Martedì 8 settembre a Modena don Luigi Ciotti e Umberto Ambrosoli protagonisti di un incontro pubblico sul tema della Giustizia
Brutto periodo per il sistema “Giustizia” italiano. Dal ”TonnoGate” a Berlusconi, per passare ai tanti “personaggi comuni” ingiustamente inquisiti e/o condannati. La magistratura d’accusa sembra aver perso l’orientamento. Enzo Tortora potrebbe non essere stato un caso isolato. E se ci fosse dolo?
Per la giustizia è la paralisi, gli avvocati d'Italia chiedono che il Governo metta i soldi. Galletti: assumere personale e informatizzare cancellerie per ripartenza sicura.
Sorpresa, certi alti magistrati sono collusi e strumentali ai partiti, schermati dalla indipendenza della magistratura che invece è riuscita a togliere lo scudo ai parlamentari i quali, almeno in teoria e sino a conclusione del mandato, avrebbero dovuto anch'essi godere di questo sacrosanto principio. Già nel 1985 Francesco Cossiga mandò un Generale di Brigata dei carabinieri alla sede dell'ANM e nel 2008 intervenne in diretta TV per "patolare" Luca Palamara intervistato da Maria Latella sulle dimissioni di Mastella dal Governo Prodi (da ascoltare). Ma che sorpresa!
Nella speranza che possano essere scagionate le due docenti della scuola primaria "Vittorino da Feltre", inquisite e sottoposte a processo relativamente a fatti che riguardano le modalità di esercizio della loro Autorità di Pubblici Ufficiali, riteniamo grave che alcune fonti istituzionali abbiano, a suo tempo, fornito ai cronisti le generalità delle due malcapitate, senza considerare che potrebbero anche essere innocenti (anzi lo sono fino a prova contraria) e quindi ulteriormente danneggiate dalla divulgazione del loro nome, per il solo giudizio di primo grado, sarà necessaria l'audizione di un centinaio di persone per accertare se la loro condotta è stata viziata da qualche illiceità. Un dato numerico che rende tutt'altro che granitiche le ipotesi accusatorie formulate.
L'inchiesta, per quanto è dato sapere, pare sia stata svolta senza che si sia ritenuto necessario il bisogno di avvalersi dell'ausilio o della consulenza di un qualche soggetto in possesso di una qualsivoglia abilitazione all'insegnamento nella Scuola Statale, sono stati invece ritenuti fondamentali i contributi, in funzione accusatoria, di rispettabilissimi professionisti che esercitano attività diverse dalla funzione docente. Quanto sopra sta avvenendo con il colpevole silenzio di tutti i responsabili dell'Amministrazione Scolastica del nostro territorio, i quali, forti della mitezza che contraddistingue gli insegnanti, lasciano sempre il corpo docente indifeso, dimenticandosi che il datore di lavoro deve anche garantire i dipendenti dal patimento di eventuali danni.
Gli attuali gestori dell'Ufficio Scolastico Regionale del Ministero dell'Istruzione non ci risultano particolarmente sensibili a questa necessità. Una forma mentis che talvolta si tramuta anche in una punizione preventiva inflitta prima del triplice grado di giudizio, prima o poi qualcuno dovrà rispondere di ciò. Per noi questo è un problema anche politico e per questo invochiamo che in quel di Bologna vi sia un ricambio urgente. In questo caso piacentino abbiamo notato un ulteriore elemento poco confortante offerto dalla giurisprudenza ad un corpo docente già afflitto da scarse tutele: uno scolaro presunto testimone di condotte contra legem, seppur non annoverato tra le parti offese, viene considerato comunque potenziale danneggiato, tanto da ammetterne la costituzione parte civile nel processo. Intanto, visti i continui procedimenti penali di cui sono purtroppo ricche le cronache, nessuno continua a chiarire quali strumenti debbano avere gli insegnanti a loro disposizione per garantire regolari lezioni.
