Come accade ormai in maniera rituale e puntuale, ad ogni femminicidio seguono tavole rotonde, fiaccolate, opinioni illustri e discordanti, non si sa bene su cosa, purché ciascuno esprima il proprio dolore, rabbia e risentimento per l’accaduto.
Non mi aggiungerò al coro di opinioni anche autorevoli e qualificate sulla triste vicenda. Mi limiterò a qualche osservazione che, a mio avviso, è mancata, in questi giorni.
Si è parlato della necessità di insegnare, già dai banchi di scuola, il rispetto per le donne. Si è parlato di un ruolo più attivo dei servizi sociali e della necessaria prevenzione potenziando qualità dell’ascolto da parte dei soggetti qualificati e delle forze di polizia. Ogni attività volta a spezzare la catena dei femminicidi e la violenza sulle donne è utile e necessaria, però ritengo fondamentale coordinare le azioni di contrasto ad un fenomeno purtroppo in crescita. Per farlo, dobbiamo avere ben chiari i termini della questione.
Le opinioni della gente comune e degli esperti raccolte e rilanciate dai mass media, offrono una gamma variegata sul come affrontare ed arginare il problema. Naturalmente, sono stati intervistati anche numerosi esponenti politici, che hanno illustrato le iniziative poste in essere per legiferare sulla delicata questione. C’ è quindi un substrato comune su cui lavorare insieme per affrontare una piaga sociale così dolorosa? No, è proprio questo il punto sul quale si evidenziano differenze ideologiche aspre ed inconciliabili.
Facciamo un passo indietro. Guardiamo oltre la superficie. Se i bambini, troppo spesso, vengono affidati alla televisione, senza controllo da parte degli adulti su ciò che guardano, ma, soprattutto, sui messaggi occulti a cui sono esposti, non va meglio per gli adolescenti.
Al dramma esistenziale proprio di quell’età, infatti, vanno sommati gli aspetti relazionali ed ambientali a cui sono soggetti. Gli adolescenti, i ragazzi dai 13 ai 17 anni, ormai vivono in una sorta di comunità tribale, in cui persino il gergo frappone un ostacolo insormontabile ai genitori che vogliano entrarvi per capire qualcosa. Mancando una guida adulta, responsabile, i giovani si aiutano tra loro, spesso rovinandosi la vita. Sono abituati a risolvere i loro problemi sessuali nel loro ambiente, a divertirsi senza alcun limite, a ritirarsi quando gli pare, a crescere nella convinzione che il bene sia tutto ciò che esprime il proprio gruppo e che chi non è dei loro è un nemico da abbattere.
Si innesterebbe qui il problema delle cosiddette baby gang, del bullismo e del cyberbullismo, ma rimaniamo in tema.
D’altra parte, senza un vero progetto educativo da parte di genitori con un lavoro precario, sull’orlo della separazione, impegnati a sopravvivere in una società spietata, è facile prevedere che non si possa andare lontano. E’ in questo quadro desolante che scatta la logica premiale dei genitori verso i figli, pronti a dar loro tutto il superfluo di cui hanno bisogno, per compensazione, mascherando il loro fallimento e ottenere, se non l’amore, perlomeno il loro consenso.
La situazione si complica a scuola. Insegnanti a volte precari, a volte politicizzati, non sempre aiutano i ragazzi nella loro formazione, aumentando, anzi, i loro angosciosi dubbi esistenziali, a cominciare dal problema dell’identità.
Se l’attuale politica propugnata dalla sinistra prevede non tanto il consolidamento della propria identità sessuale quanto l’incoraggiare la fluidità della stessa, nella fascia d’età più delicata per loro, tacciando di fascismo ed omofobia i comuni, naturali istinti caratteriali dell’individuo, è chiaro che la confusione aumenterà tra i giovani. Le fazioni aumenteranno, l’odio segnerà per sempre i rapporti tra gruppi cosiddetti progressisti e quelli considerati nemici pericolosi.
Quindi, bambini cresciuti con la televisione e internet, esposti a messaggi subliminali di ogni tipo,
adolescenti confusi sulla loro sessualità e sui loro principi, appena abbozzati da famiglie o allargate o dissolte, giovani cresciuti senza modelli comportamentali chiari, solidi, frutto di cultura e ascolto affettivo ed effettivo da parte di educatori responsabili… Che adulti saranno? Fragili involucri di ribollenti pulsioni, incapaci di reagire alle contrarietà ed ai colpi della vita con lucidità, forza d’animo e compassione.
Le colpe, naturalmente, vanno distribuite anche all’ educazione religiosa che possono o meno aver ricevuto. Fare beneficenza non è religione, così come la logica del dogma e del peccato in caso di dubbio non può impedire le domande, a cui ogni essere umano ha diritto, indipendentemente dalle risposte.
La dimensione religiosa può fare molto, per giovani lontani da Dio, dai sentimenti, instabili nelle emozioni ed abituati ad un modello sessuale di soddisfacimento dei propri impulsi, pena la punizione violenta, anche estrema, nei confronti di chi ha osato rifiutare un approccio o la diffamazione sui social che, per un giovane, equivale ad una sentenza di morte civile.
Giulia e tutte le donne e le ragazze equilibrate, sane, che intendono affacciarsi alla vita in punta di piedi, sognando un’unione felice, tranquilla, una realizzazione lavorativa ed affettiva in line con il proprio impegno, in questa cornice, purtroppo, costituiscono un’eccezione.
Giulia sarà dimenticata appena un’altra, tragica storia occuperà le prime pagine dei giornali . Riprenderanno le fiaccolate, le trasmissioni che ospiteranno esperti e concederanno un quarto d’ora di celebrità a persone comuni. La vita andrà avanti, senza che nessuno rifletta minimamente su di una società votata allo spettacolo a tutti i costi. Nessuno vuole veramente cambiare rotta. La nave dei folli, ricordando il dipinto di Bosch, sta viaggiando in un mare pericoloso, verso scogli aguzzi. Continuando così, non avremo uno straccio di futuro e rischiamo di estinguerci giorno per giorno, uno alla volta, nel disastro dell’indifferenza.