Una zampa sul cuore - Una nuova avventura di Rodolfo Lapidario -
Di Manuela Fiorini 14 settembre 2019 - In gioventù, Matilde era stata una sua vecchia fiamma. Per lei, invece, Rodolfo Lapidario non era che un buon amico, quello a cui rivolgersi per le confidenze e le consolazioni. Così, lui l’aveva vista sposarsi, avere un figlio, che ora era diventato uomo e che viveva lontano, e rimanere vedova abbastanza giovane. La intravedeva di tanto in tanto, poiché vivevano nella stessa città, ma i loro rapporti erano limitati ai saluti garbati, dal momento che Matilde aveva frequentazioni diverse, per non dire più “elevate”. Con il suo mestiere di impresario di pompe funebri, invece, Lapidario non aveva molte amicizie. La gente preferiva tenersi alla larga per una sorta di scaramanzia. “Tanto, prima o poi, ognuno di noi dovrà avere a che fare con te…”, scherzò una volta un conoscente al bar. Lapidario aveva sorriso, perché la sua solitudine era solo apparente. Il suo dono di vedere e parlare con le anime dei defunti gli rendeva la vita piuttosto movimentata, considerando che per accontentare le loro richieste doveva mettere in campo tutte le sue doti diplomatiche per interagire con i parenti rimasti in vita.
Quel pomeriggio tardo, Matilde gli apparve in tutta la sua fragile e attempata bellezza. Se ne stava seduta da sola, al tavolino di un bistrot, sorseggiando il suo tè fumante, con lo sguardo perso nel vuoto. Lo colpì l’immensa tristezza disegnata negli occhi di lei, così, Lapidario prese il coraggio a due mani e, per la prima volta in vita sua, anche l’iniziativa.
“Buonasera, Matilde…”
“Rodolfo, ciao…”, gli rispose lei con la sua voce sottile. Poi, inaspettatamente, lo invitò a sedersi. Lui acconsentì.
“Com’è avere a che fare ogni giorno con la morte?”, gli domandò lei all’improvviso, “Ci si abitua mai?”.
Rodolfo non poteva certo essere del tutto sincero, data la sua facoltà di intravedere “che cosa succede dopo”, anche se le anime dei defunti gli si manifestavano solo e se ne avevano voglia, se avevano delle richieste da fargli e, comunque, fino al momento in cui non decidevano di andare nella luce e passare oltre, dove non gli era mai stato dato a sapere. Perché il suo dono si fermava lì, davanti a quel muro di luce che le anime attraversavano quando era il momento di lasciare definitivamente la Terra. Così, le rispose con un’altra domanda, per sviare il discorso.
“C’è qualcosa che ti preoccupata, Matilde?”.
Era come se lei aspettasse quella domanda per aprirsi alle confidenze.
“Temo che presto sarò di nuovo sola Rodolfo…”
Il pensiero di lui andò al figlio di Matilde, lontano per lavoro, e si preoccupò.
“Dopo la scomparsa di mio marito e la partenza di Giorgio, per sentirmi meno sola adottai un cane dal canile cittadino. Quel cane in questi anni è stata la mia compagnia, migliore di quella di molti umani…”.
“Ti capisco perfettamente, Matilde…”.
Lo disse con il cuore, perché grazie al suo dono, aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi come il legame con un animale domestico andasse anche oltre la morte, dell’animale stesso o del suo umano.
“…Ma ora il mio Biagio sta per lasciarmi…”, continuò Matilde con gli occhi lucidi per l’emozione. “Ha sedici anni, e anche se a me sembrano pochi, per un cane è la fine della sua vita…”
“La vita migliore che potesse avere…”, le rispose Rodolfo per darle un po’ di conforto. “Sì, ho cercato di non fargli mancare nulla, ma sono comunque convinta che mi mancherà tantissimo”.
Rodolfo mise la sua mano su quella dell’amica, poi le rivolse un sorriso.
“Non posso impedire che accada, Matilde cara, ma, se vuoi, quando verrà il momento, puoi affidarmi le spoglie del tuo Biagio”.
“Ti occupi anche di animali?”, domandò lei stupita.
“Di norma no. Ma per un’amica posso fare un’eccezione…”.
Congedandosi da Matilde, Rodolfo si ricordò di un contatto che aveva preso durante l’ultima fiera di settore, quello delle Onoranze Funebri, a cui aveva partecipato. La novità lo aveva davvero colpito, per questo aveva conservato il biglietto da visita. Avrebbe chiamato il collega per fare un dono alla sua amica.
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Poche settimane dopo, Matilde entrò nella sua agenzia in lacrime, annunciandole che il suo amato cane l’aveva lasciata.
“Lo sapevo, ma non ero comunque pronta a separarmi da lui…”.
Rodolfo la consolò come poté, dicendole con sicurezza che, un giorno lo avrebbe rivisto…ma lei la prese come una frase di circostanza. Rodolfo, invece, si convinse che quello che aveva intenzione di fare era la cosa giusta.
