Creavano aziende 'pulite' per farvi confluire i milioni sottratti a fisco e creditori. La Guardia di Finanza scopre un "buco" di 4,5 milioni di euro e arresta due imprenditori modenesi.
di Alexa Kuhne
Modena, 3 febbraio 2017
Svuotavano le società in fallimento trasferendo i beni in società "pulite", create ad hoc: con questo meccanismo sono stati sottratti a creditori ed erario oltre tre milioni di euro.
Lo scopo di due imprenditori modenesi è stato ben presto chiaro: avviare una società, indebitarla verso i fornitori, verso il fisco e gli enti previdenziali, svuotarla cedendo le attività ad un'altra società appositamente costituita.
Il passaggio successivo era poi quello di occultare la contabilità in modo da non consentire la ricostruzione delle operazioni commerciali realizzate e la destinazione del denaro sottratto.
L'attività di indagine condotta dalla Guardia di Finanza di Modena, coordinata dal sostituto procuratore Marco Imperato, ha portato all'individuazione di cinque persone che sono state indagate per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ed evasione fiscale per omesso versamento delle ritenute IRPEF dei dipendenti.
Le Fiamme gialle modenesi hanno eseguito questa mattina un'ordinanza di misure cautelari nei confronti di due imprenditori e stanno perquisendo quattro abitazioni e sei aziende, procedendo al sequestro preventivo di un milione di euro, frutto dei reati tributari contestati. Le indagini, tuttora in corso, sono scaturite dal fallimento di una locale industria esercente l'attività di fabbricazione di trattori agricoli. La polizia giudiziaria ha individuato operazioni e fatti aziendali connotati dall'obiettivo di privare del patrimonio l'azienda fallita per lasciare a bocca asciutta creditori ed erario, attraverso la commissione di bancarotta patrimoniale e documentale, unitamente a paralleli reati tributari.
Il creditore maggiormente colpito dalla bancarotta di 4,5 milioni di euro è risultato Equitalia per debiti fiscali e previdenziali accumulati dalla fallita.
In particolare, le condotte ascritte agli indagati e ai soggetti ora agli arresti domiciliari riguardano fatti relativi sia all'impresa fallita sia alla governance della Newco appositamente costituita per fabbricare sempre macchine e altro materiale meccanico e con lo stesso personale dipendente, nel frattempo migrato dalla società fallita.
Dopo la costituzione della Newco, i truffatori hanno progressivamente svuotato la vecchia azienda, così da renderla non aggredibile dai creditori, compreso l'erario, simulando il trasferimento alla Newco dei beni aziendali, quali avviamento, clientela, know-how, attrezzature, rimanenze, della società in fallimento, gravata da debiti milionari.
Per ostacolare l'accertamento delle condotte illecite poste in essere, gli amministratori della fallita non hanno esibito, né al curatore, né alle Fiamme gialle, le scritture contabili obbligatorie necessarie per la ricostruzione dei reali rapporti gestionali: ciononostante, dai controlli incrociati, anche di natura finanziaria, è emerso come, in alcuni casi, non sarebbero avvenuti pagamenti mentre nel caso della vendita di un capannone aziendale la maggior parte dell'importo pagato alla fallita sarebbe stato dirottato su conti personali degli indagati.
In tal modo i responsabili della truffa non solo hanno arrecato danno patrimoniale derivante dai debiti non onorati, ma hanno anche omesso di pagare i debiti fiscali, contributivi e previdenziali delle società a loro riconducibili, procurando anche un illecito vantaggio competitivo in danno della libera e leale concorrenza di mercato.
L'ulteriore conferma dell'intento fraudolento perseguito dagli indagati si è avuta nel corso dei successivi sviluppi investigativi che hanno consentito ai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Modena di individuare una terza società, sempre con analogo oggetto sociale, fondata sulle ceneri della precedente Newco che, nel frattempo, era già entrata in stato di dissesto.