Sabato, 28 Settembre 2019 11:20

Rodolfo Lapidario e il gattone rosso In evidenza

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Rodolfo Lapidario e il gattone rosso - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario -


Di Manuela Fiorini 28 settembre 2019 - Rodolfo Lapidario stava quasi sonnecchiando nella sua agenzia di Onoranze Funebri. Quella mattina, aveva deciso di occuparsi del bilancio, dal momento che, di lì a pochi giorni, avrebbe dovuto portare il tutto dal commercialista per la dichiarazione dei redditi. Quell’anno sarebbe stato in attivo, ma la cosa non lo rallegrava affatto, dato il lavoro che faceva. Più lavoro significava più dolore per le persone che avevano subito la perdita di un familiare. Persone che non potevano avere il suo stesso conforto, poiché privi del suo “dono”, la facoltà di vedere e parlare con i defunti, almeno finché non “passavano oltre” per completare il loro percorso di luce. Però, Lapidario aveva imparato a sfruttare questa sua facoltà accontentando i trapassati e aiutandoli a realizzare i loro ultimi desideri per quanto riguarda la cerimonia funebre o consegnando con delicatezza i loro messaggi ai parenti. All’improvviso, una folata di vento spalancò la finestra dello studio. Era un vento tiepido, “normale”, non la folata gelida che preannunciava l’arrivo di uno spirito. Lapidario non ci fece caso e tornò a controllare carte e conti. A un tratto, qualcosa di morbido gli accarezzò un polpaccio. Un festoso “miao” accompagnò quel gesto affettuoso. Lapidario si chinò e sotto la scrivania scorse un grosso gatto rosso e pacioso. Aveva al collo un collarino blu ed era privo di un occhio. La menomazione, però, non lo aveva reso meno tenero. Il micio era una nuvola di pelo bianco e ramato, con una chiazza più grande sul petto.
“Sembra che indossi un panciotto”, gli disse Lapidario allungandogli una carezza. Il micio aveva un pelo talmente morbido da sembrare velluto.
“Devi essere entrato dalla finestra…”, continuò Lapidario lanciando un’occhiata al vetro spalancato. “I tuoi padroni ti staranno cercando…”.
Si alzò per fare strada al micione, ma lui era saltato sulla sua scrivania e si era accoccolato di fianco al computer, con nessuna intenzione di andarsene di lì.
“E va bene, puoi restare per un po’, ma poi dovrai tornare dai tuoi proprietari…”.
Poi Lapidario andò nel bagno dell’agenzia e si procurò un recipiente e un po’ d’acqua da offrire al micio, ma questi non era assetato. Così, Lapidario tornò alle sue mansioni, mentre il grosso gatto lo accompagnò per tutta la mattinata con il rumore rilassante delle sue fusa.


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A fine giornata, Lapidario invitò il gattone rosso a uscire dalla sua agenzia. La sua compagnia gli aveva fatto un immenso piacere. Il micio era stata una presenza discreta e rassicurante, ma era giunto il momento che se ne tornasse a casa sua. Era bello pingue e ben tenuto, di sicuro aveva una famiglia che aspettava il suo ritorno e che magari era preoccupata per lui, dal momento che era stato via per tutto il giorno.“Forza, micione, devo chiudere, ora…”, gli disse Lapidario invitandolo a uscire. Il micio gli mostrò il fondoschiena e se ne andò per la sua strada. Rodolfo Lapidario chiuse la saracinesca e se ne salì nel suo appartamento, che si trovava al piano superiore dell’agenzia di onoranze funebri. Si fece una doccia, si infilò una vecchia tuta da ginnastica, scongelò una pizza monoporzione nel microonde e si apprestò a guardare la sua serie televisiva preferita. Si era appena seduto sul divano, quando la sua attenzione fu attirata da un sommesso “ron ron”…Gettò un’occhiata dalla parte opposta del divano e, acciambellato comodamente su un cuscino, scorse il gattone rosso.“E tu? Da quanto tempo sei lì?”, si domandò stupito.Il micio doveva essersi infilato tra le sue gambe prima che lui riuscisse a chiudere la porta, oppure, con mossa fulminea, era rientrato dalla finestra prima che lui se ne accorgesse e lo aveva seguito fino all’appartamento.“Devo proprio piacerti…”, commentò. Quella notte, il micio dormì nella casa di Rodolfo Lapidario. Il mattino dopo, puntuale, l’impresario di onoranze funebri se lo trovò in cucina, ben sistemato sulla sedia e intento a fissarlo con la sua aria sorniona mentre lui faceva colazione. “Tra un po’ devo scendere in agenzia. Se vuoi passare anche questa giornata con me, dovrai startene zitto e buono. Se poi dovessero entrare delle persone, cerca di non farti notare, il mio è un lavoro molto delicato…”. Il micio sembrò capire il suo discorso e gli rivolse un “miao” di assenso.Lapidario si ricordò quello che gli disse una volta sua nonna, da cui aveva ereditato la sua bizzarra facoltà: “Rodolfo caro, si dice che anche gatti possano vedere le anime dei nostri cari defunti…”.Chissà se era vero? “Magari mi sentirei meno strambo…”, disse tra sé.

