L'associazione artigiana dell'autotrasporto denuncia la retromarcia dei firmatari dell'accordo contenuto nel protocollo artigiano rispetto alla richiesta al Governo di attivare la clausola di salvaguradia per contrastare la concorrenza selvaggia dei vettore dell'est Europa e dei nostri lì delocalizzati.
Roma, 14 marzo 2014 -
Sul cabotaggio CNA-Fita registra la sostanziale retromarcia dei firmatari del protocollo artigiano che è parte integrante dell'ultimo contratto di lavoro nazionale, siglato il 17 dicembre scorso. In poche settimane, i sindacati dei lavoratori e la Confartigianato Trasporti, sono diventati particolarmente cauti e pieni di dubbi sull'unico messaggio politico serio da inviare al Governo rispetto all'allarmante crisi che il cabotaggio estero sta determinando sul nostro mercato in termini di vero e proprio dumping sociale. CNA-Fita aveva proposto di far richiedere, come previsto e condiviso dallo stesso protocollo, al Governo italiano l'attivazione, in Europa, della clausola di salvaguardia per interrompere il regime di cabotaggio nel nostro Paese per un semestre, con la possibilità di reiterare il blocco per altri sei mesi. Una richiesta certamente forte ma capace di rappresentare a Bruxelles il livello di sofferenza insopportabile accumulato dai nostri operatori ormai incapaci di sostenere questa concorrenza selvaggia. La proposta avanzata, dopo alcune ore di serrato confronto, dalla Confartigianato e dagli stessi sindacati dei lavoratori è riassumibile in questi punti: apertura dell'ennesimo tavolo di crisi presso il Ministero dei Trasporti, aumento dei controlli dotando le forze dell'ordine di Pos elettronici per far pagare seduta stante i trasgressori e, come ultima perla, l'inversione dell'onere della prova a carico dell'autista. "Già immagino – ha dichiarato Cinzia Franchini, presidente nazionale CNA-Fita – le poche pattuglie della Polstrada indaffarate a spiegarsi con gli autisti stranieri fermati per l'onere della prova, mentre, di lato, sfrecciano indisturbati altre centinaia di Tir esteri o esterovestiti. Chi fa queste proposte – ha concluso la Franchini – fa finta di non conoscere l'entità del fenomeno a cui urge porre rimedio forzosamente in Italia, in attesa che in Europa si decida di risolvere la questione su scala continentale, armonizzando le condizioni operative delle imprese sul costo del lavoro, sul gasolio professionale e la sua tassazione ecc. ecc.". Le imprese strutturate fuggono all'estero portando lì tasse e contributi, delocalizzando l'intera azienda o, più semplicemente, parti importanti di essa come gli autisti dipendenti. CNA-Fita è contraria a questa impostazione e per tale motivo non può condividere oltre misure attendiste che continuano a rimandare sine die già solo il confronto diretto e risolutivo con simili questioni. Continuiamo a registrare su temi centrali per la competitività delle nostre imprese una sospetta chiusura conservatrice per mantenere invariato lo status quo, ragion per cui chi oggi vorrebbe isolarci renderà chiaro almeno chi rappresentiamo: imprese artigiane italiane che vogliono rimanere a produrre lavoro e ricchezza in Italia.
(Fonte: ufficio stampa CNA-Fita Trasporto merci e persone)