Non vogliamo entrare nel merito del caso della "Vittorino da Feltre", in quanto non conosciamo gli atti, ma approfittiamo di quest'occasione per chiedere che il legislatore statuisca cosa bisogna fare di fronte a comportamenti non conformi di soggetti spesso infraquattrodicenni, che in violazione delle norme consuetudinarie (in quanto tali anch'esse fonte del diritto), contenute nel Galateo compromettendo il diritto degli altri discenti di seguire le lezioni. Il Pubblico Ufficiale ivi presente quando richiama e redarguisce un soggetto indisciplinato commette un reato? Vessa psicologicamente?
Quando il Pubblico Ufficiale contiene fisicamente soggetti vivaci, che possono creare situazioni di pericolo per la loro e l'altrui incolumità, esercita una legittima funzione autoritativa o commette un abuso? L'insegnante che non viene messo in condizione di poter tenere una lezione a causa di certi comportamenti è legittimato a sospendere la stessa senza che sia passibile di provvedimenti? Sottoponiamo a tutti il seguente quesito: perchè fino ad una ventina d'anni fa gli insegnanti severi erano rispettati ed oggi vengono arrestati?
Salvatore Pizzo
Coordinatore Gilda degli Insegnanti Parma e Piacenza
Sede di Parma – Borgo delle Colonne 32 -43121 - Parma
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SEDE DI PIACENZA: Via S. Marco, 22 – 29100 Piacenza
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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia esprime la sua posizione.
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia – a fronte dell’imminente entrata in vigore dell’art. 1 lettere d), e) ed f) della legge n. 3 del 16 gennaio 2019, che prevede di fatto l’abolizione dell’istituto della prescrizione (perché di questo in effetti si tratta dal momento che, una volta sospesa, non riprenderà mai) – condivide l’opinione contraria di tutta l’avvocatura e di eminenti giuristi che hanno individuato in tale riforma una gravissima violazione dei principi previsti dalla Costituzione e che riguardano la ragionevole durata del processo e la presunzione di non colpevolezza.
Tale riforma, proprio perché non pone un limite di durata al processo penale, finirebbe per protrarre per l’intera vita della persona la condizione di indagato o di imputato, anche se assolto, e non consentirebbe mai alle persone offese di vedere terminare i processi per i fatti di cui sono state vittime.
In altre parole, l’abolizione della prescrizione si risolverebbe in una negazione di giustizia per tutti, contravvenendo ai più elementari principi di equità e civiltà, universalmente riconosciuti.
Per queste ragioni il COA di Reggio Emilia ha deciso di rinnovare l’invito a tutte le rappresentanze dell’Avvocatura affinché si facciano portatrici della richiesta di abrogazione della norma che dispone la sospensione – di fatto, la cancellazione – dell’istituto della prescrizione.
L'Italia. Un paese dove in molti ormai hanno perso fiducia nella giustizia. La stima proviene da un sondaggio svolto da SWG per conto dell'Associazione "Fino a prova contraria". Secondo il sondaggio due terzi degli Italiani ormai non crede più alla magistratura e alla certezza della pena.
Storie di ordinaria follia si susseguono ormai quotidianamente nel nostro paese. Pedofilia, stupri e omicidi sono all'ordine del giorno, e seppur si dica che siano diminuiti certi reati, la verità è che il carnefice spesso la passa liscia o con pena ben più leggera di quanto ci si aspetterebbe, fruendo di sconti di pena, misure di detenzione alternativa o di strutture alternative come le Rems (Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza) che nel tempo hanno sostituito gli ex ospedali psichiatrici, grazie alla consueta e spesso frequente incapacità d'intendere e volere.
Ogni giorno si susseguono casi brutali come quello avvenuto a Roma sul giovane Luca Sacchi, ucciso con un colpo di pistola alla testa dinanzi ad un Pub, mentre cercava di difendere la sua fidanzata da una rapina. Luca aveva solo 24 anni. Come il caso del commerciante reggiano di 61 anni che per 15 anni ha compiuto abusi sessuali sulle due nipoti con le quali aveva sempre vissuto; una di loro era disabile. Una storia finita addirittura con uno sconto di pena, e quindi solo 6 anni di reclusione anziché 7 anni e 4 mesi. Il tutto con la possibilità di uscire anche prima dal carcere per buona condotta.
