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Corruzione, falso, truffa e peculato: i carabinieri di Parma hanno dato esecuzione a una misura cautelare, conseguente a un'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Parma, nei confronti dei vertici del Comune di Polesine-Zibello. Sequestrati 40.000€.

Di LGC 23 ottobre 2018 - Diversi i soggetti coinvolti a vario titolo nel terremoto giudiziario che ha colpito il Comune di Polesi Zibello. Oltre a Andrea Censi, posto agli arresti domiciliari, sono stati colpiti da misure cautelari anche altri 3 ruoli apicali dell'amministrazione comunale.

Come confermato dal Procuratore Capo Alfonso D'Avino, in occasione della conferenza stampa odierna, anche i responsabili di alcune attività, che hanno disposto servizi a favore del Comune, sono sotto indagine e un imprenditore Avicolo della zona, favorito in occasione dell'ampliamento dello stabilimento, è stato chiamato a rispondere del reato di corruzione.

Un'indagine molto complessa, condotta dalla stazione locale dei Carabinieri, e coordinata dalla Procura di Parma, che ha preso avvio nel 2016 sulla base di una serie di "voci di corridoio".
"Colpisce di questa vicenda, dichiara il Procuratore Capo Alfonso D'Avino, come sottolineato dal GIP, l'uso della struttura comunale come fatto personale e lo si capisce da tutta una serie di atti pubblici e un uso indebito e continuativo di mezzi dell'amministrazione."

Corruzione, falso, truffa e peculato, questi i reati contestati. Addirittura sarebbero decine la delibere falsificate, mentre alcuni contributi, destinati a enti privati del territorio, sarebbero stati, in parte destinati a ulteriori terzi soggetti creditori "privati" di uno dei soggetti coinvolti.

Insomma una massa di operazioni che non potevano passare inosservate tant'è che alcuni dipendenti "infedeli" sarebbero stati "isolati".

Andrea Censi è uno degli amministratori provinciali da più tempo in carica, prima venne eletto Sindaco di Zibello, quindi di Polesine e infine primo cittadino dei due Comuni giunti a fusione.

 

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La Guardia di Finanza di Ravenna ha recentemente concluso un'attività di indagine che ha portato alla luce un'intricata storia fatta di menzogne, avances e minacce poste in essere negli anni da una trentaseienne italiana residente nel ravennate a discapito di alcuni uomini rimasti vittima dei suoi ricatti.

Gli accertamenti hanno avuto inizio nel 2016, a seguito di una querela presentata da un cittadino ferrarese nei confronti della donna, conosciuta su un sito on line di incontri, per il reato di truffa. In sintesi l'uomo ha denunciato di aver dovuto sborsare decine di migliaia di euro per aiutare la donna che, riferendogli circostanze poi risultate non vere, quali la necessità di curare fantomatiche patologie tumorali e di interrompere una gravidanza in realtà inesistente, lo aveva indotto a consegnarle oltre 160 mila euro attraverso bonifici bancari, versamenti in contanti e addirittura mediante la sottoscrizione di finanziamenti a beneficio della stessa.

Muovendo da questo caso, le Fiamme Gialle hanno sviluppato una serie di indagini che hanno consentito non solo di verificare la veridicità di quanto denunciato dall'uomo, ma anche di portare alla luce altri casi analoghi.

In particolare è emerso che la donna aveva nel tempo circuito anche un altro uomo del ravennate che, cedendo alle lusinghe della trentaseienne, ne è ben presto divenuto vittima. La donna infatti, dietro la minaccia di rivelare alla moglie dell'uomo la relazione sentimentale che avevano nel frattempo avviato, lo vessava con quotidiane richieste di denaro contante, per poi giungere ad estorcergli la somma di 25.000 mila euro, importo che il malcapitato si era procurato sottoscrivendo un prestito, con il quale la donna ha acquistato una nuova autovettura.

Al termine delle indagini, svolte sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Ravenna, nella persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa Angela Scorza, le Fiamme Gialle hanno denunciato la donna per i reati di truffa e di estorsione.

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Venerdì, 14 Settembre 2018 10:13

Anziana parmigiana truffata di oltre 150.000 euro

Dai conti bancari e postali dell'anziana (prosciugati), erano stati prelevati oltre 150.000 euro solamente dall'inizio anno. La Polizia di Stato denuncia due donne dell'Ex Jugoslavia. 

