Le iniziative della Polizia di Stato contro la "Violenza di Genere". La campagna permanente "Questo non è amore".
La commissione delle Dirigenti Cooperatrici di Confcooperative e le Giovani Imprenditrici e i Giovani Imprenditori insieme sottolineano la necessità di sostenere le azioni di contrasto agli abusi de della violenza di genere.
di LGC Parma 21 aprile 2020 - In questo difficile momento comune a tutti la Commissione delle Dirigenti Cooperatrici "vuole aggiungere la sua voce per portare maggiore attenzione nel far sentire sostenuti le donne, le ragazze, i ragazzi, le bambine e i bambini che subiscono sopruso verbale, emotivo, fisico. L'emergenza dovuta al contagio da Coronavirus costringe tutti ad una forzata clausura, ed è quasi certo che vengano ad inasprirsi le occasioni di vessazione e abuso, e ad abbassarsi le opportunità di richiesta di aiuto, decompressione e soccorso."
La lettera delle imprenditrici giunge praticamente in contemporanea con la diffusione dei dati che fanno riferimento alle richieste d'aiuto giunte al numero telefonico "1522" messo a disposizione dalla Presidenza del Consiglio Dipartimento per le Pari Opportunità. Nel comunicato trasmesso dl dipartimento nella giornata di ieri infatti viene riportato che "I dati del numero antiviolenza e antistalking e dell’app 1522 per i mesi di marzo e aprile 2020 rilevano una crescita importante delle telefonate e dei contatti per segnalare episodi di violenza domestica e chiedere aiuto.
Mentre i mesi di gennaio e febbraio 2020 registravano un decremento nell’utilizzo del servizio sia rispetto agli stessi mesi del 2019 (455 telefonate a gennaio 2020 contro le 623 del gennaio 2019; 508 nel febbraio 2020, 528 nel febbraio 2019) sia rispetto al dato medio mensile di telefonate del 2019 (587 telefonate), durante il lockdown da Covid-19 è cresciuto il numero di donne che si sono rivolte al numero di pubblica utilità.
Nel mese di marzo sono stati infatti 716 i contatti (erano stati 670 nel marzo 2019), mentre dal 1 al 18 aprile 2020 sono saliti a 1037 (397 nello stesso periodo del 2019). Da rilevare, inoltre, la crescita nell’utilizzo della app “1522”: se le segnalazioni via chat a gennaio 2020 sono state solo 37 e a febbraio 50, confermando così una sostanziale preferenza per il mezzo telefonico, con la campagna di comunicazione mirata alla diffusione della conoscenza dell’app le segnalazioni via chat sono salite a 143 a marzo e a 253 nei primi 18 giorni di aprile.
“Questi numeri sono un segno – spiega la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti – che ci dice l’emersione di un fenomeno purtroppo nascosto, difficile da contrastare proprio nella misura in cui più viene taciuto mentre si consuma nelle mura domestiche. Una delle nostre preoccupazioni ha sempre riguardato, dall’inizio dell’epidemia, le conseguenze che lo stare a casa avrebbe comportato per le categorie più fragili. Il 1522 – contattabile sia chiamando sia tramite app, attivo 24 ore su 24, disponibile in italiano e in altre 4 lingue (inglese, francese, spagnolo e arabo) – è uno strumento fondamentale in questa lotta. Soprattutto l’app è utile in condizioni in cui anche fare una telefonata espone una donna a ulteriori rischi per la propria incolumità. Per questo abbiamo sostenuto e rafforzato la campagna di comunicazione, riportando in Rai lo spot #LiberaPuoi e realizzando una nuova campagna di sensibilizzazione, attualmente in programmazione, con diversi artisti attenti a questo tema. L’opera di informazione che i media stanno svolgendo in queste ore è cruciale per diffondere il messaggio alle donne che ne hanno bisogno per salvare se stesse e i propri figli. Vorrei inoltre ricordare l’app Youpol della Polizia di Stato, per la segnalazione di violenza domestiche, anche in anonimato, alle questure. Così come il sostegno della rete delle farmacie che, con l’accordo recentemente raggiunto con il Dipartimento per le Pari Opportunità, si aggiungono come un presidio informativo fondamentale per l’accesso al 1522”
Le Dirigenti Cooperatrici di Confcooperative Nazionale sostengono perciò la campagna di comunicazione "Libera Puoi" per le donne vittime di violenza e chiedono di fare riferimento all'hastag #fattisentire per moltiplicare il tamtam informativo anche sui social.