Storie terribili e quotidiane come l'omicidio di Filomena Cataldi, avvenuto a San Polo di Torrile (PR), dove un vicino di casa, approfittando della propria superiorità fisica, ha brutalmente assassinato con violenza a seguito di una premeditazione, una donna gracile, che mai avrebbe fatto del male a qualcuno. L'omicidio di Filomena, donna conosciuta, amata ed apprezzata da un'intera comunità, è stato punito con una semplice detenzione in REMS per 10 anni per via dell'incapacità d'intendere e volere del carnefice, salvo successivamente valutare la possibilità di un suo reinserimento in società. Insomma famiglie distrutte e il carnefice graziato.
Tutto questo non può essere accettato dall'AVRI e a tal proposito inviamo le dichiarazioni del presidente, Angelo Bertoglio, e dei coordinatori Emilia e Parma, Domenico Muollo e Nicola Scillitani.
"Sono circa 1100 i delinquenti ergastolani che dopo la sentenza della Corte costituzionale sull'ergastolo ostativo, potranno fare richiesta di permessi premio anche in assenza di collaborazione con i magistrati. Come riportato da diversi organi di stampa nelle scorse ore, tra gli oltre 1100 ci sono anche boss mafiosi siciliani Leoluca Bagarella, Giovanni Riina, figlio di del "Capo dei capi" Totò Rinna, gli stragisti Filippo e Giuseppe Graviano; il boss catanese Salvatore Cannizzaro. Ma anche i camorristi dei casalesi, Francesco «Sandokan» Schiavone, Michele Zagaria, l’ex “Re” di Ottaviano Raffaele Cutolo. Non mancano neppure i capi delle ’ndrine calabresi di Gioia Tauro Domenico e Girolamo Molè. Vi rendete conto? Oltre alla già sopracitata lista di galantuomini, ci sono anche terroristi, trafficanti di droga, contrabbandieri e responsabili di reati gravi, come la pedopornografia. Questa “fenomenale” sentenza della Corte Costituzionale, segue la pronuncia della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo e modifica la norma sul cosiddetto ergastolo ostativo - carcere duro. Una sentenza che non passerà in sordina, visto che non riguarderà solo quei circa 1100 galantuomini, ma anche chi sta scontando pene minori per Mafia, terrorismo, ViolenzaSessuale aggravata, Corruzione e in generale i reati contro la pubblica amministrazione. Tutti reati che sino ad oggi impedivano la concessione di qualunque beneficio penitenziario nel presupposto della pericolosità sociale del condannato. Questa sentenza che si è limitata ai permessi premio e non ad altri benefici penitenziari, potrebbe creare un precedente per la concessione di altri benefici penitenziari. Ora vedremo chi intenderà dare battaglia politica e parlamentare seria, ferma e dura su questo scempio e chi invece deciderà di applaudire a tutto questo o peggio chi deciderà di rimanere in silenzio. In Italia, purtroppo, aleggia un grande silenzio per le famiglie delle vittime. Un silenzio assordante nei confronti dei nostri uomini in divisa, ormai per nulla tutelati e per tutte le In-giustizie che accadono ogni giorno. Un silenzio verso quegli italiani che chiedono aiuto simile a quello "offerto" a quelle famiglie che muoiono di fame e che vengono sbattute fuori dalle prorie case, pur non avendo un posto dove andare. Ogni giorno uomoni in divisa vengono ammazzati e cosa si decide di fare ad esempio?! Si toglie la scorta al Capitano Ultimo. Il silenzio continua ad essere predominante per le vittime e per gli italiani, quando invece per la tutela dei carcerati, si odono fin da lontano urla di rivendicazione per i loro diritti negati. Tutto questo mentre il diritto per la vita delle persone oneste, viene negato. Viviamo ormai in un un paese anomalo e bisogna lottare duramente per cambiarlo, riformarlo, riscriverlo totalmente per ridare la certezza al diritto della giustizia e alla dignità per le vittime e per le loro famiglie. ". (Angelo Bertoglio - presidente Avri).