Parma -

Nei giorni scorsi agli investigatori della Sezione Antirapine della Squadra Mobile è giunta la segnalazione da parte del personale di un ufficio postale del centro di Parma, che una anziana cliente, nell'ultimo periodo, aveva effettuato ingenti prelievi di denaro adducendo delle motivazioni non plausibili.
In particolare, a partire dal mese di gennaio, la 85enne, oltre ad esaurire i soldi sul proprio libretto postale, aveva smobilitato una polizza e tutti i buoni postali effettuando numerosi prelievi di 2.000 euro ed alle insistenti richieste dell'impiegato riferiva, a volte, che doveva pagare la cauzione ad una donna in carcere in Croazia ed altre che doveva aiutare due famiglie bisognose. Il personale dell'Ufficio postale sapeva che l'anziana viveva sola e non aveva figli oltre a non voler indicare nomi e recapiti di eventuali parenti.

 

LE INDAGINI

Nei giorni scorsi la signora ha chiesto ancora di prelevare 2.000 euro, ottenendone 1.000, e prenotandone altri 2.000 per la mattina seguente.
 Preoccupati che fosse vittima di una qualche azione delittuosa, il personale dell'ufficio postale ha quindi allertato le Forze dell'Ordine. Gi investigatori della Sezione Antirapine si sono recati la mattina seguente presso l'ufficio, prima dell'apertura, richiedendo che venissero fotocopiate le banconote che sarebbero state consegnate in mattinata all'anziana, abitante poco distante.
Gli investigatori si sono quindi posizionati nei pressi dell'ufficio postale e dell'abitazione dell'anziana per individuare a chi desse il denaro e dopo alcune ore, hanno fermato una donna che entrata nello stabile, usciva dopo pochi minuti con il denaro.
Seguita veniva poi fermata ed identificata in K. B. originaria dell'ex Jugoslavia. All'interno della borsa della donna venivano rinvenuti i 1.500 euro ritirati dalla vittima all'ufficio postale (fotocopiati) oltre a numerosi biglietti della lotteria "GrattaeVinci".

 

DA ANNI LA SIGNORA ERA VITTIMA DELLE DUE DONNE

K. B. veniva accompagnata presso gli uffici della squadra mobile, dove con atteggiamenti arroganti alla richiesta di indicare la provenienza del denaro, riferiva che era un aiuto economico che le era stato elargito da una amica.
La 85enne veniva poi convocata presso la Squadra Mobile dove serenamente riferiva che, anni or sono, aveva conosciuto all'esterno della Chiesa da lei frequentata, due straniere, appunto K.B. e L.R. le quali le avevano chiesto un sostegno economico per pagare le bollette e l'affitto di casa (del Comune).
L'anziana da allora, con cadenza settimanale, all'uscita della chiesa trovava le due donne che le chiedevano ed ottenevano i soldi. Nonostante i parrocchiani avessero messo in guardia la signora allontanando le due donne, queste erano riuscite a risalire all'abitazione della vittima continuando a ricevere denaro.
L'anziana ha raccontato agli agenti che negli ultimi tempi, da lei si recava solamente K.B. in quanto le era stato raccontato che L.R. era trattenuta presso il consolato a Milano, per pagare delle multe in Croazia e se non lo avesse fatto l'avrebbero portata in carcere in patria.
Per tale ragione, da alcuni mesi aveva provveduto a "consegnare un po' di soldi" a K.B. affinché li portasse al consolato ed agli avvocati che stavano lavorando per la liberazione di L.R. Anche gli ultimi 1500 €.

 

OLTRE 150.000 EURO SOLAMENTE DALL'INIZIO ANNO

 


Le successive indagini hanno portato ad identificare compiutamente la complice di K.B. e ad accertare che, dai conti bancari e postali dell'anziana (prosciugati), erano stati prelevati oltre 150.000 euro solamente dall'inizio anno.

Per tale ragione K. B. classe 1965 originaria dell'ex Jugoslavia e L. R. classe 1956 originaria della Croazia venivano indagate in stato di libertà alla locale A.G. per i reati di truffa aggravata continuata in concorso.

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Due casi in poche ore tra Altedo e Castel San Pietro. I Carabinieri hanno denunciato un 45enne di Noto (SR) e un ventenne romano residente a Noto (SR).

