Di Giulia Bertotto Roma, 6 dicembre 2022 - Stefano Giovanardi è astronomo, divulgatore scientifico e curatore scientifico del museo astronomico e del Planetario di Roma, nonché voce cosmica narrante dei suggestivi spettacoli che le proiezioni offrono ai suoi visitatori. Siamo andati a trovarlo in uno dei luoghi più magici della Capitale, dove la volta celeste ci si apre scintillante davanti ai nostri occhi, all'insegna della Meraviglia e del Mistero.
Professor Giovanardi, qual è lo stato delle conoscenze attuali sullo spazio? So che potremmo parlare per giorni, ma...fino a dove ci siamo spinti?
L'astrofisica segue a mio avviso due direzioni, una che scorre veloce e fa passi da gigante una che va più lenta ma è solida e ci permette di stringere in mano qualcosa di acquisito. La via che procede spedita è la ricerca di pianeti extra-solari e la vita nello spazio, stiamo analizzando le loro atmosfere, sono passi da gigante in termini tecnologici e conoscitivi. In vent'anni abbiamo compilato un catalogo di 5mila pianeti extra-solari. Un altro settore lanciatissimo è la ricerca sui buchi neri, quest'anno abbiamo ottenuto quella magnifica foto del buco nero che sta al centro della nostra galassia, uno sforzo tecnologico e di collaborazione internazionale straordinario.
E per quanto riguarda le conoscenze abbastanza salde e stabili?
Noi abbiamo imparato a conoscere le stelle e il loro funzionamento già con la fisica quantistica nella prima metà del Novecento, e da quel momento la teoria dell'evoluzione stellare è diventata una delle cose più sicure che sappiamo. Un'altra cosa che sappiamo per certo dal secolo scorso sul nostro universo è che si espande.
Oppure è sbalorditivo pensare che fino al 1929 non sapevamo nulla sulla natura delle galassie, non sapevamo se fossero degli aggregati all'interno della Via Lattea oppure se fossero da qualche altra parte lontano. Questo è quanto possiamo dire di conoscere attualmente. Sappiamo anche da dove viene questa spinta espansiva dell'universo, ossia dal Big-Bang, ma non sappiamo assolutamente in quale condizione cosmica ci porterà. Lo scenario più plausibile è quello di un'espansione senza fine.
Le teorie cosmologiche concordano tutte sul modello del “grande scoppio” iniziale.
Fondamentalmente sì. La radiazione cosmica di fondo, che proviene da ogni direzione del cielo in maniera uniforme, è una prova molto solida. Non ci sono al momento teorie più valide del Big Bang per spiegare da dove provenga questo segnale. Tutta l'energia contenuta nell'universo, che poi ha composto luce, materie, particelle, non si è riversata nell'universo come un liquido in un contenitore, ma ha generato l'universo stesso. Prima del Big Bang non c'era l'universo; non ha senso parlare di un prima del Big Bang perché prima non c'era un prima, non c'erano né lo spazio né il tempo. Come non ha senso chiedersi cosa ci sia fuori dall'universo perché non c'è un fuori. Dal Big Bang quindi lo spazio ha iniziato a espandersi e il tempo a scorrere, e non hanno ancora finito di farlo. Per fortuna per noi insomma!
La perenne danza cosmica di Shiva è ancora in atto, il dio sta ancora ballando al ritmo di questa musica elettromagnetica. Ma veniamo a ciò che non sappiamo.
Un po' socraticamente possiamo dire che dal 1998 sappiamo di non sapere praticamente nulla dello spazio: l'energia oscura. Questo nome affascinante e sinistro ci da l'idea della vaghezza. Sappiamo che si tratta della forma prevalente di energia del cosmo, perché corrisponde grosso modo al 65%-69% dell'universo. Questo è abbastanza sconfortante per un ricercatore. Il 96% di questo ignoto è composto da energia oscura e 23-25% da materia oscura.
Significa che conosciamo ragionevolmente solo ciò che costituisce il 4% dell'universo. A volte mi pare che il nostro stato delle conoscenze sia quasi umiliante per la nostra intelligenza.
E in quel 4% ci sono le nebulose, i calzini, i trichechi, i nostri politici...
Possiamo cercare di essere umili, (da humus, terra), cioè radicati nella nostra condizione di ignoto, senza sentirci mortificati.
Sì, anche perché l'ignoto è la ragione stessa della ricerca e di ogni passione.
Il futuro dell'umanità è sul pianeta rosso (dove già coltiviamo cipolle)?
I cinesi hanno provato a portare una serra sul lato nascosto della luna, con dei semi di cotone sono perfino germogliati, ma sono durati un giorno perché la serra non ha retto e si è rotta.
