Domenica, 21 Febbraio 2021 07:00

Giustizia giusta o giusto giudice? In evidenza

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Si è discusso di giustizia a tutto tondo, a partire dal libro "L'avvocato ribelle" presentato dall'autrice  Elisabetta Monica Maggiori, avvocato penalista del foro di Milano che ha partecipato a molti processi anche di valenza nazionale, al convegno web andato in onda giovedi scorso e organizzato da Uni Dolomiti.

Di LGC Parma, 20 febbraio 2021 - Il tema della giustizia è da molti anni ai vertici dell'interesse di politici e di gente comune.  In particolare, a partire dal caso "Mani Pulite", i magistrati hanno sempre più assunto il ruolo di "star" altamente mediatici. Da purificatori della politica a problema centrale della società civile è questa la parabola che ha coinvolto la magistratura italiana negli ultimi decenni. Soprattutto a seguito delle ammissioni del Giudice Palamara, sino a pochi  mesi fa al vertice della casta "degli intoccabili",  il tema della giustizia da "tema" di discussione salottiero,  si è trasformato in "sistema" sul quale riflettere sia a livello politico che della magistratura.

Da diverso tempo venivano segalati qua e là, seppur molto timidamente per rispetto ma soprattutto per timore di ripercussioni, casi di ingiustizia grave o con radicato sospetto di dolo che si sommavano all’annoso tema delle lungaggini dei procedimenti sia civili che penali.  

"L'avvocato Ribelle", scritto dalla penalista Elisabetta Monica Maggiori, è un libro composto da una serie di “racconti” giudiziari, vissuti in prima persona dalla legale, raccolti e pubblicati già diversi mesi prima dell'uscita del volume di confessioni di Palamara, scritto a quattro mani con il giornalista Sallusti.

"Con questo focus sulla Giustizia, sottolinea l'organizzatore e moderatore del convegno Matteo Impagnatiello,  cercheremo di tratteggiare le problematiche, se non tutte evidentemente, sicuramente alcune che appesantiscono il sistema della Giustizia in Italia. «Sistema» (o Cupola): così ha dichiarato Palamara, ex membro del Csm. Ecco, anche questo emergerà nel corso dell'incontro di stasera, che vedrà la presentazione del libro "L'avvocato ribelle" dell'amica Elisabetta Monica Maggiori, valente penalista del foro di Milano, un libro che offre molti spunti per una riforma organica del mondo giudiziario italiano". 

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"Ho cercato di raccontare con parole semplici - introduce Elisabetta Maggiori, come funziona o non funziona la giustizia penale in Italia. Questo perché nei talk show  ho assistito troppo spesso a persone che parlavano in modo inappropriato della giustizia e in modo altamente fuorviante.

Per semplicità, quindi, ho raccontato di casi ai quali ho partecipato direttamente, dove ho potuto vedere le manipolazioni delle prove, le sollecitazioni verso i giornalisti e così della polizia giudiziaria. Ho parlato non solo di casi dove era evidente il dolo da parte dei magistrati, ma anche di casi di colpa grave."

Nel suo intervento la penalista ha raccontato delle grandi pecche che ha riscontrato, a partire dalla bassa preparazione della polizia giudiziaria, elementi che conducono a allungare i tempi dei procedimenti. "… e alla fine - prosegue Elisabetta Monica Maggiori, gli avvocati hanno solo 20 gg di tempo per produrre le memorie", trovandosi frequentemente spiazzati di fronte a fascicoli lacunosi e senza il tempo sufficiente per sviluppare indagini che, a loro volta, richiedono tempo e denaro per essere realizzate.

L'autrice ha approfondito anche il tema delle udienze preliminari e dell'importanza che avrebbero i GUP (Giudice delle Udienze preliminari) e che invece non sembra vogliano assumersi un ruolo di responsabilità nella filiera processuale.  "Il GUP - continua l'avvocata, l'ho denominato passacarte mentre potrebbe diventare una risorsa  molto importante per i propri poteri istruttori, per valutare le prove. Spesso questo giudice non si vuole nemmeno prendere la responsabilità del NON LUOGO A PROCEDERE."

