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Intervista al sociologo e pacifista sardo: parliamo di basi militari, malattie del suolo e delle persone, malformazioni e decessi nell’isola

Di Giulia Bertotto Roma, 28 dicembre 2023 (Quotidianoweb.it) - Il dottor Ennio Cabiddu è un sociologo rurale sardo, già docente di scuola superiore, ex sindaco di Samassi, collabora oggi con L'osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università, ed è membro di una piccola ma tenace rete di associazioni pacifiste I Disarmisti Esigenti, la quale include anche la Lega Obiettori di Coscienza. Siamo partiti dalla sua isola per arrivare alle terre martoriate dell’Ucraina e della Palestina, fino all’aspirazione ad una pace nel mondo: un concetto banalizzato, impossibile in terra o volutamente utopizzato?

La regione Sardegna conta due basi militari, la Base Aerea di Decimomannu e quella Navale di Porto Torres. Un fulcro di interesse internazionale per l’asse imperialista. Si parla poco dell’impatto ambientale degli armamenti, eppure i nostri media sono così sensibili alla questione ecologica.

Nella nostra isola ci sono anche il Poligono di Capo Frasca, un'installazione militare per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra, l’unica base interamente gestita dalla NATO. Occupa un intero promontorio. C’è poi Salto di Quirra, tristemente nota per la drammatica incidenza di tumori, soprattutto leucemie, non solo tra le persone ma anche tra gli animali e il bestiame. Le gravi malformazioni sono state spesso denunciate dai veterinari della zona orientale della Sardegna, impressionanti gli ovini nati con due teste. Molte delle grandi aziende che producono materiale bellico vengono qui a testare i loro veleni e sistemi di distruzione. Altre servitù militari si trovano nella città di Cagliari, zone interdette alla pesca e alla navigazione durante le esercitazioni.

Insomma, l’ambientalismo è in voga solo quando non disturba interessi molto più grandi.

Già. C’è poi la fabbrica di bombe RWM, a pochi chilometri di distanza dalle città di Domusnovas e Iglesias, succursale della distruzione del colosso tedesco. In Italia la sede amministrativa ha sede in provincia di Brescia. Vendeva esplosivi alla coalizione militare saudita che massacra tutt’ora il popolo yemenita.

Cosa fa o cerca di fare, la rete Disarmisti Esigenti?

Quello che cerchiamo di fare è almeno mettere della sabbia negli ingranaggi di questi produttori di morte. Siamo riusciti a revocare dal Parlamento l’autorizzazione a vendere queste bombe in spregio alla legge 185. Almeno ufficialmente, chissà con le triangolazioni cosa fanno. Sul piano amministrativo l’abbiamo portata in causa per ampliamenti della struttura in assenza di valutazioni sull’impatto ambientale. Il Tar sardo ci diede torto, il Consiglio di Stato a Roma ci diede ragione. La sentenza della scorsa settimana ci ha mortificati: tutti assolti, non avrebbero commesso alcun reato espandendosi in assenza di controlli e verifiche ambientali. C’è poi la scuola per cacciabombardieri di Decimomannu, la International Flight Training School (Ifts); fa orrore che si chiami scuola, un luogo dove dovrebbe essere insegnata la convivenza, il rispetto degli altri, la collaborazione e non la sopraffazione. I porti de La Maddalena e Cagliari sono poi considerati siti adatti a contenere natanti a propulsione e armamenti nucleari. Nessun partito politico ha voluto davvero contrastare queste barbarie.

A Modena abbiamo visto un carro armato addobbato a festa per Natale, la normalizzazione della guerra è in atto.

Certo, proprio per questo la chiamano scuola, il loro messaggio è: lasciate stare la profondità della vita, la scuola siamo noi. La cultura viene banalizzata e la guerra nobilitata.

La guerra uccide anche in tempi di pace, con le conseguenze dirette e quelle indirette, che siano fame e assenza di lavoro e danni ambientali.

Certo, la guerra non finisce mai, tanto meno quando i giornali smettono di parlarne. In guerra si lotta anche per la terra e il possesso del suolo, eppure si distrugge la sua fertilità, le infrastrutture, ogni opportunità. Dovremo renderci conto di quanto è irrazionale.

Nonostante tali evidenze quando sono andato alla COP26 a Glasgow e ho sollevato il tema dell’inquinamento legato alle attività militari, i partecipanti sembravano quasi sorpresi. Non si tratta solo di Co2 e particelle aeree dannose ma anche uranio impoverito del munizionamento, che penetra nel suolo e nei corpi degli abitanti di queste zone. Abbiamo un alto tasso di vittime di cancro nel Salto di Quirra e in altre aree.

