Modena 28 settembre 2021 – Una vasta operazione, frutto di un’indagine coordinata dalla Direzione Antimafia di Bologna, ha consentito, questa mattina di assicurare alla giustizia una banda composta da italiani e albanesi, dedita al narcotraffico. Il blitz, a cui hanno preso parte 50 Carabinieri del Comando Provinciale di Modena con l’ausilio di tre unità cinofile antidroga fornite dai Nuclei Carabinieri Cinofili di Firenze e Bolzano, è scattato questa mattina all’alba.
L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. di Bologna, su richiesta della Procura della Repubblica – D.D.A. di Bologna, è stata eseguita nei confronti di 7 persone, di cui 6 in carcere e 1 ai domiciliari, ritenute responsabili di associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati anche 1 kg di cocaina, 12 kg di hashish, 1 kg di marijuana e ben 50 mila euro in contanti.
L’indagine, svolta dal Nucleo Investigativo dell’Arma di Modena, era partita da due procedimenti penali della Procura di Modena che avevano scoperto alcune trattative per la compravendita di armi da fuoco di provenienza illecita, che vedeva coinvolte alcune persone vicine al clan dei Casalesi, attive nella provincia di Modena.
È stata proprio nell’ambito di questa inchiesta che è emersa l’esistenza di un’associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti, una vera e propria industria della droga, in cui erano coinvolti sia albanesi che italiani. Erano i primi a fornire gli stupefacenti, mentre i secondi si occupavano della vendita al dettaglio, oppure la rivendevano ad altri spacciatori. Il gruppo trattava droghe “classiche”, come cocaina, hashish e marijuana e poteva contare, oltre che su una buona solidità finanziaria, anche su basi logistiche, tra abitazioni e relative pertinenze, dove stoccare la droga, suddividerla in dosi e incontrare fornitori e clienti. Inoltre, la banda aveva a disposizione anche un discreto parco auto per nascondere e trasportare la droga.
Un altro particolare sulle ramificazioni e l’attività della banda ha fatto emergere come il gruppo fosse anche riuscito a fare avere a uno degli indagati, già in carcere, un telefono cellulare con il quale poter gestire “gli affari” anche dalla cella, fornendo disposizioni e direttive agli altri membri.
A capo dell’organizzazione sono poi risultati essere un cittadino italiano e un albanese che, oltre a gestire l’approvvigionamento, la custodia della droga, il contatto con gli acquirenti e la cessione al dettaglio, assicurava anche il sostegno economico alle famiglie di chi veniva arrestato.