Si occupò delle spoglie del cane come se si trattasse di una persona. Lo fece cremare da una ditta specializzata, poi trovò quel biglietto da visita e compose il numero di telefono.
“Sei il primo che me lo chiede…”, gli disse il collega dall’altra parte. "Ci vorrà almeno un mese e naturalmente ci saranno delle spese”.
“Nessun problema, saranno a mio carico. È un regalo che voglio fare a un’amica”.
Così, le ceneri di Biagio partirono per gli Stati Uniti con un Corriere Espresso. Per circa un mese, Rodolfo dovette inventare ogni sorta di scusa con un’inconsolabile e affranta Matilde, che gli chiedeva notizie del suo amato Biagio. Lo stesso Biagio, o, meglio, lo spirito dell’animale, lo tallonava persino in bagno, guaendo preoccupato per lo stato d’animo della sua amata umana.
“Non preoccuparti, amico, devi solo avere pazienza. Ho trovato una soluzione che consolerà lei qui sulla Terra e consentirà a te di andartene oltre sereno, almeno fino al momento in cui tornerai a prenderla. Spero il più tardi possibile…”.
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Un mese e un giorno. Tanto passò da quando le ceneri del cane Biagio erano state inviate negli Stati Uniti tramite la ditta del suo collega. Lapidario stava sulle spine, finché un mattino, il corriere giunse nell’ufficio delle Onoranze Funebri con un pacco a lui indirizzato.
“Calma, calma, amico…”, disse allo spirito del cane che manifestava una gioia incontenibile, invisibile a tutti, tranne che a Rodolfo. Nel pacco c’era un certificato di garanzia, un libretto rilegato con le foto più belle di Matilde e Biagio e la loro storia, e, in una scatolina da oreficeria, un ciondolo a forma di zampetta, realizzato con le ceneri dell’animale.
“Dici che le piacerà?”, domandò allo spirito del cane.
Per tutta risposta, lui emise un “bau” deciso.
Quando Matilde ricevette quel dono, pianse dall’emozione. Strinse a sé il libretto e il ciondolo, poi chiese a Rodolfo di aiutarla a indossarlo. “Così lui sarà sempre con me, qui, sul mio cuore. Grazie, Rodolfo, te ne sarò grata per tutta la vita”.
“Sono felice che ti sia piaciuto, Matilde…”, disse congedandosi da lei.
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Trascorsero tre settimane. Rodolfo Lapidario aveva organizzato tre funerali, ma, fino a quel momento, nessun spirito si era manifestato a lui con richieste particolari. Segno che i defunti erano appagati, se ne erano andati senza lasciare nulla in sospeso e le loro ultime volontà erano state rispettate. Una sera, la temperatura dell’ufficio scese di colpo e una folata di vento lo fece rabbrividire. Lapidario conosceva bene quella sensazione, così, si preparò ad accogliere un’anima e ad ascoltare le sue richieste. Si guardò intorno, ma non vide nessuno spirito…finchè non udì distintamente un ansare…
“Biagio! Che cosa ci fai ancora qui?”, domandò stupito, scorgendo ai suoi piedi lo spirito del cane della sua amica Matilde.
Non avendo il dono della parola, nemmeno dopo il trapasso, l’animale continuava a seguirlo, tentando di farsi capire. Non avendo mai avuto cani, Lapidario era piuttosto ottuso sul loro linguaggio e comportamenti. Il ché non faceva che rendere lo spirito dell’animale ancora più…molesto. Lapidario se lo trovava sul letto, sul divano, seduto sulla poltroncina degli ospiti e persino a fare il saltimbanco tra i parenti affranti dei defunti. Non poteva andare avanti così…doveva capire perché lo spirito del cane fosse ancora sulla Terra.
Lo capì una mattina, mentre consumava la colazione in ufficio, sfogliando il giornale. Arrivato in fondo, una folata di vento fece volare a terra le pagine del quotidiano. Biagio si sedette imperiosamente sopra una di esse. Allora, Lapidario la notò: era la pagina riservata alle adozioni di cani ospitati nel canile comunale, con tanto di storia e di foto, una pagina che veniva pubblicata ogni venerdì.
“È questo che vuoi suggerirmi, amico? Hai ragione, Matilde deve sentirsi comunque sola, anche con la zampetta con le tue ceneri al collo…La chiamerò, con un’altra sorpresa…”. Il cane parve apprezzare.
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Le diede appuntamento al parco, un sabato pomeriggio d’autunno. Arrivò con una scatola bucata. Quando l’aprì, Matilde pianse ancora per l’emozione, ma era un’emozione positiva, di felicità.
Prese tra le braccia il cucciolo e lo strinse a sé, baciandolo, annusandolo, accarezzandolo, come per assorbirlo con tutti e cinque i sensi…
“Che tu ci creda o no, non è un dono da parte mia, ma da parte di Biagio…”, le disse convinto.
E in quel momento, un cane dall’espressione felice, attraversò quello che chiamano il Ponte dell’Arcobaleno.
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