I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di nr. 2 persone fisiche indagate per emissione di fatture per operazioni inesistenti per un ammontare complessivo di € 39.000.000 attraverso un’impresa-cartiera con sede nella provincia di Parma.
Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili e disponibilità liquide fino alla concorrenza dell’ammontare complessivo di oltre € 5.000.000,00, pari al profitto e/o prezzo dei reati tributari perpetrati dagli indagati.
L’attività investigativa trae origine da una verifica fiscale condotta dalla Tenenza di Fidenza nei confronti di un’impresa con sede a Soragna (PR) avente ad oggetto servizi di riparazione e manutenzione di macchinari per l’industria del settore metalmeccanico. Sin dalle prime fasi dell’attività ispettiva, i finanzieri hanno constatato gravi irregolarità di natura amministrativa e hanno rilevato una serie di anomalie sull’effettiva operatività dell’impresa, prontamente segnalate alla Procura della Repubblica di Parma, che ha delegato ulteriori indagini di polizia giudiziaria.
Gli esiti delle successive investigazioni - condotte anche attraverso accertamenti bancari e controlli incrociati nei confronti di centinaia di clienti ubicati in diverse regioni - hanno permesso di rilevare la natura meramente fittizia dei rapporti commerciali fatturati dalla ditta parmense, che in poco più di due anni aveva raggiunto un giro d’affari cartolare di circa € 32.000.000, oltre IVA per € 7.000.000, per poi drasticamente cessare subito dopo il controllo avviato dai finanzieri.
In dettaglio, secondo l’ipotesi investigativa, mentre le fatture documentavano ingenti cessioni di materiale ferroso e prestazioni di manodopera, i riscontri investigativi esperiti hanno invece consentito di rilevare:
- la natura di cartiere anche dei fornitori di merce posti a monte della filiera commerciale della ditta parmense;
- in taluni casi l’inesistenza degli automezzi indicati per il trasporto delle merci;
- in altri casi l’appartenenza degli automezzi asseritamente utilizzati per il trasporto a ignari autotrasportatori, estranei alle condotte illecite ipotizzate;
- quanto alle prestazioni di manodopera, l’assenza di rapporto effettivo di lavoro dipendente in capo all’impresa che ha emesso le fatture e, viceversa, il reale impiego di decine di operai alle dipendenze dirette dei committenti che hanno beneficiato delle fatture.
A proposito di tale ultimo aspetto, a titolo esemplificativo diversi operai hanno disconosciuto persino il nome dell’impresa che risultava esserne datrice di lavoro.
Secondo la ricostruzione investigativa, la cartiera parmense avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti al fine di consentire l’evasione fiscale a n. 108 imprese dislocate sull’intero territorio nazionale. Per tale ragione, sono stati interessati n. 43 Reparti della Guardia di Finanza territorialmente competenti per procedere alle contestazioni degli illegittimi risparmi d’imposta.
Come si rileva dal provvedimento cautelare del GIP, il titolare della cartiera parmense attraverso la frode fiscale avrebbe ottenuto profitti pari a € 500.000, in parte reinvestiti in beni di lusso (ad es. automobili e orologi).
Inoltre, per la gestione della cartiera si sarebbe avvalso della collaborazione di un cittadino bresciano.
I reati a vario titolo contestati ai due indagati sono l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e l’omessa presentazione di dichiarazione ai fini dell’IVA (artt. 2, 5 e 8 del D.lgs. 74/2000).
Al rappresentante legale dell’impresa controllata è, altresì, contestata l’ipotesi di falso prevista dalla norma speciale di cui all’art. 11 del D.L. 201/2011, in quanto, nel vano tentativo di depistare la ricostruzione dei fatti, durante la verifica fiscale avrebbe prodotto ai finanzieri documentazione bancaria falsa.
Contestualmente all’esecuzione del provvedimento del GIP, sono state effettuate perquisizioni nelle province di Parma, Bergamo e Brescia, ossia in vari luoghi nella disponibilità degli indagati.
Con il presente comunicato si intendono sottolineare, in definitiva, i seguenti aspetti che denotano la particolare rilevanza pubblica dei fatti:
- in primo luogo, l’ammontare certamente rilevante della frode fiscale posta in essere, con conseguente ingente danno finale per le casse dello Stato, fatto in sé obiettivamente grave;
- in secondo luogo, le condotte criminose contestate non solo costituiscono una frode in danno dell’Erario attraverso il mancato versamento delle imposte, ma alterano profondamente la leale concorrenza tra operatori del settore consentendo alle imprese che appaiono avervi fatto ricorso una maggiore competitività rispetto alle altre imprese che, al contrario, si pongono in maniera più corretta sul mercato;
- in terzo luogo, il coinvolgimento (allo stato, a livello indiziario) di più di cento imprese dislocate in numerose province del territorio nazionale che avrebbero utilizzato gli illeciti servizi di produzione di false fatture per ottenere indebiti profitti, a dimostrazione dell’esistenza di una rete che sembra attraversare trasversalmente l’imprenditoria, che -qualora si rilevasse definitivamente fondata l’ipotesi investigativa, allo stato condivisa dal GIP-si dimostra- in tal modo apparirebbe sempre più permeabile rispetto alle sollecitazioni illecite che vengono dal suo esterno.