In questo sistema, molti sono i casi, anche riportati dalle cronache televisive, dove gli accusati hanno subito gravissimi danni e alla fine però "la cosa che più mi preme è che i Magistrati non pagano mai, né in caso di dolo accertato, né in caso di colpa grave."

La legge, come è oggi formulata - segnala la penalista, consente che il magistrato non possa rispondere con una somma superiore alla metà dello stipendio annuale.

"E' unna norma che va cambiata e i magistrati devono venire responsabilizzati”, sottolinea Elisabetta Maggiori.

Infine, come molti sospettano e altri hanno invece potuto appurare su sé stessi, denunciare un magistrato può risultare molto pericoloso "perché si può essere oggetto di ritorsioni molto pesanti, come è accaduto all'avvocato che ho difeso io - conclude l'avvocata Maggiori - accusato per associazione mafiosa e poi, dopo essersi fatto persino qualche giorno di carcere, è stato infine prosciolto."

In conclusione, il tema della giustizia andrebbe completamente riformato e in particolare è prioritaria la  "responsabilizzazione del Magistrato, perché non può intromettersi e manipolare impunemente la vita privata, la vita economica e quella la politica. Il Magistrato deve essere una persona seria."

E' stata quindi la volta di Giovanni Paolo Bernini, già assessore al Comune di Parma e collaboratore del ministro Lunardi, a portare la sua diretta testimonianza come già fece, pochi giorni prima, nella trasmissione "Quarta Repubblica".

"Elisabetta le dico che se avessi la fortuna di fare domani il ministro della giustizia, la chiamerei nello staff. Perché quello che lei ha detto è tutto vero." 

Ma l'intervento di Bernini è stato bruscamente interrotto dall'ormai consueta e ignobile aggressione di "disturbatori" che, con bestemmie, imprecazioni, spezzoni di video hard piuttosto che di un cane che azzanna le parti molli di una uomo ormai inerme e trattenuto a terra, tutto nudo, obbligano all’interruzione del convegno.

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Circa 15 minuti dopo, quando l'organizzazione è riuscita a convocare i partecipanti su un altro indirizzo web, Giovanni Paolo Bernini ha potuto riprendere il suo intervento.

"Vero tutto quello che ha detto sulla responsabilità dei magistrati. Nel 2006 accadde che il ministro Di Pietro , arrivato al ministero al posto che era di Lunardi,  impose di non pagare i collaboratori del ministro precedente. Dopo tre anni venni pagato e risarcito, compresi degli interessi maturati.  Tutto venne pagato, non da Di Pietro, ovviamente, ma da tutti Voi."  Il Parlamento - sollecita Bernini, deve decidere perché il tema della giustizia è un tema molto sentito, come dimostrato dai numeri di vendita del  libro di Palamara (250.000 copie).

Prima di Palamara anche l'ex dirigente di Forza Italia aveva scritto un libro che riguardava le sue esperienze con la giustizia e incentrato sulla questione del Procuratore capo di Reggio Emilia, Mescolini, in queste ore sollevato dall'incarico per "incompatibilità ambientale".  

Nel libro "Storie di Ordinaria Ingiustizia", Bernini si interroga su errore o crimine giudiziario  a proposito del ginepraio inestricabile di accuse e processi in cui da un giorno all’altro è stato costretto e intrappolato e  dal quale è uscito "grazie alla parte della magistratura pulita  che c'è e magari è la maggioranza", sottolinea Bernini che infine conclude rimarcando il fatto che se non ci fossero state quelle chat e il libro di Palamara "saremmo ancora qui a discutere sul nulla. In questaRregione il sistema giudiziario è stato fortemente condizionato  dalla politica. E' impensabile che un partito politico decida quale procuratore debba andare in quella provincia"

Dopo il politico parmense, Matteo Impagnatiello porge il microfono virtuale a Luca Tadolini, avvocato del foro reggiano.  "Ringrazio tutti, anche la collega Maggiori per il bellissimo libro che ci ha presentato. Cosa possiamo fare noi avvocati in Emilia Romagna dove abbiamo una situazione così particolare. Ricordo che Togliatti, che è stato ministro nella giustizia nel 1945-46 aveva a suo tempo dichiarato: "Ceto Medio e Emilia Rossa". Un sistema che da allora  non si è mai modificato”.  

