MODENA 18 ottobre 2021 – Quattro persone sono state tratte in arresto, di cui tre in carcere e una ai domiciliari nelle prime ore di questa mattina. L’esecuzione della misura cautelare è stata eseguita dai Carabinieri dei Nuclei Investigativi dei Comandi Provinciali di Modena e Ancona, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna.
I quattro risultavano indagati, a vario titolo, in concorso tra loro, per una lunga lista di reati: lesioni personali, detenzione abusiva di armi e munizioni, ricettazione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violenza privata, con l’aggravante legata all’attività mafiosa. L’operazione è stata condotta con il supporto dei Comandi dell’Arma territorialmente competenti e con l’ausilio di unità cinofile del Nucleo Carabinieri Cinofili di Bologna per la ricerca di armi e droga.
Tutto ha avuto inizio da un’indagine scaturita lo scorso marzo, in seguito a all’inchiesta sulla strage di Corinaldo, su figure che ruotavano attorno a Ugo Di Puorto, leader della banda di giovanissimi specializzata in furti di collanine nelle discoteche. Ugo è figlio di Sigismondo Di Puorto, reggente del Clan dei Casalesi per la provincia di Modena.
In particolare, il Nucleo Investigativo di Ancora, aveva raccolto diversi elementi sulla possibile disponibilità di armi da parte di alcune persone legate a Di Puorto e residenti in alcuni Comuni modenesi, in particolare a Castelfranco Emilia. Nello scorso mese di marzo, poi, un 50 enne di origini campane, ma da tempo residente nel modenese, era stato arrestato perché trovato in possesso, durante una perquisizione, di 230 grammi di cocaina e due pistole con relative munizioni, poi risultate rubate.
Inoltre, dalle indagini era emerso che il principale arrestato, dopo aver avuto un alterco per futili motivi con un altro giovane del posto, lo avrebbe malmenato, procurandogli lesioni. Aveva poi interpellato gli altri destinatari del provvedimento cautelare, che si erano messi a disposizione del clan, affinché gli procurassero un’arma per risolvere la controversia e conducessero la vittima davanti al suo stesso aggressore per subire altre vessazioni e minacce.