Arriva un momento nella vita in cui bisogna rinunciare a qualcosa, un momento in cui si deve cambiare senza se e senza ma. In questa emergenza Coronavirus ci viene chiesto di rispettare le regole imposte dal governo, regole semplicissime, che forse per molti sono un grande sacrificio, ma per tutti quanti noi sono l'unica via di salvezza dal contagio.
Uscire solo per lavoro, per fare la spesa o per motivi sanitari, indossare guanti e mascherina, mantenere un metro di distanza dalla persone, evitare abbracci e strette di mano. A conti fatti se pensiamo al beneficio che può portare il rispetto delle regole, non è poi un grande sforzo cambiare le nostre abitudini di vita, se questo alla fine può permetterci di vivere. Non sempre però restare a casa è un sacrificio ricompensato per alcune persone. In particolar modo per quanto riguarda le donne. In questo periodo di isolamento sono aumentati i casi di violenza domestica.
Madri, mogli, fidanzate, non solo preoccupate per la situazione attuale, costrette a non uscire per le restrizioni imposte dal governo, ma anche percosse e maltrattate dai loro compagni e mariti tra le mura di casa.
La cosa più preoccupante di tutto questo, è il notevole calo delle telefonate al centralino antiviolenza. Molte donne temono ritorsioni dai loro compagni, altre sono convinte che si tratti solo di un errore dovuto a questo stressante periodo di emergenza e che finito tutto questo non si ripeterà mai più. Donne, non dovete avere paura.
La prima volta può essere l'inizio di una lunga serie di episodi di violenza. Uno schiaffo, uno spintone, un insulto vanno fermati immediatamente. Fatevi coraggio e denunciate senza paura.
AVRI (Associazione Vittime Riunite d'Italia)
La voglia di libertà e il desiderio di interrompere per sempre una relazione ormai finita da tempo. Una storia senza lieto fine, quella di Elisa Pavarani, strangolata e uccisa a coltellate dal suo ex fidanzato Luigi Colla nel monolocale in Largo Carli, zona via Sidoli a Parma, il 10 settembre del 2016.
Elisa voleva andare ad un concerto con una sua amica, ma il suo ex fidanzato non accettava la sua voglia di indipendenza. In un attimo la vita di Elisa è stata spezzata per sempre, colpita con inaudita violenza in vari punti vitali del suo corpo, tanto da spezzare la lama del coltello da cucina utilizzato come arma del delitto. La donna non sapeva di essere in pericolo, e si era recata nell'appartamento per un ultimo chiarimento con il suo futuro assassino, decisa a voltare pagina per sempre. Una decisione fatale per lei, che le è costata la vita.
Dopo 4 anni da quel tremendo giorno di fine estate, è del 15 febbraio 2020 la notizia della decisione della Cassazione che ha condannato in modo definitivo Luigi Colla a 30 anni di reclusione. Colla, un uomo considerato un tipo normale, taciturno e tranquillo da molti, che ha sempre negato la premeditazione, non è mai riuscito a spiegare a se stesso il motivo della sua tremenda furia omicida.
Avri "Associazione Vittime Riunite d'Italia sezione di Parma" (Nicola Comparato, Domenico Muollo e Laura Rossi)
Potenza 25 febbraio 2020 - Oggi vogliamo ricordare la triste storia di Elisa Claps, studentessa all’epoca sedicenne del liceo classico di Potenza, scomparsa il 12 settembre 1993.
Di Elisa si perderà ogni traccia fino al 17 marzo 2010, giorno in cui i suoi resti saranno ritrovati durante dei lavori di ristrutturazione da alcuni operai nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità di Potenza. I sospetti fin dal primo giorno della sparizione si concentrano su Danilo Restivo, l’ultimo ad aver visto Elisa ancora in vita, incapace di ricostruire i suoi spostamenti dopo l’incontro con la ragazza, considerato da tutti un tipo fuori di testa, per la sua abitudine di importunare le giovani alle quali taglia di nascosto una ciocca di capelli con una forbice che porta sempre con se. I sospetti aumentano quando Restivo si reca al pronto soccorso poche ore dopo la scomparsa di Elisa, con una ferita alla mano che lui dice di essersi procurato cadendo dalle scale vicino alla chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Quando i resti di Elisa vengono ritrovati, Danilo Restivo vive in Inghilterra, controllato dalle autorità dopo essere stato visto ad aggirarsi nei boschi armato di stiletto intento a spiare delle donne inglesi. Restivo verrà poi arrestato per l’omicidio della sua vicina di casa Heather Barnett, avvenuto il 12 novembre 2002 e condannato all’ ergastolo il 30 giugno 2011. Estradato temporaneamente in Italia per il processo, Danilo Restivo viene condannato a 30 anni di reclusione dalla Cassazione il 30 ottobre 2014 per l’omicidio di Elisa Claps.