Tadolini rammenta anche della posizione della presidente dell'ordine reggiano, Celestina Tinelli, alla fine obbligata alle dimissioni e che peraltro ha anche promesso  una querela nei confronti di Bernini che a Quarta Repubblica l'aveva indicata come la regista della nomina del magistrato Mescolini a capo della Procura reggiana  per conto del Partito democratico, attraverso il pressing sull’ex membro del Csm Luca Palamara.

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E' quindi venuto il momento della relazione del professor Daniele Trabucco, docente costituzionalista:" Mi complimento per il testo della avvocatessa e la testimonianza autorevole del dottor Bernini che ha ripercorso le sue vicissitudini. Mentre stavate parlando mi è venuta in mente una domanda che faccio ai miei ragazzi: “quale è il compito del giudice” e molto spesso mi rispondono spesso "fare giustizia". Ma il concetto di giustizia è stato sostituito dal concetto di validità o non validità, ovvero risolvere un conflitto convenzionalmente con le norme accettate dalle parti."

Insomma Il concetto di "giusto e ingiusto" è stato dimenticato, sottolinea il docente. Occorrerebbe un contributo filosofico che invece è totalmente scomparso.

Il cattedratico sottolinea come "non ci interroghiamo mai della giustezza e la iniquità di quella legge". Abbiamo adottato un modello positivistico il quale fa passare certe norme sula base di una validità, di un certo iter procedurale. Questo fatto, evidentemente, pone dei problemi, obbligando a perseguire il fine che si impone in un determinato contesto. 

Il nostro diritto positivo, quello scritto, non essendo fondato su un ordine ontologico ma su chi detiene in quel momento il potere politico, produrrà delle norme lecite ma potenzialmente molto ingiuste.

Riformare la giustizia, sottolinea Daniele Trabucco, non sarà né semplice e nemmeno un processo rapido perché, stando al costituzionalista, "Bisogna fare una rivoluzione Filosofica e Culturale, quindi  politica e infine legislativa". Per fare delle buone leggi, interpretando i concetti esposti dal docente,  occorrono quindi dei forti pensieri, impostati sulla cultura umana e umanistica e non di parte che infine produrranno delle norme tendenzialmente eque.

Massimo Navatta,  imprenditore e a capo di Navatta Group, espone e testimonia come l’imperfezione della giustizia produca delle ricadute negative e molto pesanti sul sistema imprenditoriale. "Parlo da imprenditore e fruitore e vittima, a volte della giustizia, delle lungaggini in ambito dei contenziosi, per mancati pagamenti e qualunque altra cosa, brevetti compresi. In Italia vince l'ingiustizia più totale e essere onesti sembra una colpa grave. Questa situazione blocca gli investimenti anche delle aziende dall'estero Soprattutto non c'è quella serietà auspicata da parte dei magistrati. Spesso mi è capitato di scoprire all’udienza che, dopo aver prodotto chili di carta, i magistrati non avevano letto nemmeno una pagina e non conoscessero nemmeno il motivo della contestazione”. 

Il Senatore Enrico Aimi , lodando l'iniziativa, si è detto d'accordo con la rivoluzione culturale proposta da Daniele Trabucco, aggiungendovi anche la componente religiosa. Si è soffermato sulle urgenti riforme della magistratura (separazione delle carriere, etc...) esplicitando ed evidenziando che "quando sbaglia, un magistrato non deve essere giudicato da un altro magistrato", per evidenti conflitti di interesse di ordine o di  casta che dir si voglia.

Conclude gli interventi Lamberto Colla, direttore della Gazzetta dell'Emilia & dintorni. 

"Il mio, introduce Lamberto Colla,, sarà un intervento dell'uomo di strada, di una persona che osserva e raccoglie i pareri delle persone più comuni. 