Trasferire l'umanità su Marte è un sogno che la fantascienza ha nutrito per anni, ma realizzarla è oltre le nostre possibilità al momento. Elon Musk ha affermato che entro il 2054 fonderà una città di un milione di persone su Marte. Mi sembra platealmente al di fuori di ogni più rosea previsione. Anche portare un equipaggio di poche persone su Marte è oggi un'impresa difficilissima. Marte è il pianeta più colonizzato meccanicamente, è invaso di sonde, anche se la metà di quelle che ci abbiamo mandato non ce l'ha fatta. Ma è davvero complicato mandarci un essere umano, e si sollevano anche una serie di interrogativi etici se si tratta di spedire qualcuno laggiù. E' già tanto che stiamo tornando sulla Luna con la missione Artemis agli esordi e non prima del 2025-2026. Per Marte insomma, dobbiamo aspettare.
A proposito di Socrate e di filosofia. Aveva in qualche modo ragione Giordano Bruno quando parlava di innumerevoli (lasciamo stare l'infinito-gli infiniti) universi e mondi?
Lui parlava di innumerevoli soli e mondi, e su questo non si era di certo sbagliato. Oggi ne abbiamo catalogati 5mila ma sappiamo che sono miliardi. Solo nella nostra galassia ci sono cento miliardi di stelle e ciascuna ha anche un pianeta intorno, figuriamoci se non ce ne sarà qualcuno che abbia una qualche somiglianza col nostro. Grazie al telescopio James Webb ne sapremo di più. Questi mondi sono abitati da esseri viventi aggiungeva Bruno; ecco su questo non possiamo ancora affermare in modo documentato che avesse ragione. E' probabile stando a dati e stime che abbia ragione ma dobbiamo essere cauti non avendo delle prove dirette. All'umiltà aggiungiamo allora la pazienza.
Insomma ci aveva preso più Bruno cinque secoli fa che Musk oggi. Tuttavia la Santa Sede non ha mai riabilitato la sua figura, a differenza di quella di Galilei, certo non per questo ma per altre ragioni “dottrinali”. E a proposito di pazienza, che vuole tempo: il fisico Carlo Rovelli nel saggio “L'ordine del tempo” ci propone un concetto di tempo al confine con le nostre capacità cognitive. Non un tempo identico ovunque, che scorre a una cadenza costante indipendente da noi, ma un tempo relazionale, che muta con la massa dei corpi e in base a quanto essi pesano curvando il tessuto dello spazio tempo.
Questo discorso ha a che fare con la teoria della relatività. Sicuramente è vero che il tempo non scorre in maniera uniforme per tutti, ma è anche vero che la trama dello spazio-tempo si deforma in base alla velocità relativa di due attori, solo se è davvero tanta la differenza di velocità a cui viaggia ciascuno che misura l'accadere di un fenomeno, solo allora può misurarlo in modo diverso. Ma questo accade se una delle velocità in questione è elevatissima, come la velocità della luce.
Quindi noi non abbiamo modo di percepire queste differenze in quanto la nostra velocità non raggiunge queste misure. Se lei viaggiasse alla velocità della luce potremmo accorgerci di questa disomogeneità del tempo. Insomma per noi esseri umani è irrilevante. Ma non lo è per il Cinema, che ha prodotto dei film stupendi come Interstellar sulla scorta di queste scoperte, escamotage della scienza e della natura soprattutto, di cui l'arte si serve per narrare un cambiamento della sorte o evitare un grande dolore.
A me, che personalmente credo di avere una spiccata spiritualità, è sempre parsa ridicola quella domanda: “C'è vita su altri pianeti?”. So che si intende vita intelligente e complessa -non solo microrganismi- ma credo che la vita sia la condizione dell'esistenza stessa del cosmo. Non si sarebbe mai dato un universo morto. Non è un fatto organico ma ontologico, diciamo in ambito filosofico. Se l'universo si è estrinsecato nella sua forma materiale è insomma solo una conseguenza del fatto che c'è una vita, uno spirito da cui si esprime.
Trovo molto affascinante questo modo di percepire la realtà, ma si inciampa subito nella grossa difficoltà di definire cos'è la vita. E' una funzione? Quindi è vivo ciò che respira? Ciò che si riproduce? Ciò che pensa? E come si misura? Come si afferra?
Cartesio considerava gli animali alla stregua di macchine non vive in quanto li vedeva come automi. Un nostro capello è organico ma non è vivo.
Una stella diventa proteine quindi anche se non era viva lo diventerà. Lei, da scienziato, riesce a conciliare l'idea di un progetto divino o vede nelle stelle solo una catena di cause ed effetti privo di un procedere teleologico e di un fine escatologico?
Non è per me personalmente impellente conciliare questi due aspetti perché ancora, come dicevo, non sappiamo cosa significhi vita ma non perché trovi riduttiva la domanda. Siamo di nuovo davanti ad un enigma come davanti all'energia oscura insomma, e forse dobbiamo trovare nuove sonde o nuove parole per comprenderci. Sospendo il giudizio ma ci tengo a dire che non vedo ostilità tra una visione spirituale e una concezione che ha più riserve su questo sentire. Anzi, vedo fantastici pianeti da esplorare.
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