Sul ritrovamento del corpo di Elisa, rinvenuto insieme ad alcuni oggetti, con i jeans e il reggiseno strappati che fanno pensare ad una aggressione di tipo sessuale, la famiglia Claps ha sempre sostenuto la tesi della complicità del sacerdote Mimì Sabia, oggi deceduto, che non ha mai permesso di indagare all’ interno della Chiesa nel corso degli anni, a cui si aggiungono testimonianze discordanti e insabbiamenti vari. Giustizia e verità per Elisa Claps.
A.V.R.I. “Associazione Vittime Riunite d’Italia"
I Carabinieri della Compagnia Carabinieri di Parma hanno dato esecuzione a tre ordinanze di applicazione di misura cautelare emesse dal Gip di Parma in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere nei confronti di due cittadini:
- M.A., classe 1989, residente in Parma;
- F.E.W., nato a Santo Domingo, classe 1982, residente a Parma.
Il primo era stato deferito in stato di libertà dalla Stazione Carabinieri di San Pancrazio Parmense in data 23.01.2020 con l’accusa di aver commesso violenza fisica e psicologica nei confronti della nonna, in quanto la sottoponeva a reiterati e continui atti di vessazione tali da cagionarle sofferenze ed umiliazioni e da indurle uno stato di disagio e di paura continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita, con condotte poste in essere dal 2018 sino alla data dell’arresto.
Durante le liti, scaturite per futili motivi (ad esempio: pasti non graditi) l’arrestato avrebbe picchiato la vittima dandole pugni alla schiena e sul capo provocandole dolore e un ematoma sul naso (mai refertato); in diverse occasioni l’avrebbe presa per il collo, spintonandola e facendola talvolta cadere per terra; inoltre avrebbe provocato con calci e pugni numerosi danneggiamenti nell’abitazione dell’anziana, spaccando suppellettili, soprammobili, oggetti ornamentali e danneggiando il mobilio e le porte dell’abitazione.
Pertanto la vittima era costretta a vivere perennemente in uno stato di terrore e di paura tanto che per evitare reazioni violente nel nipote la donna si vedeva costretta ad assecondare le richieste e a consegnarli settimanalmente la somma di euro 150 per recuperare la quale vendeva anche dei propri monili in oro.
Attese le condizioni della signora ultrasettantenne, è stata contestata anche l’aggravante di azioni perpetrate ai danni di persona non in grado di difendersi.
Nel 2014 l’indagato era stato giudicato colpevole per gli atti di maltrattamenti, lesioni aggravate ed estorsione commesse ai danni del nonno, nelle more deceduto, e della nonna ancora vivente. Nonostante avesse intrapreso, durante il periodo di reclusione, un percorso riabilitativo presso una comunità terapeutica, evidentemente il soggetto non ha modificato le sue condotte. Egli risiede nell’abitazione materna insistente nella medesima palazzina bifamiliare ove è ubicato l’appartamento della nonna, che provvede al mantenimento di entrambi.
L’arrestato in passato, come denunciato dalla vittima, non avrebbe esitato a scagliarsi contro il nonno, soggetto diabetico e utilizzatore di sedia a rotelle, tanto da provocarne la caduta dalla carrozzina e aggredirlo con pizzichi al volto e sul corpo.
L’aggressore in un escalation di violenza, prima si scagliava contro il mobilio e i suppellettili per poi passare alla violenza fisica nei confronti della nonna. La figlia della vittima, ovvero madre dell’arrestato, sentite le urla dal pianerottolo era più volte intervenuta invano per sedare la lite.
Le condotte descritte avrebbero causato nella vittima uno stato di timore tale da temere di mettere a repentaglio la sua incolumità e quella dei propri figli.