La truffa dello specchietto retrovisore rotto: quarantacinquenne di Noto denunciata dai Carabinieri.
I Carabinieri della Stazione di Altedo hanno denunciato una quarantacinquenne di Noto (SR) per tentata truffa. E' successo qualche giorno fa, quando la malvivente, al volante di un'Alfa Romeo 147, con un passeggero a bordo, ha messo in atto "la "tecnica dello specchietto retrovisore rotto" ai danni di due automobiliste, una casalinga sessantottenne e una pensionata settantatreenne che stavano transitando in via del Corso.

La truffa non è stata portata a termine perché le vittime erano a conoscenza del fenomeno e quando si sono viste affiancare dalla truffatrice hanno capito cosa stava succedendo e seppur spaventate, hanno trovato la forza di reagire, respingendo qualsiasi addebito e recandosi subito dai Carabinieri per raccontare l'accaduto. Appresa la notizia, i militari hanno informato la Centrale Operativa dei Carabinieri di Molinella che a sua volta ha ordinato le ricerche dell'auto sospetta a tutte le pattuglie presenti sul quel territorio. Pochi minuti dopo, l'Alfa Romeo 147 è stata bloccata dai Carabinieri di Budrio. Alla guida dell'auto c'era la quarantacinquenne di Noto (SR), mentre seduto al suo fianco c'era un diciassettenne. La donna è stata riconosciuta da entrambe le vittime. Ispezionando l'automobile, i Carabinieri hanno trovato un bullone nella tasca laterale dello sportello anteriore, lato passeggero e hanno notato che lo specchietto retrovisore esterno, lato guidatore, si staccava dal resto della sua struttura di plastica, rendendolo "pronto all'uso" nella citata tipologia di truffa.

Castel San Pietro Terme, 28 luglio 2018 – La truffa dello specchietto retrovisore rotto: ventenne denunciato dai Carabinieri.
I Carabinieri della Stazione di Castel San Pietro Terme hanno denunciato un ventenne romano, residente a Noto (SR) per tentata truffa. E' successo mercoledì mattina, quando una sessantacinquenne italiana è andata dai Carabinieri per denunciare un giovane che aveva tentato di truffarla con la "tecnica dello specchietto retrovisore rotto" nei pressi del parcheggio dell'Ospedale di Castel San Pietro Terme.

La vittima riferiva ai militari che, dopo aver sentito un tonfo metallico sullo sportello della sua auto, un giovane alla guida di una Ford Fiesta aveva attirato la sua attenzione dicendole: "Non vedi cosa mi hai fatto signora? Mi hai danneggiato lo specchietto dell'auto". In seguito, la sessantacinquenne affermava che il ragazzo pretendeva di essere risarcito subito con 170 euro in contanti, per evitare di mettere in mezzo le compagnie assicurative. Anche in questo caso, però, la vittima, a conoscenza dell'attività informativa dei Carabinieri sulle truffe agli anziani e delle notizie riportate sulla cronaca locale, ha respinto ogni addebito, si è scritta il numero di targa dell'auto in uso al giovane e ha chiamato il 112. Il truffatore è salito velocemente in macchina ed è fuggito. Durante le indagini, i Carabinieri sono riusciti a risalire al ventenne romano, un ragazzo con precedenti di polizia specifici.

 

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L'operazione congiunta OLAF e Guardia di Finanza di Chiavari - dipendente dal I Gruppo Genova - ha disvelato un intricato sistema di frodi, attraverso il quale sono stati sottratti oltre 1,4 milioni di euro di fondi dell'Unione europea.

Genova 16 febbraio 2018 - L'attività d'indagine - a carattere internazionale e che ha visto coinvolto società stabilite in Italia, Francia, Romania e Regno Unito - ha consentito di ricostruire il complesso meccanismo fraudolento anche grazie a una stretta cooperazione internazionale, assicurata tra il II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza e l'Ufficio Europeo Anti-Frode (OLAF) della Commissione Europea, che aveva avviato un'indagine su presunte irregolarità in un progetto di ricerca e innovazione, finanziato con fondi dell'UE e gestito da un consorzio europeo.

Dalle investigazioni eseguite dalle Fiamme Gialle liguri e dagli investigatori OLAF è emerso che il gruppo di società interessato, guidato da una coppia di coniugi italiani, con partner in Francia, Romania a Regno Unito, avrebbe dovuto realizzare due prototipi di hovercraft, da utilizzare come veicoli nautici di emergenza in caso di incidenti ambientali.

