Martedì, 09 Luglio 2024 09:23

La Guardia di Finanza di Parma hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo In evidenza

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I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di due società ubicate nei comuni di Fontevivo e Noceto, operanti nel settore dei trasporti su strada, nonché di quattro persone fisiche, tra cui un commercialista con studio in Nola (NA), per l’ipotesi di indebita compensazione di crediti d’imposta finanziati con risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili e disponibilità liquide fino alla concorrenza dell’ammontare complessivo di oltre € 370.000,00.
Il citato importo, rinvenuto sui conti correnti degli indagati, è stato interamente sequestrato.

Il provvedimento è scaturito da verifiche fiscali eseguite dai militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Fidenza nei confronti delle due società, riconducibili al medesimo amministratore di fatto, durante le quali sono stati esaminati i crediti d’imposta relativi ai corsi di formazione del personale utilizzati in compensazione delle imposte e dei contributi previdenziali nell’anno 2022.

Secondo la ricostruzione delle Fiamme Gialle, i rappresentanti legali delle due imprese avrebbero utilizzato crediti d’imposta fittizi creati attestando falsamente l’avvenuta attività di formazione del personale attraverso specifici corsi, mai realizzati, volti all’aggiornamento del proprio personale nel settore delle tecnologie (es. “big data”, cyber security, internet, integrazione digitale dei processi aziendali) previsti dal “Piano Nazionale Industria 4.0 - misura rientrante nelle agevolazioni finanziate con risorse del PNRR atte a promuovere la trasformazione digitale delle imprese incentivando gli investimenti privati in beni e attività a sostegno della digitalizzazione dei processi (Missione 1 – Componente 2 – Investimento 1).

Le ispezioni fiscali hanno permesso di ipotizzare che le attività formative non siano mai state eseguite, né in presenza né in modalità a distanza, e che tutta la documentazione a supporto sia stata artefatta al fine di giustificare indebitamente il vantaggio fiscale.

In particolare, è emersa la falsità dei registri didattici delle presenze, delle fatture emesse dalla società che avrebbe dovuto somministrare i corsi, delle autocertificazioni dei rappresentanti legali delle società beneficiarie e delle relazioni dei docenti sulle valutazioni delle attività dei corsi di formazione.

La contestazione rivolta al professionista, in concorso con gli amministratori delle due società, riguarda la non genuina asseverazione prevista dalla normativa in materia di crediti d’imposta, in quanto – stando alla ricostruzione investigativa condivisa dal GIP - sarebbe stato perfettamente a conoscenza dell’artificiosità dell’operazione e dell’inesistenza dei corsi di formazione e, nonostante ciò, avrebbe attestato la corretta creazione dei crediti d’imposta.

Pertanto, risultano indagati tre rappresentanti legali delle due società – un amministratore di fatto e due di diritto - per l’ipotesi di reato di indebite compensazioni di crediti d’imposta inesistenti (art. 10-quater del D.lgs. n. 74/2000) pari ad € 370.543,08 mentre al commercialista viene contestato il concorso nella realizzazione del medesimo reato.

Con il presente comunicato si intendono sottolineare, in definitiva, i seguenti aspetti, che denotano la particolare rilevanza pubblica dei fatti:

  1. in primo luogo, le condotte criminose contestate, non solo costituiscono una frode in danno dell’Erario attraverso il mancato versamento delle imposte, ma alterano profondamente la leale concorrenza tra operatori del settore consentendo alle imprese che vi hanno fatto ricorso una maggiore competitività rispetto alle altre imprese che, al contrario, si pongono in maniera più corretta sul mercato;
  2. in secondo luogo, l’abuso operato dagli indagati di agevolazioni nate allo scopo di promuovere la trasformazione digitale delle imprese e la formazione del personale, con la conseguente sottrazione di importanti risorse all’economia sana del Paese;
  3. in terzo luogo, la complessità del meccanismo fraudolento concepito e realizzato attraverso la consulenza di un professionista.
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