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Durante la pausa pranzo, uscì per prendere un panino al solito bar accanto all’agenzia.
“Sa mica se qualcuno ha perso un gattone rosso? Ha un collarino blu ed è senza un occhio…da ieri si è accasato nel mio ufficio…è bello grassoccio e ha il pelo lungo…”.
La barista gli disse che non aveva avuto nessuna segnalazione in merito ma, nel caso, glielo avrebbe fatto sapere per consentire al micio di tornare a casa. Lapidario sparse la voce anche al supermercato, chiedendo di passare parola, ma nessuno sembrava conoscere il gatto o il suo proprietario. Quando tornò in agenzia, il micione era ancora lì ad attenderlo, nella sua postazione preferita, accanto al computer.
“Se nessuno ti reclamerà, potrei prendere in considerazione la possibilità di adottarti…”, disse al micione. “In fondo sembri trovarti bene qui…”.
Il gatto lo fissò con i suoi occhi gialli e si leccò una zampina per poi passarsela dietro a un orecchio.
Al supermercato, Lapidario aveva acquistato qualche scatoletta di cibo per gatti, sentendosi un po’ imbarazzato, anche se la cosa era passata inosservata sia alla cassiera che agli altri clienti.
Quella sera, salito nel suo appartamento, ne aprì una e la offrì al micione rosso. Lui però, non la prese nemmeno in considerazione. E così fece il mattino seguente.
“Come è possibile che tu non abbia fame? Sono due giorni che rifiuti il cibo, chissà che ci metteranno in questa roba…Oppure, vecchia volpe d’un gatto, mangi da qualche parte, perché non mi sembri affatto patito…”. Il micio gli si strusciò tra le gambe in segno di affetto, come per ringraziarlo comunque delle attenzioni nei suoi confronti.

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Rodolfo Lapidario scese un po’ più tardi in ufficio. Quella mattina si era attardato a giocare con il micio. Si stava abituando a poco a poco alla sua presenza e ne apprezzava la compagnia.
Si era appena seduto alla scrivania, quando lo scampanellio della porta gli annunciò l’ingresso di un cliente. Nell’agenzia di onoranze funebri entrò una coppia di mezza età, con lo sguardo triste di chi ha perso qualcuno.
“Buongiorno, prego…accomodatevi”, disse loro indicando le poltroncine sistemate davanti alla scrivania. Con lo sguardo cercò il gatto, che si era accomodato sulla libreria. Vedendolo tranquillo, si apprestò ad ascoltare le due persone che aveva davanti.
“Siamo qui per organizzare il funerale della mia cara mamma…”, esordì la donna soffiandosi il naso con un fazzoletto ricamato con un filo dorato e le iniziali su un angolo, mentre il marito le teneva l’altra mano.
“…Avrebbe compiuto cent’anni il prossimo ottobre…lei ci teneva, l’avremmo festeggiata con una grande festa…con tanto di auguri sul giornale”, continuò la donna. “Purtroppo, si è spenta nel sonno…”.
Lapidario ascoltò le richieste della coppia per organizzare il funerale. A un tratto, i due si guardarono negli occhi.
“Era un desiderio della mamma, Giancarlo, non posso non accontentarla…”
Poi, la signora guardò decisa Lapidario.
“Mia madre adorava il suo gatto Bibi, ha trascorso gli ultimi anni della sua vita con lui, amandolo come un figlio. Lo aveva trovato ferito e lo aveva allevato senza fargli mancare nulla. Ha sempre detto che desiderava essere sepolta insieme a lui…”
Lapidario deglutì e si assicurò di aver capito bene.
“Desiderio legittimo, lo capisco…ma il gatto, dove sarebbe…”
“Proprio qui…”, rispose la donna. Poi, dalla grossa borsa che aveva depositato ai suoi piedi estrasse una cassettina.
“Qui ci sono le ceneri di Bibi…purtroppo ha preceduto mia madre, causandole un immenso dolore. Dopo la sua scomparsa, la mamma non è stata più la stessa, si è lasciata andare, ma ha sempre detto che il suo più grande desiderio è essere sepolta insieme al suo amato gattone”.
Lapidario sorrise. “Credo proprio che si possa fare…”, li rassicurò.
“E questa è la foto che mamma avrebbe voluto sulla sua lapide…Lei con in braccio il suo amato Bibi”. La tese a Lapidario, che ebbe un sussulto. Nell’immagine era ritratta l’anziana signora con un grosso gattone rosso tra le braccia. Il micio aveva un collarino blu ed era privo di un occhio!
Lanciò un’occhiata verso la libreria, ma il micio non c’era più. Udì distintamente il suo “ron ron” ai piedi della signora che gli aveva appena consegnato la fotografia. Lei non sembrava affatto accorgersi della presenza del micio, e nemmeno suo marito.
“Ma, allora…”
“C’è forse qualche problema?”, domandò la signora.
“No, nessuno, stavo solo riflettendo a voce alta.

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Quando la coppia uscì, gli occhi del gatto si fissarono in quelli di Lapidario.
“Ho capito, vecchio mio, sei qui per aspettare la tua padrona, vero? Sono sempre stato focalizzato sulle anime delle persone, che non mi sono accorto che anche tu sei uno spirito…Mi hai fatto tanta compagnia, sai? Ma è giusto che tu vada insieme a lei, domani…”.
Così, durante le esequie dell’anziana signora, Lapidario vide quello che nessun altro poteva vedere: una donna elegante, sulla cinquantina, dalla linea invidiabile e dalla grande signorilità, che tra la folla di parenti tristi per la sua scomparsa, si chinava ad accarezzare un grosso gattone rosso con un collarino blu e un occhio solo. Lapidario sapeva che gli spiriti dei defunti assumevano l’aspetto dei loro “anni migliori” e la centenaria doveva aver molto apprezzato il suo mezzo secolo. La vide prendere in braccio il micione e dirigersi insieme a lui verso la luce.

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