Tra due mesi ci saranno le elezioni regionali in Sardegna.

Anche se c’è forte caratterizzazione identitaria il sardo vota e non vota come nel resto d’Italia e le grandi decisioni vengono prese a Roma se non a Bruxelles e Washington. La partita regionale si gioca in realtà tutta nella Capitale tra la conferma del leghista Solinas o se la spunterà la Meloni con il sindaco di Cagliari, Truzzu, forte del suo consenso. Per i nostri obiettivi di pace non cambierà nulla.

A proposito dell’Ucraina ha affermato: "Come si fa a chiedere il "cessate il fuoco", senza avere il coraggio di chiedere di smettere di inviare armi all'Ucraina? È come chiedere di spegnere un incendio, gettando benzina sul fuoco".

Noi con Disarmisti Esigenti, per ben sei volte, abbiamo fatto i cosiddetti digiuni di coerenza pacifica, ogni volta che il Parlamento doveva ratificare i decreti per l’invio di armi a Kiev. Il 10 gennaio ci sarà il passaggio parlamentare con il Pd che cercherà di distinguersi dalla Destra, ma voterà lo stesso a favore per l’invio di armi. I partiti hanno architettato un modo per far sì che ciascuno presenti la propria preferenza in maniera differenziata, pur approvando comunque il sostegno belligerante. Le grandi testate potranno dire allora che vi sono differenze, ma nella sostanza, purtroppo, non ve ne sono. Sul piano internazionale posso dire che se dovesse vincere Trump, un accordo con Putin lo troverà.

Dobbiamo spendere almeno qualche parola su quello che il regime sionista sta compiendo in Palestina, anche se non è una guerra, dato che non si scontrano due eserciti ma vediamo un esercito di ultima generazione infierire sui civili inermi.

La Sardegna per la sua posizione e naturalmente per la sua natura di isola ha sempre subito ingerenze estere, perciò con le debite e dovute differenze, comprendiamo le istanze di liberazione del popolo palestinese. Siamo lieti di ospitare una comunità di studenti palestinesi. La nostra solidarietà è tutta con la Palestina, abbiamo organizzato cortei e non ci arrenderemo.

A La Maddalena abbiamo avuto per vent’anni una base americana, neppure NATO, ma statunitense, un vero atto di occupazione coloniale. Gli americani se ne sono andati solo quando lo hanno ritenuto, poiché si erano allentate le tensioni con la Russia. Ed è già da queste azioni che si deve alzare la testa, prima che sia troppo tardi. Quello che sta accadendo a Gaza è un genocidio, dopo 75 anni di occupazione violenta, e ormai neppure i grandi giornali cercano più di oscurare questa verità di orrore. Netanyahu ha superato ogni limite della ragione umana perché sa che ormai la sua corsa è finita e che quando finirà il massacro per lui sarà la disfatta, verrà aggredito e sbattuto in galera, sta continuando a seviziare per salvare sé stesso. La medesima situazione riguarda Zelensky, non si ferma perché appena si placherà lo sbraneranno.

Senza giustizia non c’è pace, sotto l’oppressione non c’è giustizia e quindi pace. È possibile un’umanità senza guerre?

Del resto vi definite Esigenti, ma occorre stare attenti ai pericoli dell’utopia.

Ogni giorno ci vengono poste queste domande, e noi le comprendiamo, anche per noi sono interrogativi sempre vivi. La difesa non violenta è un obiettivo, non una partenza. Non siamo così sprovveduti da credere di vivere in un mondo in cui a volte non si abbia altra scelta che ricorrere alle armi. Una delle vittorie del pacifismo italiano è stata la legge sull’obiezione di coscienza, che ha portato alla sospensione del servizio di leva obbligatorio, a partire dal sardo Pietro Pinna attivista della nonviolenza in Italia, considerato il primo obiettore di coscienza al servizio militare nel nostro paese.

Il vero obiettore di coscienza non imbraccerà mai armi, ma non intendiamo imporre ad un palestinese di non reagire. Noi dobbiamo imparare a ragionare in modo diverso, ad impostare un modello pedagogico nuovo, nel quale sia possibile pensare che i contrasti possano essere risolti senza armi, si tratta di un lungo lavoro psicologico e socio-culturale e non di un sogno romantico. La pace non è già un risultato, è un percorso di educazione famigliare, scolastica, comunitaria, storica e internazionale.

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