Le dichiarazioni rese sono state giudicate credibili, poiché lineari, dettagliate, prive di intrinseche contraddizioni, oltre che riscontrate dalle annotazioni delle forze dell’ordine intervenute in più occasioni, dalla sentenza di condanna del 2014, dai contributi dichiarativi riversati, tutti conformi nel descrivere la personalità del prevenuto, i suoi scatti improvvisi di ira, i suoi eccessi, i suoi comportamenti maltrattanti ai danni della denunciante e dei familiari.
°°°°°
Il secondo era stato deferito in stato di libertà dalla Stazione Carabinieri di San Pancrazio Parmense in data 28.01.2020 per aver commesso violenza fisica nei confronti della sua ex compagna, classe 88, a causa dell’interruzione della relazione quinquennale intercorrente tra i due.
In particolare l’aggressore avrebbe insultato la vittima con epiteti offensivi anche in presenza della madre della vittima; per motivi di gelosia l’avrebbe minacciata in plurime occasioni di ammazzarla, accompagnando tali minacce verbali con il gesto di colpirla con il coltello che brandiva; in più occasioni l’avrebbe aggredita con schiaffi e pugni al volto e al corpo, distruggendo più volte i telefoni cellulari della donna, gettandoli in terra; avrebbe danneggiato poi gli abiti e le scarpe di costei, strappandoli o tagliandoli con coltelli; inoltre avrebbe distrutto il televisore, i mobili e un armadio; infine le avrebbe mandato messaggi telefonici con minaccia di ammazzarla.
Viste le condizioni della donna e le condizioni nelle quali le minacce sono state effettuate, è stato contestata anche l’aggravate del fatto avvenuto alla presenza dei figli minori.
Sin dal 2016 la donna sarebbe stata oggetto di violenze da parte dell’uomo, situazione poi degenerata, quando nel dicembre 2019 la relazione era stata interrotta per volere della donna.
L’ultimo episodio su sarebbe verificato nella tarda sera del 27 gennaio 2020, allorquando la donna chiedeva l’intervento dei CC a seguito della ennesima aggressione, questa volta armata, da parte dell’ex convivente. All’arrivo dei militari effettivamente veniva riscontrata la presenza di un uomo armato di coltello. Nella circostanza, dagli accertamenti effettuati, è emerso che l’uomo avrebbe messo completamente a soqquadro l’appartamento, danneggiando fortemente il mobilio, per poi minacciare la vittima con un coltello, colpiva peraltro ripetutamente al volto e sul fianco sinistro con violenti pugni. Nel corso dell’aggressione la donna riportava una ferita al labbro e dolori diffusi su tutto il corpo, venendo poi visitata da personale sanitario del pronto soccorso di Parma. Nonostante i tentativi della donna di placare l’uomo ed invitarlo a calmarsi soprattutto in presenza dei minori, tali esortazioni non avrebbero sortito effetto alcuno, tanto che l’uomo con il coltello tagliava due ciocche di capelli alla donna in presenza dei figli minori e successivamente contattava un amico al fine di allontanarsi dall’abitazione. Oltre al danno fisico, veniva danneggiato l’appartamento della donna e veniva danneggiata la vettura della stessa parcheggiata sotto l’abitazione, in modo da impedirle di muoversi.
La vittima, che fino a quella sera non aveva presentato alcuna denuncia, dichiarava che non si trattava di un episodio isolato bensì di un comportamento ripetuto nel tempo, e che le sue azioni erano guidate dal timore di più gravi ripercussioni soprattutto per quanto concerne la gestione o l’affidamento dei figli minori. La donna in più occasioni si era rifugiata presso l’abitazione della madre o in quella della zia. Nel contesto del rapporto burrascoso tra i due vi sarebbero stati anche dei rapporti intimi che la donna avrebbe dovuto subire.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Parma, hanno consentito in tempi brevi l’applicazione della misura cautelare nei confronti di entrambi i soggetti.
UniCredit: sospensione per il pagamento delle rate di mutui, prestiti e finanziamenti per la durata del “percorso di protezione” delle donne vittime di violenza
Milano 21 febbraio 2020 - La banca aderisce al protocollo d’intesa per favorire il rimborso dei crediti da parte delle donne vittime di violenza di genere
Lo scorso 25 novembre, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è stato siglato da ABI e diverse sigle sindacali un protocollo d’intesa per favorire il rimborso dei crediti da parte delle donne vittime di violenza di genere.
UniCredit ha deciso di aderire al protocollo, prevedendo la possibilità di sospendere il pagamento delle rate dei mutui, dei prestiti e dei finanziamenti per il periodo di durata del “percorso di protezione”, e comunque non oltre i 18 mesi dalla presentazione della richiesta.
