Di Giorgio Militano Parma, 10 ottobre 2022 - La tristezza è un'emozione complessa, è come la guerra: ha fattori scatenanti che si ergono statuari in bella vista, ma anche e forse soprattutto ha cause profonde che si celano nei più oscuri meandri della nostra mente.
I fattori scatenanti ci fanno provare quella che definirei come una tristezza serena: piangi stai male e soffri però ne conosci il motivo.
Le cause profonde invece sono estremamente più infime: si nascondono, non si fanno vedere, ma soprattutto si rendono repellenti. Ci causano una tristezza immotivata che tendenzialmente sottovalutiamo, ma che è la più pericolosa.
È come andare in macchina: sono tranquillo sul mio solito percorso casa-lavoro e si accende una generica spia: so che c'è un problema, ma non so quale.
Come affronto dunque un nemico invisibile?
Beh, questo, questo è già il primo errore: il nemico non è invisibile, è solo ben nascosto: come se a far fermare la nostra macchina fosse stata una piccola fascetta allentata da qualche parte nel motore.
Ora, portando avanti il parallelismo dell'auto, pare evidente che continuare a guidare sia la scelta peggiore. Dobbiamo fermarci appena possibile, e poi, per quanto possa essere spaventoso bisogna prendere coraggio, scendere e sollevare il cofano.
Questa è la parte più difficile: guardarsi dentro.
Per risolvere il problema devo innanzitutto ammettere di averne uno.
Ed è proprio qui che entro in gioco io.
Probabilmente hai aperto il video proprio per questo motivo: come affronto la tristezza? Fermandomi.
La natura è come una madre severa: ti dà tutto ciò di cui hai bisogno, ma non perde occasione per ricordarti che non puoi metterle i piedi in testa. Rispettala e ti rispetterà, usala e la vedrai in collera, ma stai certo che quando avrai bisogno lei sarà sempre lì per darti un abbraccio.
Cosa c'è di più romantico di un tramonto?
Cosa c'è di più bello di un paesaggio?
E ancora, cosa c'è di più avvolgente di una valle? Che culla in grembo quel piccolo fiume, abbracciandolo con le sue vette scoscese, fino a che quello che era un semplice ruscello non cresce esplodendo con tutta la sua forza in un imponente delta che finisce per immettersi, dirompente, in un mare sconfinato.
La natura è per noi ciò che la valle è per quel fiumiciattolo.
Per rispondere alla domanda inizialmente posta: mi rifugio nella natura.
Mi rifugio nella natura perché è solo lì che riesco a ritrovare la pace quando il brusio dei miei pensieri mi assorda; è solo lì che la tristezza diventa riflessione e si risolve da sola, obbligandomi a scavare dentro di me in cerca di risposte.
È lasciandomi ammaliare quei tramonti, ammirando quei paesaggi, lasciandomi cullare dalle placide acque del fiumiciattolo che scorre in mezzo a quella scoscesa valle che riesco a riconnettermi con me stesso.
È come se la natura fosse l'anello mancante, la chiave di volta, tra noi e il nostro io interiore: è quella madre che ti indica la via, ma che aspetta che sia tu ad andare a chiedergliela.
L'essere umano in quanto tale è fallace, ma la natura no.
Lei è perfetta in ogni suo dettaglio: bramosa di creare, ma capace di distruggere.
Vede tutto, sente tutto: nulla le sfugge, ed è proprio in mezzo al niente, lontano dalle luci della città che possiamo ritrovare noi stessi, lasciando che i nostri pensieri fluiscano e si disperdano nel vento che soffia tra le cime dei più verdi alberi che l’occhio umano abbia visto.
Made natura è onnisciente, può tutto e ci ha creati: Dimmi, che differenza c'è, in fondo, tra lei e dio?