“In un paese normale tutto questo non succederebbe. E’ assurdo concedere premi e “regali” a veri e propri criminali. Sono le vittime che dovrebbero ricevere tutela, dignità e giustizia. Non è accettabile che un assassino, uno stupratore, un pedofilo, un mafioso o un camorrista, debbano ricevere delle tutele quasi maggiori di famiglie ai quali sono stati strappati i loro cari per esempio. Occorre invero fare tutto il contrario. Garantire certezza della pena e inasprire le pene per i reati peggiori. I criminali non devono passarla liscia. Bisogna cancellare sconti di pena, attenuanti e misure alternative per incapacità d’intendere e volere. Un criminale deve andare in galera lì deve rimanere. Non è possibile che una donna violentata, debba sapere che il suo carnefice possa prendere pochi anni di galera e che possa vederlo nuovamente libero a girare per le sue stesse strade. Faremo opposizione durissima a tutto questo!”. (Domenico Muollo e Nicola Scillitani - coordinamento Emilia e Parma).
Incapace di intendere e di volere, quindi assolto l'omicida di Filomena Cataldi. Dovrà scontare 10 anni in una struttura sanitaria, il REMS, sperando che da lì non fugga e vada a soddisfare le sue nuove ossessioni. Il rinnovato appello alle parlamentari parmigiane per intraprendere un percorso di correzione del quadro normativo di riferimento.
Di LGC Parma 12 giugno 2019 - Il Giudice Mattia Fiorentini ha emesso la sentenza e, a fronte di due perizie che stabilivano l'incapacità di intendere e di volere, ha "condannato" l'assassino di Filomena Cataldi a "curarsi" per 10 anni presso il REMS (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza).
Per quanto sconcertante e quindi per certi versi comprensibile l'innalzamento dei toni contro la sentenza, occorre pensare che, con l'attuale quadro normativo non poteva andare diversamente. Una posizione "popolare" che si era evidenziata anche nel sondaggio del 30 marzo e che aveva palesato come la stragrande maggioranza dei partecipanti (85%) fosse per la cura del soggetto ma in una struttura carceraria.
Un quadro normativo, quello attuale, che non garantisce un'equa giustizia e per di più non protegge i familiari delle vittime i quali, al senso di ingiustizia, devono portarsi addosso il fardello dei costi diretti e indiretti di un tale tragico e inimmaginabile evento.
Giustizia e etica, stando così le cose, vengono massacrate e proprio nel paese che dovrebbe essere la culla della giustizia e della cultura non può permettersi un tale paradosso e una così grave "lacuna giudiziaria".
E' proprio per queste ragioni che, nel nostro articolo dello scorso 16 marzo, Rosangela l'amata sorella di Filomena, oltre a raccontare i vari dettagli legali della vicenda e le difficoltà nelle quali tutti i familiari si trovavano, aveva lanciato un invito alle parlamentari parmigiane affinché, coinvolgendo anche altre colleghe di altri schieramenti, si facessero promotrici di una campagna legislativa a favore delle vittime dei reati violenti.
Questa sentenza riapre nuovamente le ferite, che peraltro non si erano ancora rimarginate, ma vogliamo credere possa essere un rinnovato stimolo per far intraprendere il nuovo percorso legislativo che vada a colmare lacune immense.
Cristiano Manuele Segretario Provinciale PSI: Giustizia per Filomena Cataldi -
Di Nicola Comparato - La triste storia di Filomena Cataldi, strappata alla sua famiglia e ai suoi amici più cari da Guelin Fang, di origini cinesi e vicino di casa della vittima ha scosso moltissimo gli animi delle persone, prime fra tutte la sorella Rosangela e la figlia Martina.
Era il 22 agosto del 2018 quando Filomena venne uccise da Fang nella sua abitazione. L'uomo, ora "detenuto" presso la Rems di Mezzani in provincia di Parma, perché ritenuto incapace di intendere e di volere, era convinto che Filomena lo perseguitasse e che stesse tramando contro di lui per ucciderlo. Una cosa senza senso. Un motivo assurdo che ha permesso all'omicida di evitare la detenzione in carcere.