A seguito di un controllo sul posto, eseguito in Italia dall'OLAF unitamente ai militari della Guardia di Finanza di Chiavari, non sono stati rinvenuti hovercraft perfettamente funzionanti, ma soltanto parti di uno scafo in vetroresina, un motore e vari componenti disassemblati.

Nel corso delle indagini è emerso che, per ottenere i finanziamenti, i due coniugi avevano falsamente attestato la sussistenza dei requisiti richiesti per l'esecuzione del progetto, a fronte di quella che in realtà era un'oggettiva inadeguatezza strutturale ed economica delle società a loro riconducibili.
Ulteriori attività, condotte nel Regno Unito dall'OLAF, hanno rivelato che il partner britannico esisteva solo sulla carta: la società era stata infatti costituita e gestita dalla stessa coppia di coniugi italiani che ha agito come leader del consorzio. Una volta ottenuti i fondi UE, i beneficiari italiani hanno utilizzato altre società, gestite da "prestanome" e sempre a loro riconducibili, per sottrarre le somme.

Per simulare l'effettivo sviluppo del progetto e distrarre i fondi, erano stati contabilizzati costi fittizi, attraverso l'indicazione nei bilanci delle società riconducibili alla coppia italiana, di falsi acquisti di carburante e rimborsi nei confronti dei soci. In pratica, gli imprenditori italiani utilizzavano degli artifizi contabili, creando documentalmente dei "falsi" debiti da parte delle società nei loro confronti, che poi venivano ricompensanti con prelevamenti "reali" di contanti.

L'analisi della documentazione bancaria eseguita dai finanzieri, attraverso l'esame di oltre 12.000 transazioni finanziarie e pagamenti effettuati nel progetto, ha confermato che parte dei fondi UE, ricevuti dai partner italiani e britannici del consorzio, era stata utilizzata per estinguere un'ipoteca accesa su un castello, oggi oggetto di sequestro da parte della Procura di Genova.

II castello apparteneva ufficialmente ad un'altra società britannica, originariamente costituita dalla stessa coppia italiana, le cui quote venivano, poi, cedute a una società statunitense, costituita nel Delaware.

In tale contesto, l'OLAF accertava che anche quest'ultima società statunitense era sempre riconducibile agli stessi coniugi italiani. Sulla base delle informazioni direttamente acquisite e di quelle fornite dall'OLAF, la Guardia di Finanza ha sottoposto a verifica fiscale le varie società riconducibili ai due coniugi-imprenditori.
Tra queste, anche una società di diritto inglese, che era stata fittiziamente localizzata all'estero per beneficiare di un regime fiscale più
vantaggioso di quello nazionale.

Le attività ispettive hanno consentito di constatare complessivamente quasi 2 milioni di euro di base imponibile sottratta a tassazione.

Gli indagati, che rischiano fino a trent'anni di reclusione, dovranno rispondere di malversazione e truffa ai danni dell'UE, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta e dichiarazione fraudolenta.

Nei prossimi giorni la Guardia di Finanza invierà una segnalazione alla Corte dei Conti, al fine di quantificare il valore del danno erariale.

(In allegato le slide della conferenza stampa)

 

 

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Operazione "Mister James": in corso di esecuzione 8 custodie cautelari nei confronti di un'associazione a delinquere finalizzata all'abusivismo finanziario, alla commissione di bancarotte, truffe, ricettazione e appropriazione indebita. Identificate false fidejussioni per oltre 200 milioni di euro.

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Forlì, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, stanno eseguendo n. 8 ordinanze di custodia cautelare (2 in carcere e 6 nella misura degli arresti domiciliari) nell'ambito di un'indagine condotta nei confronti di un'associazione a delinquere, operante in Italia ed all'estero, dedita alla commissione di una pluralità di reati quali: l'abusivismo finanziario, la bancarotta fraudolenta, truffe, anche aggravate, realizzate mediante emissioni di garanzie fideiussorie false, ricettazione ed appropriazione indebita.

Gli accertamenti esperiti, avviati nel decorso 2016, hanno consentito di poter deferire all'A.G. inquirente n. 34 soggetti, delineando – al contempo – le ramificazioni e la struttura dell'associazione a delinquere che, pur avendo sede nel territorio forlivese operava anche in Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia attraverso più società.

