Mercoledì, 25 Maggio 2022 14:08

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma In evidenza

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Nella giornata di ieri Ufficiali di Polizia Giudiziaria della Guardia di Finanza appartenenti al Comando Provinciale di Parma hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica.


Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo impeditivo della totalità delle quote del capitale sociale di cinque imprese (la prima, da considerarsi capogruppo e le altre, da considerarsi società satellite) attive nella logistica (segnatamente nel settore del facchinaggio e della movimentazione merci) con sede operativa a Parma, con contestuale nomina di un amministratore giudiziario delle suddette quote societarie, nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e, in alternativa, per equivalente, di beni mobili, immobili e disponibilità liquide fino alla concorrenza dell’ammontare delle imposte complessivamente evase nell’arco temporale 2017-2020, pari a circa 42 milioni di euro a carico di sei soggetti economici, ai cui rappresentanti legali vengono contestati reati fiscali.

Le attività di polizia giudiziaria, dirette dalla Procura della Repubblica di Parma e svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Parma, sono inizialmente scaturite da due infortuni sul lavoro verificatisi a Parma all’interno dei magazzini di movimentazione delle merci della società di logistica (trattasi di società di primaria importanza, per volume di affari ed operatività sul territorio) in cui sono rimasti coinvolti due lavoratori (entrambi di nazionalità estera), risultati dipendenti di imprese/cooperative diverse dalla citata società.
In particolare, le indagini sugli infortuni consentivano di ipotizzare diverse violazioni alla normativa antinfortunistica e permettevano di individuare un’unica realtà economica di riferimento, l’esistenza di plurimi contratti di appalto e di sub-appalto interni al gruppo, mediante l’interposizione di altre società appartenenti al gruppo stesso, nonché la coincidenza dei dirigenti delle varie realtà aziendali di riferimento.

Pertanto, le attività investigative sono state immediatamente estese alla ricostruzione dei rapporti commerciali e societari tra tutte le imprese individuate al fine di verificare la genuinità dei contratti d’appalto di manodopera in essere.

La ricostruzione investigativa eseguita dalle Fiamme Gialle ha evidenziato, secondo la Procura della Repubblica, l’esistenza di un meccanismo fraudolento che sarebbe stato realizzato dalla capogruppo con il ricorso a numerosi contratti d’appalto non genuini, stante l’assenza, in capo alle imprese appaltatrici, di quegli elementi sintomatici della genuinità degli appalti, ovvero:

  • organizzazione dei mezzi, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto;
  • potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto;
  • assunzione del rischio d’impresa.


In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, condivisa dal GIP, quel che appare dalle indagini è un’unitaria struttura direttiva e organizzativa accentrata nella impresa capofila per la gestione del personale facente capo alle diverse imprese “consociate”.
A titolo esemplificativo, la capogruppo avrebbe deciso le assunzioni, l’impiego, l’organizzazione e la retribuzione dei lavoratori delle diverse imprese appaltatrici che operavano in modo promiscuo presso le medesime sedi operative, a dimostrazione di una regia unica effettiva.
Di contro, le imprese appaltatrici sarebbero rimaste prive di autonomia nella gestione ordinaria dei rapporti contrattuali e finanziari con i propri fornitori (ad es. di carrelli elevatori e abbigliamento da lavoro).

Infine, la capogruppo appare aver determinato anche le tariffe che le imprese appaltatrici avrebbero dovuto praticare nei suoi confronti, ricorrendo ad un collaudato sistema di conguagli che, in realtà, sarebbero serviti a compensare a fine anno (e dunque a posteriori) eventuali ulteriori costi non preventivati e a redistribuire i margini a cascata sulle “consociate”, in modo da eliminare qualsiasi rischio d’impresa in capo alle società appaltatrici, così portandole, quantomeno, in una situazione di pareggio costi/ricavi.
Peraltro, nelle fatture emesse in occasione dei conguagli, il riconoscimento di tali maggiori importi per centinaia di migliaia di euro era formalmente giustificato con motivazioni diverse.

L’ingerenza della società capofila appare assicurata sia attraverso l’impiego, presso le società satellite, di persone di fiducia con incarichi dirigenziali (i quali, al di là della formale posizione ricoperta, in realtà appaiono agire in nome e per conto della prima) sia mediante la realizzazione, meramente formale, di una rete d’impresa, all’interno della quale, di fatto, tutte le decisioni verrebbero assunte dalla capogruppo.

Tra le imprese “consociate” figurano anche tre cooperative di produzione e lavoro che, in base a quanto emerso dalle indagini, sarebbero di fatto prive dei requisiti mutualistici ma, in virtù della veste formale loro attribuita di società cooperativa, hanno in taluni casi beneficiato di un regime fiscale agevolato sul reddito prodotto di cui non avrebbe potuto usufruire la capogruppo, trattandosi di impresa commerciale.