Molti gli appelli e le richieste da parte della famiglia Cataldi e degli amici di Filomena per portare giustizia ed evitare che altre famiglie vivano la loro stessa e terribile situazione. Dalla richiesta di chiusura della Rems di Mezzani che in quanto a sicurezza lascia a desiderare, tenendo conto delle varie evasioni dall' interno della struttura, alla pena da scontare in carcere per assassini, pedofili e stupratori indipendentemente dalla capacità di intendere e di volere, fino alla richiesta dell'istituzione di un fondo governativo per le famiglie vittime di violenza, altrimenti costrette a pagare tutte le spese legali senza la disponibilità di un patrocinio gratuito.
Cristiano Manuele Segretario del Partito Socialista Italiano Federazione di Parma e provincia, che da tempo segue la situazione scrive:
"I Socialisti del Parmense ed in particolare il Direttivo Femminile coordinato da Rosina Trombi, sono da sempre solidali con le famiglie che hanno subito lutti quale conseguenza di crimini efferati. Ricordardo che solamente nel nostro territorio la scia di sangue è molto lunga, molte le donne uccise in questi ultimi anni: Maria Virginia Fereoli, Silvia Mantovani, Elisa Pavarani, Arianna Rivara, Rita Pissarotti, Michelle Campos, Alessia Della Pia, La Kelly e Gabriela Altamirano, Emilia Cosmina Burlan, Domenica Menna, Simonetta Moisè, Ave Ferraguti, Gouesh Woldmichael Gebrehiwot detta Elsa, Dolores Leonardi, Dino Curi Huansi e la mai ritrovata Florentina Nitescu, e consapevoli che nessuna di queste deve essere dimenticata, ci impegneremo, come fatto in passato, in qualsiasi campagna di sensibilizzazione ed educazione. Siamo convinti infatti che questa scia di crimini particolarmente odiosi, perché commessi ai danni delle donne, non sia la reale fotografia della società parmigiana ma un fenomeno negativo che deve essere arrestato con la sinergia delle amministrazioni locali, provinciali e regionali. Alla lista, purtroppo si aggiunge Filomena Cataldi. Ciò che è successo a Filomena è terribile! Mi piacerebbe incontrare la famiglia Cataldi per esprimere personalmente il mio dispiacere. Noi socialisti siamo sempre dalla parte dei più deboli e delle persone che subiscono violenza e ingiustizie. La famiglia Cataldi può contare su noi, la nostra porta è sempre aperta. Rosangela e Martina non saranno lasciate sole. Siamo contro la violenza sulle donne. Giustizia per Filomena Cataldi."
Giustizia. Più vicina ai cittadini, sessanta Uffici di Prossimità in tutto il territorio regionale per consulenze, tutele e informazioni: non sarà più necessario recarsi nei Tribunali per le pratiche che non necessitano di un legale. Oltre due milioni di euro all'Emilia-Romagna
Firmato in Regione il "Patto per una giustizia più efficiente, integrata, digitale". L'assessore Petitti: "Un tema per noi fondamentale, col quale si misura anche il tasso di democraticità della società regionale. Lo dimostrano le tante iniziative che in questi anni abbiamo sostenuto, come il progetto Justice-ER e il protocollo per l'assegnazione temporanea di nostro personale agli uffici giudiziari"
Bologna – Circa sessanta Uffici di Prossimità realizzati in Emilia-Romagna, distribuiti in tutto il territorio regionale. Si tratta di un progetto del Ministero della Giustizia che prevede la creazione di una rete nazionale di punti servizio che consentirà ai cittadini di non recarsi più nei tribunali per tutte le pratiche che non necessitano dell'assistenza di un legale. Con considerevoli vantaggi per quanti risiedono in territori periferici e, dunque, hanno difficoltà ad accedere agli uffici giudiziari.
La novità è stata illustrata oggi in Regione, a Bologna, in occasione della firma del Patto regionale "Per una giustizia più efficiente, integrata, digitale e vicina ai cittadini". Il progetto, di cui l'Emilia-Romagna è prima firmataria in Italia, è finanziato nell'ambito del Piano operativo nazionale (Pon) Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020, rispetto al quale la Regione stessa ha già manifestato il proprio interesse. All'Emilia-Romagna sarà destinato un budget di oltre 2 milioni 153 mila euro per un periodo di tre anni.
