Intanto perché quel maledetto giorno in cui Carlo Drapkind ha lasciato questa valle di lacrime era ancora terribilmente presto: lasciatelo dire a me, ora che ho appena compiuto 60 anni (sopravvivendo a mio fratello Massimo che quando ha perso la vita ne aveva 59 anni: a quell’età io ho solo perso il lavoro e direi che mi è andata di lusso) così vicini, così prossimi a quei 63 che aveva “Cerlo” (come lo chiamavamo noi, per come ci appariva la sua firma autografa) quando è volato in cielo, nel pieno della sua attività e dei suoi tanti problemi che io, quale suo figlioccio, ben conoscevo e che in parte penso pure di avere ereditato.
Finora ho dato per scontato che tutti voi sappiate chi sia Carlo Drapkind, del resto, di quello che è stato il mio maestro di giornalismo – che mi accolse in redazione da bambino (prodigio) nel 1975 – ho spesso avuto modo di parlare nei miei articoli, comunque basti ricordare il merito di essere stato il direttore responsabile ed il fondatore (assieme al patron Virginio Menozzi e del tecnico Marco Toni) di Radio Parma, la prima emittente libera italiana, che il prossimo anno festeggerà il 50° della nascita (ufficiale) avvenuta il 1° Gennaio 1975.
E Lungoparma? Proprio ieri il direttore di SportParma Francesco Lia ha ricordato come siano già passati 20 anni dalla fondazione di quello che inizialmente è stato il primo periodico on line cittadino, oltre che settimanale cartaceo distribuito porta a porta in città. Quella piccola bottega dell’informazione intrapresa e mandata avanti oltre che dallo stesso Lia, da Antonio Boellis e Daniele Bonezzi, anche lui venuta a mancare troppo presto.
Che ci azzecca Drapkind con Lungoparma? Semplice: sono convinto che se non fosse venuto a mancare l’anno prima, Carlo sarebbe stato parte integrante di quel progetto: sono al corrente di diversi abboccamenti tra Boellis (che lui stesso aveva ordinato pubblicista) ed il sempre ricco di idee ed iniziative Drapkind, che soleva ripetere ai collaboratori: “La sai la novità? Parte un nuovo quotidiano in città…”, qualche volta era vero, qualche volta era solo una speranza, un auspicio, ma tant’è.
E poi il nome, Lungoparma: a Cerlo, sempre così attento al territorio, sarebbe piaciuto assai, se pensate che ai tempi di Eco Radio, la mia creatura d’infanzia, versione nell’etere de L’Eco del Quartiere, il ciclostilato che distribuivo nel quartiere Mutti-Lubiana), mi fece aggiungere a mo’ di prefisso Radio Pilotta a quella che appunto sarebbe stata la definizione, registrata in tribunale come quotidiano parlato, Radio Pilotta-Eco Radio. Un altro esempio? La radio di Pontremoli – ahinoi, rimasta solo un progetto sulla carta di quello che era il nostro “Centro Emittenti Radio Tv Libere Emilia Nord Ovest” – si sarebbe dovuta chiamare Radio Campanone, con esplicito riferimento a come in modo colloquiale viene chiamata la locale torre medievale di Cacciaguerra.
Personalmente debbo tanto anche a Lungoparma: nei difficili anni del crac Parmalat – citati nel suo editoriale di ieri da Lia – rischiammo seriamente che scomparisse anche la nostra amata squadra di pallone, all’epoca Parma A.C. In quei tempi il giovane Majo, free lance, vantava diverse collaborazioni nazionali, ed in ambito locale, tra stampa, radio e tv, ma Lungoparma risultò assai decisivo (direi un po’ come sarebbe stato StadioTardini.it qualche tempo dopo…) nel racconto minuzioso e circostanziato di quello che stava accadendo, con articolesse rimaste nell’immaginario di chi aveva il compito di impaginare quelle colate di piombo…
Se ad agosto 2004 Luca Baraldi mi chiamò per la prima volta al Parma Calcio come “coordinatore della comunicazione”, gran merito fu anche di Lungoparma, attraverso il quale, in sincrono con gli altri mezzi di informazione con cui collaboravo, lo avevo consigliato (nero su bianco) quale persona giusta al commissario Enrico Bondi per tentare la difficile gestione della neonata società in bonis. Ricordo ancora il giorno della investitura di Luca Baraldi al Tardini, chiamato dal commissario straordinario: quella mattina le due Gazzette (di Parma e dello Sport), uscirono contemporaneamente indicando tale Giuseppe Parrello quale prescelto come braccio operativo di Bondi. A me, nel leggerlo, andò di traverso la colazione da Cecè in via d’Azeglio: se loro puntavano su quel nome, proprio nel giorno decisivo, significava che la mia campagna non era andata a buon fine. Non vi dico la goduria, invece, quando vidi stagliarsi la figura di Baraldi…
Qualche tempo dopo venni a sapere che Tommaso Ghirardi – notoriamente amico di Cesare Prandelli, che io sul settimanale non trattavo con la stessa deferenza di altri colleghi – chiese alla mia assistente dell’epoca di recuperare tutti i miei articoli, chissà cosa voleva ricercare. Per questo, in occasione di queste due ricorrenze, ho voluto unire nel ricordo Carlo Drapkind e Lungoparma.
Gabriele Majo