Importante, al fine della ricostruzione delle movimentazioni finanziarie, l'apporto fornito dalle segnalazioni per operazioni sospette generate dai presidi antiriciclaggio che hanno consentito d'individuare ingenti flussi finanziari dirottati anche su banche estere site nel Principato di Monaco e Malta.

Nello specifico, il modus operandi dell'associazione prevedeva di:
- emettere false polizze fideiussorie a favore di terzi soggetti procurandosi illeciti guadagni;
- individuare società che versavano in grave crisi finanziaria, acquisendole attraverso società di comodo create ad hoc ed intestate a "teste di legno" prive di fonti reddito;
- stipulare contratti d'affitto d'azienda attraverso i quali garantirsi la gestione dell'azienda acquisita in ogni suo aspetto e quindi procedere alla definitiva "spoliazione" di tutti i beni finanziari e strumentali, anche mediante la contestuale rivendita a terzi soggetti;
- fornire alla platea dei creditori delle aziende acquisite, false garanzie fideiussorie, per altro dietro il pagamento di lauti corrispettivi, al fine di procrastinare nel tempo ogni attività volta al soddisfacimento dei propri crediti.

Con riferimento alle false garanzie fideiussorie, le stesse venivano immesse sul mercato a nome di uno "pseudo" istituto di credito con sede a Londra, di altro istituto di credito realmente operante ma totalmente all'oscuro di tali operazioni, con sede a Stoccolma, nonché attraverso società finanziarie italiane non abilitate e prive di qualsiasi copertura finanziaria atta a soddisfare i creditori.

Nel corso dell'articolata attività investigativa è stato già accertato il pagamento di premi per un capitale garantito pari a circa 50 milioni di euro mentre sono in corso ulteriori accertamenti su polizze che si ritiene possano essere state proposte / stipulate per ulteriori 150 milioni.

Tra i beneficiari delle false polizze fideiussorie, oltre a privati ed imprenditori, figurano anche istituti di credito ed enti pubblici; allo stato 150 risultano gli episodi di truffa ricostruiti.

Tra questi si segnala il tentato acquisto della OLIDATA Spa, storica azienda romagnola leader nazionale nel settore dell'ICT e primo produttore di PC in Europa. L'acquisizione, tentata attraverso il coinvolgimento di un investitore – già noto alle cronache giudiziarie per aver tentato la scalata della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio – che utilizzando un fondo del Qatar avrebbe acquisito quote della società cesenate, veniva bloccata dallo stesso management OLIDATA a seguito di riscontri effettuati sulla "consistenza" del fondo.

 

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Truffa ai danni dell'INPS di circa 300.000 euro. Denunciate 12 persone che riscuotevano le pensioni di parenti deceduti. 

Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Bologna, in collaborazione con la Direzione Centrale Audit dell'INPS, la sede provinciale di Bologna del medesimo Istituto di previdenza e il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, hanno denunciato alla locale Procura della Repubblica 12 persone per aver riscosso indebitamente le pensioni di loro parenti deceduti per un importo di oltre 272 mila euro.

Nei confronti di 9 di essi, il GIP del Tribunale di Bologna, dott.sa Rossella Materia, su richiesta della Procura della Repubblica felsinea, nella persona del Sostituto Procuratore dott. Luca Alfredo Davide Venturi, che ha coordinato le indagini, ha emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente delle somme di denaro illegittimamente incassate – quantificate in circa euro 160.000 - al fine di sottrarre alla disponibilità degli indagati il corrispondente illecito profitto. Il risultato odierno costituisce la seconda tranche di una indagine partita nel 2016 che inizialmente aveva interessato il solo comune di Bologna permettendo di individuare 4 persone che avevano percepito le pensioni di defunti per un importo complessivo di oltre 190 mila euro. In questa seconda fase, invece, gli accertamenti sono stati estesi all'intero ambito provinciale.