Alla sigla del Patto erano presenti l'assessora al Bilancio e Riordino istituzionale Emma Petitti e il sottosegretario del Ministero della Giustizia Vittorio Ferraresi. Fra gli altri intervenuti il presidente della Corte d'Appello di Bologna Giuseppe Colonna, il procuratore generale della Repubblica Ignazio De Francisci e, per la Regione, il direttore generale Risorse, Europa, Innovazioni e Istituzioni Francesco Raphael Frieri.
Il Patto regionale
Una giustizia più vicina ai cittadini, più efficiente, più integrata e più digitale. È l'obiettivo che si vuole raggiungere con il Patto regionale.
Fra le principali finalità, favorire l'interoperabilità tra i sistemi informativi della giustizia e quelli regionali e territoriali per agevolare l'accesso delle istituzioni e dei cittadini al sistema giudiziario e garantire una più agevole tutela dei diritti; promuovere il coordinamento tra Pubbliche amministrazioni territoriali e sistema giudiziari; sostenere progetti di formazione e ricerca sulla reingegnerizzazione dei processi e sull'organizzazione del sistema giustizia e/o dei flussi amministrativi; supportare i servizi del sistema giudiziario territoriale.
Uffici di Prossimità: compiti e risorse
Il progetto "Uffici di Prossimità" ha una dotazione finanziaria di 34 milioni di euro per l'attivazione delle strutture regionali (allestimento delle sedi, formazione del personale, informatizzazione e comunicazione sul territorio con iniziative). La ripartizione delle risorse regionali è stata definita sulla base di alcuni criteri come la dimensione demografica, l'impatto geografico delle sedi soppresse e le iscrizioni a carico pendente in volontaria giurisdizione.
In questi uffici si potrà, ad esempio, ottenere informazione e consulenza su tutele, curatele e amministrazioni di sostegno; reperire la modulistica adottata negli uffici giudiziari; avere un supporto per preparare per attività che non necessitano l'ausilio di un legale; depositare gli atti per gli uffici giudiziari in via telematica.
Le Regioni avranno un ruolo strategico di coordinamento al fine di un corretto dimensionamento e posizionamento dei presidi che potranno essere ospitati dai Comuni e dalle Unioni dei Comuni individuati a seguito di avviso pubblico di manifestazione di interesse.
"Una giustizia efficiente ed efficace– ha detto l'assessora al Bilancio e Riordino istituzionale Emma Petitti-non è solo un fattore di competitività e attrattività per le imprese e gli investimenti, che è tema di grande interesse per questa Regione che ha messo al centro della propria azione il lavoro. È anche un indicatore dell'equità di opportunità nella comunità regionale e garanzia di tutela dei diritti dei cittadini, del loro benessere, della forza amministrativa delle autonomie locali".
La centralità della giustizia per l'intero sistema regionale– ha aggiunto Petitti- è resa ancor più evidente dalle tante iniziative che la Regione in questi anni ha promosso e sostenuto in accordo con gli uffici giudiziari, come il progetto Justice-ER e il protocollo per l'assegnazione temporanea del personale regionale rinnovato lo scorso settembre. Tante iniziative che oggi trovano la loro cornice in questo importante Patto".
"Si tratta di un importante passo sulla strada di maggiori servizi ai cittadini. Questi uffici daranno più informazioni ma anche un sostegno tecnologico a quanti abbiano difficoltà di accesso alle strutture giudiziarie. L'Emilia-Romagna è la prima Regione che firma un Patto che segna l'avvio definitivo di queste nuove realtà", ha commentato il sottosegretario Vittorio Ferraresi. Per Giuseppe Colonna "Regione e Ministero sono stati un prezioso punto di riferimento in questo progetto", mentre Ignazio De Francisci ha ringraziato la Regione "per quanto è stato fatto in questi anni a favore della giustizia in Emilia-Romagna".
In foto: la firma del Patto regionale con l'assessora Petitti e il sottosegretario Ferraresi
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