Giovedì, 19 Marzo 2015 09:35

Il gioco non vale la candela, intervista al Presidente del Conagga In evidenza

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Matteo Iori presidente del Conagga Matteo Iori presidente del Conagga

Matteo Iori, presidente del Conagga - Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d'Azzardo - che da 15 anni si occupa di interventi sulla dipendenza da gioco d'azzardo attraverso attività di cura, prevenzione, informazione e trattamento, ha risposto alle domande della Gazzetta dell'Emilia -

- di Federico Bonati -

Reggio Emilia, 19 marzo 2015 –

Accattivanti, affascinanti e insidiose. Sono le centinaia di pubblicità sul gioco d'azzardo alle quali siamo sottoposti, attraverso ogni tipo di mass media, ogni giorno. L'invito al gioco, con la promessa di vincite allettanti rischia di divenire una trappola nella quale molte persone finiscono, assieme ai loro risparmi, ai loro beni, ai loro affetti, alle loro vite. Di ludopatia, gioco d'azzardo e aiuto ai giocatori patologici ne abbiamo parlato con Matteo Iori, presidente del Conagga, da sempre in prima linea in aiuto di chi, nella trappola, c'è finito.

Presidente, cos'è una ludopatia e quando si comprende di essere "malati" di gioco?
Innanzi tutto è opportuno partire da una specifica sui termini. La parola "ludopatico" esiste solo nel nostro Paese e non è sicuramente adeguata. Non esiste una patologia da gioco (ludo), ma esiste da "gioco d'azzardo" ed è per questo che il termine più adatto è "gioco d'azzardo patologico" (o GAP), come chiamato nella comunità scientifica internazionale. Rispetto alla sua domanda, in estrema sintesi, la patologia subentra quando una persona perde il controllo sul gioco d'azzardo e quando questo diventa dannoso per la sua vita: rispetto alle sue possibilità economiche, rispetto al tempo che dedica al gioco, rispetto alle relazioni famigliari o sociali.

Chi è il "giocatore medio"?
Rispetto alla nostra esperienza è, molto frequentemente, un uomo, anche se iniziano ad aumentare le donne rispetto al passato. È, inoltre, una persona frequentemente spostata e con figli, è un lavoratore, e ha mediamente sui 40-45 anni.

La ludopatia crea problemi di carattere sociale, come ad esempio persone che si divorano uno stipendio alle slot. Che tipo di problemi affrontate in quest'ottica voi del Conagga?
Cerchiamo di offrire un trattamento sulla dipendenza da gioco e un supporto alla famiglia; ma al tempo stesso diamo consulenze su temi che molto spesso sono legati a questa dipendenza, quali il sovraindebitamento e l'eventuale usura. Non dimentichiamo, però, l'importanza della prevenzione e dell'informazione e per questo facciamo attività rivolte alla cittadinanza.

Rispetto al resto d'Italia, come vive la provincia di Reggio Emilia la questione della dipendenza da gioco d'azzardo?
La provincia di Reggio è sicuramente un territorio particolarmente fortunato e mi permetto di pensare che la nostra Associazione che già da 15 anni sensibilizza il territorio su questo tema possa avere aiutato una maggior consapevolezza. Ad oggi tutte le maggiori istituzioni territoriali sono ingaggiate su questo tema: la Provincia di Reggio Emilia ha fatto materiale di informazione sul gioco d'azzardo, il Comune ha fatto variazioni specifiche al Piano regolatore, l'Ausl collabora quotidianamente con noi e la nostra Associazione ha aperto cinque gruppi settimanali e una comunità residenziale per giocatori.

Cosa dovrebbero fare le istituzioni locali, regionali e nazionali, per contrastare il trend in aumento dei giocatori seriali?
Informare tutti i giocatori e non solo quelli patologici, sui possibili rischi, mettere in rete e diffondere i luoghi nei quali è possibile trovare un sostegno per la patologia, aiutare i referenti istituzionali del territorio, ossia Comuni e Regioni, a legiferare sul tema per limitare i danni per le fasce più deboli della popolazione, pur nel rispetto di un quadro legislativo uniforme.

Come si aiuta un ludopatico? Quanti, dopo l'aiuto, ricadono nella trappola del gioco?
Ogni persona è a sé e anche la terapia deve essere personalizzata. Molto dipende dalle caratteristiche personali, sociali, culturali e famigliari della persona che chiede aiuto. Generalizzando molto, potremmo dire che comunque l'aiuto passa da una grande comprensione del tema, dall'individuazione di ciò che spinge la persona a giocare, dai bisogni a cui il gioco risponde, del recupero delle risorse proprie della persona e da una forte motivazione nel portare avanti questo impegnativo lavoro. Impegnativo anche perché parecchi giocatori ricadono nella patologia del gioco, ma occorre essere pronti a gestire senza giudizio anche questa situazione dalla quale si potrà ripartire con rinnovato slancio per un trattamento risolutivo.

Che opinione ha in merito alla presenza mediatica del richiamo al gioco d'azzardo, con pubblicità accattivanti proposte in svariate fasce orarie?
Ovviamente la pubblicità spinge molte più persone a giocare d'azzardo e non posso che vederla deleteria, soprattutto per coloro che sono più fragili e più vulnerabili e più facilmente possono sentirsi attratti dalla "grande possibilità di ricchezza".

Presidente, che consiglio si sente di dare in generale rispetto al gioco?
Il gioco d'azzardo esiste da sempre e non credo nelle politiche proibizionistiche, ma al tempo stesso il nostro Paese ha avuto uno sviluppo eccessivo e con l'inserimento di giochi particolarmente aggressivi. Sul gioco d'azzardo vorrei poter tornare a vent'anni fa, pochi giochi, in pochi luoghi e spesso vissuti come momenti socializzanti, come ad esempio quando si faceva la schedina insieme. Quindi, come consiglio, direi di fare il possibile per tornare un po' indietro.

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