Secondo l’ipotesi d’accusa, tale meccanismo fraudolento avrebbe prodotto vantaggiosi effetti fiscali per la committente consistenti in:

  • detrazioni dell’IVA delle fatture ricevute dagli appaltatori, per diversi milioni di euro all’anno;
  • costi deducibili anche ai fini IRAP essendo qualificati quali costi per servizi;
  • trasferimento di fatto del debito IVA alle società appaltatrici collegate, alle quali vengono infatti contestate condotte di omesso versamento di IVA per gli anni dal 2017 al 2019 per un importo totale di euro €16.451.781. In un caso, una delle imprese “consociate” avrebbe trasferito la sede all’estero senza versare il debito d’imposta a suo carico, ammontante a circa 500.000 euro.

Ciò avrebbe comportato, altresì, un vantaggio competitivo per la capogruppo, consentendole di praticare alle imprese clienti condizioni economiche più favorevoli rispetto ai concorrenti.

I reati a vario titolo contestati sono l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, l’omesso versamento di IVA, l’omessa dichiarazione ai fini dell’IVA (artt. 2, 5, 8 e 10-ter D.lgs. 74/2000), con la complessiva rilevazione di:

  • un’IVA evasa per € 36.238.821 a fronte di fatture soggettivamente inesistenti di importo totale pari a € 164.733.880,35; 
  • omessi versamenti di IVA per € 16.451.781;
  • omessa dichiarazione IVA per € 303.059;

A ciò si aggiunga la contestazione di lesioni personali colpose per gli infortuni sul lavoro (art. 590 c. 3 c.p.), settore sul quale da tempo la Procura di Parma è particolarmente impegnata.

Inoltre, alla società capogruppo e a tre società satellite sono contestati gli illeciti previsti dall’art. 25-quinquiesdecies del D.Lgs. 231/2001 (responsabilità amministrativa degli Enti), in quanto:

  • la prima si sarebbe dotata di un modello organizzativo deficitario poiché non contemplante alcun monitoraggio dell’effettività dei contratti di appalto di lavori e servizi nel loro concreto estrinsecarsi;
  • le altre società avrebbero omesso di adottare un modello organizzativo idoneo a scongiurare condotte illecite commesse da chi rivestiva in seno ad esse ruoli apicali al precipuo scopo di favorirle.


In definitiva, con il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Parma è stato disposto:

  • il sequestro preventivo impeditivo ex art. 321, comma 1, c.p.p. della totalità delle quote del capitale sociale di cinque persone giuridiche ritenute coinvolte nella complessiva frode fiscale, ivi compresa la società capogruppo;
  • il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 321, comma 2, c.p.p. del profitto dei reati fiscali pari ad € 41.988.089,07 da eseguirsi sul denaro nella disponibilità delle sei persone giuridiche o, in mancanza, sul denaro o ulteriori beni nella disponibilità delle persone fisiche indagate.


Con il presente comunicato si intendono sottolineare, in definitiva, i seguenti aspetti, che denotano la particolare rilevanza pubblica dei fatti:

  1. in primo luogo, l’ammontare certamente rilevante della frode fiscale che supera i 40.000.000,00 di €, fatto in sé obiettivamente grave;
  2. in secondo luogo, la rilevanza soggettiva delle imprese coinvolte nel meccanismo truffaldino, posto che una delle imprese è di particolare rilevanza nel settore della logistica, in un territorio -come quello di Parma- contrassegnato da produttività alta ed altamente qualitativa;
  3. in terzo luogo, il nesso che sembra emergere tra il meccanismo di frode fiscale e la (almeno tale appare) scarsa attenzione posta -dai soggetti economici coinvolti nelle indagini- al rispetto della normativa antiinfortunistica, ovvero quella normativa posta a presidio della inalienabile tutela dei lavoratori, che sono certamente i soggetti più deboli dell’articolato meccanismo produttivo;
  4. in quarto luogo, l’attenzione posta dall’Autorità Giudiziaria (Procura della Repubblica e Giudice per le indagini preliminari) ai destini delle società coinvolte, testimoniata dalla contestuale nomina di un amministratore giudiziario per assicurare la continuità aziendale delle imprese, tutte attualmente operative, e per evitare l’interruzione dell’attività societaria, a tutela tanto dell’Erario quanto degli ulteriori interessi generali sottesi alla vicenda, tra i quali i rapporti di lavoro, di tal che:
    • da un lato, il sequestro delle quote societarie non andrà ad incidere sull’operatività delle società e sui posti di lavoro (atteso che, come specificato, la nomina dell’amministratore giudiziario consente la c.d. continuità aziendale);
    • dall’altro lato, le disponibilità attive presenti sui conti correnti societari sottoposte a sequestro vengono affidate alla gestione dell’Amministratore Giudiziario e i conti bancari restano operativi, il che consente di assicurare che le somme di denaro sequestrate siano immediatamente poste nella disponibilità dell'amministratore giudiziario per i necessari pagamenti di stipendi, fornitori, istituti bancari ed altri aventi diritto, che non vedranno pregiudicate dal provvedimento le rispettive prerogative;
  5. in quinto luogo, l’ulteriore dimostrazione -che sembra cogliersi dall’esito degli accertamenti- di una prassi operativa ormai diffusa sul territorio di questa Provincia che, mediante il ricorso alla frode fiscale ed a meccanismi di appalto di dubbia correttezza, consente evidentemente alle imprese che appaiono farvi ricorso una maggiore competitività rispetto ad altre imprese che, al contrario, si pongono in maniera più corretta sul mercato.
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