La “legge non è uguale per tutti”, si sente sovente dichiarare, ma altrettanto, a  seconda delle mode del momento,  “la legge è contro gli italiani e a favore dei migranti clandestini” così come pure, a momenti altalenanti si riaccende la rabbia per le rapide scarcerazioni di delinquenti “comuni”. Un parere però, in questo caso, condiviso anche da uomini dello Stato, come ebbi modo di raccogliere da un Questore di una città emiliana. Ma spesso assistiamo alla richiesta di invocazione di una “ giustizia giusta”, quando un qualche “nemico” politico non si è allineato alla demagogia imperante del momento. Da questi semplici esempi, quindi, sembrerebbe che la giustizia sia ingiusta di defaultE per certi versi lo è ma, a ben guardare, il punto nevralgico è il PRIMO GRADO di giudizio.

Se non sbaglio, in ambito penale, quasi una sentenza su due viene riformata in Corte d’appello. In pratica circa il 45% delle pronunce di primo grado è modificato in secondo, in modo parziale o con un ribaltamento dell’esito iniziale. Questo sta a dimostrare che seppure una buona parte della magistratura è per la colpevolezza diffusa, altrettanti giudici, nelle sedi successive, rimettono le cose a posto.

Troppo spesso, infatti, per ottenere giustizia occorre perciò arrivare addirittura al terzo grado di giudizio con un accumulo di costi che non tutti possono permettersi. Temo che il punto focale per abbreviare i processi non sia la riduzione delle garanzie per l’imputato, ad esempio laprescrizione , ma sarebbe già sufficiente, e su questo mi sembra di aver trovato conforto anche tra le rime della autrice del libro,  applicare una BUONA INDAGINE preliminare e conseguente archiviazione per quei procedimenti che hanno una palese genesi politica o di “Vendetta”, e comunque una Indagine ORIENTATA  alla VERITA’ e non invece, come spessissimo accade,  alla ricerca di “prove” a sostegno della accusa!

Purtroppo, è frequente il caso che si emetta una “condanna” ancor prima che venga notoficato l’avviso di garanzia all’imputato, risultato di una eccessiva confidenza instaurata  tra  qualche PM “Star” e i giornalisti che hanno così  la possibilità di “lanciare in anteprima” una notizia e dare  il buco alla concorrenza ma buttando nel tritacarne mediatico dei presunti innocenti. Imputati che vengono quindi condannati lustri prima di una sentenza, magari favorevole, ma ormai non più riabilitativa per molti di queste vittime della ingiustizia.

Un calvario per questi uomini e donne martirizzati , almeno di quel 45% di cui sopra, che pur sapendo di essere innocenti, devono vergognarsi e isolarsi dal lavoro e vita sociale e consumare i propri risparmi per pulirsi del fango gratuito."

Il direttore cita vari esempi di illustri personaggi accusati e infine prosciolti "perché il fatto non sussiste."

"Ad esempio, continua il direttore di giornale, è emblematico il caso dell’ex  Sindaco di Parma PIETRO Vignali che dopo 10 anni, il PM ha candidamente ammesso che “ci siamo sbagliati” o come accaduto a un illustre avvocato di Reggio Emilia, coinvolto suo malgrado nell'inchiesta” Aemilia” si è dovuto fare anche 22 giorni di carcere e del quale leggo una sua dichiarazione pubblica:

"Io, mafioso a mia insaputa. Ho rischiato 12 anni di carcere, Arrestato come un boss, nel cuore della notte. Detenuto per 22 giorni nel carcere di Parma, lo stesso di Totò Riina. «Mi sono piombati in casa alle 3 e mezza, mi sono ritrovato da un minuto all'altro mafioso a mia insaputa, accusato di concorso esterno e con una richiesta di condanna a 12 anni, anzi in realtà a 18, 12 con lo sconto per il rito abbreviato". 

Una situazione però condivisa con tantissimi altri. Infatti, stando al sito “Errorigiudiziari.com”, dal 1991 al 31 dicembre 2019 sono stati ben 28.893 i soggetti che hanno ricevuto una ingiusta carcerazione per un totale di 824 milioni di euro di indennizzi

"Insomma, conclude Lamberto Colla. La giustizia è un fatto umano e come tale è fallibile, ma la libertà, la onorabilità e la dignità delle persone sono valori inviolabili ai quali i magistrati dovrebbero rendere omaggio quotidianamente."

 

 

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