In particolare, i finanzieri del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna nel corso di questa nuova attività, attraverso l'approfondimento di 25.000 posizioni di soggetti deceduti nel triennio 2013/2015 hanno scovato ulteriori 12 persone, tutte residenti nella provincia di Bologna (ad eccezione di una residente nella provincia di Ravenna), che, nascondendo all'INPS il decesso di loro congiunti, hanno usufruito illegalmente delle loro pensioni favoriti anche dal fatto che la maggior parte di loro era delegata ad operare sui conti correnti bancari dei parenti estinti. In un caso è stato riscontrato che uno dei soggetti smascherati ha riscosso la pensione di un familiare morto più di tre anni prima, intascando quasi 62.000 euro attraverso ripetuti prelievi bancomat. Le persone denunciate – 3 delle quali saranno perseguibili solo in via amministrativa in ragione della lieve entità dell'illecito profitto conseguito – sono state segnalate anche all'INPS, in virtù dell'apposito protocollo d'intesa stipulato tra la Guardia di Finanza e l'ente previdenziale, che peraltro, nella quasi totalità dei casi aveva già avviato autonome procedure di recupero delle rate pensionistiche indebite.

L'attività di contrasto alle frodi nel settore previdenziale condotta dalla Guardia di Finanza mira a garantire l'effettivo sostegno alle fasce più deboli della popolazione, evitando il dispendio di risorse a beneficio di soggetti non aventi diritto.

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Mercoledì, 20 Dicembre 2017 11:22

Truffe. Allerta della questura di Parma

La Questura di Parma comunica che alcuni giorni orsono, una uomo e una donna, di circa 40 anni, avvicinavano una anziana nella zona centrale della città e, spacciandosi per poliziotti, la invitavano ad esibire le banconote che aveva al seguito con la scusa di verificare se fossero false.
La donna presa alla sprovvista, consegnava ai 2 finti poliziotti il denaro che aveva con se - circa 1.000 euro, somma che aveva al seguito per affrontare un imminente viaggio-.

L'uomo e la donna ricevuto il denaro si davano a precipitosa fuga facendo perdere le loro tracce.

La polizia raccomanda alla cittadinanza di fare massima attenzione, di diffidare degli sconosciuti che si presentano con le più disparate scuse, quali verifiche per fughe di gas, controllo contatori, presenza di mercurio nell'acqua dell'abitazione, incidenti stradali che vedono coinvolti familiari, trattandosi di pretesti per introdursi in casa, prelevare soldi ed oggetti in oro e/o comunque farsi consegnare ingenti somme di denaro richieste come necessarie per evitare l'arresto di parenti.
Si ribadisce l'invito a contattare i numeri di pronto intervento, 112 e 113, in caso di ogni qualsivoglia dubbio o sospetto.

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Martedì, 19 Dicembre 2017 16:59

A Modena arriva la truffa del foglietto

Il tono è vagamente intimidatorio e non ammette repliche: "Oggi mi hai segnato la fiancata dell'auto, ho le foto», oppure "Mi hai tamponato e sei fuggito, ma ti ho preso la targa". Sono le frasi scritte a mano sui foglietti che alcuni modenesi hanno trovato nei giorni scorsi sotto i tergicristalli o attaccati sulla portiera della propria auto.

Gli episodi sono segnalati dall'Adiconsum Emilia Centrale (associazione consumatori della Cisl), alla quale questi automobilisti si sono rivolti essendo sicuri della propria "innocenza" e di non aver urtato alcun veicolo.

«La prima cosa da fare è avvertire la propria compagnia di assicurazione per disconoscere eventuali denunce di sinistro presentate da un'altra compagnia – consiglia la responsabile di Adiconsum Emilia Centrale Adele Chiara Cangini – Se, invece, il fantomatico danneggiato si fa vivo di persona per chiudere la faccenda senza tirare in ballo l'assicurazione – si suppone dietro versamento di denaro -, allora suggeriamo di chiamare subito le forze dell'ordine».

Naturalmente vale anche il contrario. Se, cioè, sappiamo di aver effettivamente danneggiato un'auto in un parcheggio o nel traffico, correttezza e buona educazione ci impongono di ammettere le nostre responsabilità, lasciare un recapito per farci contattare e mettere la pratica nelle mani degli assicuratori, senza scambio di denaro in nero.

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E' scattata all'alba l'operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Parma che ha condotto all'arresto di 8 componenti di un'organizzazione per delinquere specializzata nelle truffe agli anziani.

Una ventina le vittime cadute nella rete dei malviventi.

Il tutto ha preso avvio dalla segnalazione al 112 di una signora di Parma che ha consentito di dare origine alle indagini.

 

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