gioire non soltanto perché è vero ed è attinente per questo mio cugino, ma anche perché in qualcuna delle mie lettere ti dicevo del fatto che anche io da taluni vengo ritenuto un “visionario” e tale comunque mi sento. Essere visionari (che a volte viene detto in termini spregiativi quasi come un’offesa) non significa altro che “vedere nel futuro” ovvero essere lungimiranti poiché lo studio porta a proiettare nel futuro le tante ipotesi del presente e le esigenze di “work in progress” (lavori in corso). Mio cugino Mario Bruno ed io siamo molto simili, non soltanto perché figli di due fratelli, ma anche perché abbiamo lo stesso anelito e slancio etico-umanitario.
Un’altra similitudine è data dal fatto che siamo coetanei (io nato nel 1950 e lui nel 1953) ed anche perché siamo gli unici cugini della generazione Lanciano dei nostri padri ad essere laureati (io in filosofia e lui in ingegneria). Entrambi abbiamo scelto materie umanistiche, poiché entrambe tendono (filosofia e ingegneria) al benessere umano, specialmente se tutto ciò viene fatto in spirito etico e di servizio umanitario. Devotamente, quasi come una religione. Altra similitudine-curiosità: siam gli unici due cugini Lanciano della nostra parentela ad avere da sempre la barba.
Caro Tito, sperando che pure questa “Lettera n. 457” sia utile per qualcosa e per qualcuno, ti ringrazio per volerla pubblicare. Così, pensando alla 458, ti saluto. Sempre con tanta cordialità, stima ed affetto fraterno. Alla prossima!
Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)
ITER-City, lunedì 20 marzo 2023 ore 06.44 – Da oltre 55 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”. Le foto sono state prese dal web.
Allegati:
ESTRATTO_Calabria.Live_DOMENICA_19marzo2023_ (1)