Tra le nuove norme spicca una disposizione che equipara l'assunzione di farmaci comuni, come il paracetamolo, a sostanze stupefacenti e alcoliche, rendendo il semplice utilizzo di analgesici un potenziale rischio per la patente di guida.
La modifica all’articolo 187 del Codice della strada elimina il riferimento all’“alterazione psicofisica”, trasformando qualsiasi traccia di farmaco rilevata durante un controllo in una violazione sufficiente per il ritiro della patente e il sequestro del mezzo.
Questo significa che un'automobilista che ha assunto Tachipirina due giorni prima per alleviare un banale mal di testa potrebbe trovarsi a fare i conti con le stesse sanzioni riservate a chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Le conseguenze pratiche sono allarmanti: non si distingue più tra chi è realmente alterato alla guida e chi ha semplicemente seguito una prescrizione medica. L’obiettivo dichiarato del legislatore – garantire maggiore sicurezza sulle strade – sembra collidere con una misura che penalizza indiscriminatamente tutti gli automobilisti che assumono farmaci.
La norma colpisce duramente categorie già fragili, come i malati che fanno uso di cannabis terapeutica. Nonostante si tratti di terapie prescritte e monitorate, i pazienti rischiano di vedersi privati della possibilità di guidare, compromettendo ulteriormente la loro autonomia e qualità della vita.
Questa equiparazione tra farmaci di uso comune e sostanze illegali ignora il principio di proporzionalità e non considera il reale stato psicofisico del conducente al momento del controllo. È un approccio simile a quello utilizzato per l’alcol, dove si punisce il superamento di una soglia limite, ma senza tenere conto della capacità effettiva di guidare in sicurezza.
E c’è poi la scienza alla base del nuovo Codice: ma quali sono davvero i test o le prove scientifiche usate per redigere questo nuovo testo?
Le basi scientifiche della norma sono un vero punto critico. Se per l’alcol esistono studi consolidati che correlano il tasso alcolemico con il rischio di incidenti, per farmaci come il paracetamolo la correlazione tra tracce residue e alterazione psicofisica appare quantomeno discutibile. La mancata distinzione tra assunzione recente e residui di giorni precedenti sembra una scelta normativa poco ponderata, che rischia di generare più problemi che soluzioni.
La riforma, sebbene mossa dall’intento di ridurre i rischi sulle strade, sembra ignorare le reali implicazioni per milioni di cittadini che fanno uso di farmaci comuni. La Tachipirina, uno degli analgesici più utilizzati in Italia, diventa così il simbolo di una normativa che si scontra con la vita quotidiana delle persone.
In un contesto dove la sicurezza stradale è una priorità, sarebbe forse più utile adottare un approccio basato sulla verifica delle reali condizioni del conducente. Altrimenti, rischiamo di criminalizzare comportamenti innocui e di trasformare la guida in una trappola legale per chiunque debba ricorrere a farmaci, anche i più comuni.
La domanda sorge spontanea: chi scrive queste norme tiene conto delle ricadute pratiche o rischiamo di finire in una “tachipirina e vigile guida” prigioniera di una stupidità legislativa fuori controllo, oppure l’intento è proprio quello di ostacolare lo spostamento con l’automobile privata?
Cara presidente Meloni, dopo le bugie del ricatto del bollino verde, della tachipirina e vigile attesa, che hanno lasciato profonde cicatrici nella nostra società civile, ma hanno anche le gambe corte, cancelli anche il comma dell’art 187 de “l’alterazione psicofisica” il cui vero obiettivo, non è la sicurezza stradale, ma ostacolare la mobilità privata, secondo indicazione della criminale Agenda 2030.
Da “Zero morti sulle strade” a “Zero emissioni” il passo di un’ideologia malata è breve, anzi oggi sta diventando brevissimo.