La domanda di sospensione potrà essere presentata entro il 25 novembre 2021 e dovrà essere assistita da certificazione dell'inizio del "percorso di protezione" rilasciata dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio.
Per maggiori informazioni, nonché per richiedere la sospensione delle rate è possibile rivolgersi alle filiali UniCredit in Italia.
Il modulo di avviso alla clientela e ulteriori dettagli e informazioni sono pubblicati sul sito internet della Banca all’indirizzo www.unicredit.it (sezione “Chi siamo” – “Sostegno e solidarietà”).
Anche quest’anno l’Associazione Centro Antiviolenza di Parma ha aderito all’evento mondiale “One Billion Rising”.
La campagna One Billion Rising 2020, in Italia, si pone l’obiettivo di sostenere i Centri Antiviolenza partendo dalla presa di coscienza dell’evidente distanza della situazione italiana rispetto agli obiettivi previsti dalla Convenzione di Istanbul. Infatti i fondi per il 2019, destinati dallo Stato ai Centri Antiviolenza, non sono ancora stati devoluti e non ci sono garanzie per quanto riguarda le tempistiche di erogazione data la situazione politica instabile e il crescente sentimento di intolleranza che ne domina la scena.
Questo ha portato ad un momento storico in cui luoghi come i Centri Antiviolenza, punto di riferimento negli anni per tante donne e minori vittime di violenza, rischiano di chiudere perché non ricevono il sostegno dello Stato per mancanza di permessi e fondi rinnovati. Per questo vogliamo ribadire fermamente la necessità di sostenere e garantire continuità ai Centri Antiviolenza e ricordare, inoltre, di non sottovalutare l’importanza di dare ascolto e credere alle donne vittime di violenza, perché possano ricominciare a vivere libere dai pregiudizi.
Per questi motivi manifesteremo con la danza, la musica, il teatro, la lettura, ecc. per una società in cui il rispetto e la solidarietà siano considerati valori fondanti; e in cui venga riconosciuta dalle Istituzioni e dalla cittadinanza l'importanza dei Centri Antiviolenza come luoghi di sostegno per le donne vittime di abusi e ai/alle loro figl*.
Appuntamento nei giorni 28 e 29 febbraio alle ore 21.00 al Teatro Europa a Parma, ritorna anche lo spettacolo “I monologhi della vagina” portato in scena dal Collettivo V-Day Parma-Reggio con la regia di Stefania Maceri.
Parma: nella scorsa mattinata, la Questura di Parma, nell’ambito del progetto “QUESTO NON E’ AMORE”, ha organizzato un altro gazebo a Sorbolo, per offrire, anche in provincia, un servizio di informazione e sensibilizzazione relativamente al fenomeno della violenza contro le donne (c.d. violenza di genere).
Abbiamo, non a caso, deciso di essere presenti nel periodo di San Valentino perché la Polizia di Stato vuole ricordare tutto ciò che amore non è.
L’argomento della violenza di genere è un fenomeno trasversale a tutte le fasce sociali, per combatterlo è necessario anche un deciso cambiamento culturale che possa aiutare le donne a vincere la paura, rompendo l’isolamento e la vergogna, nella consapevolezza di avere degli strumenti di contrasto, di sostegno e di tutela. Per questo fine precipuo, quindi, vengono organizzati i gazebo, ossia per far conoscere alle donne vittime di violenza fisica, psicologica, economica e sociale, che esiste una fitta rete di istituzioni, enti locali ed associazioni di volontariato che ogni giorno si impegnano per affermare una parità di genere contro stereotipi e pregiudizi e che il poliziotto rappresenta uno snodo fondamentale di questa rete.
Il progetto tende a stabilire un contatto diretto con le donne che saranno accolte da psicologi, operatori della polizia giudiziaria e rappresentanti di associazioni, pronti a raccogliere le testimonianze dirette di chi, spesso, ha paura a denunciare o a varcare la soglia di un ufficio di Polizia.
Durante l’incontro era presente il Dirigente della Divisione Anticrimine, il Vice Questore Dott.ssa Silvia Gentili.
L’episodio è accaduto lo scorso 22 gennaio a Bibbiano, ma ora, dopo una serie di indagini, l’uomo è stato oggetto di una misura restrittiva con l’accusa di tentato omicidio. Alla base del gesto la fine del matrimonio e il sospetto che la donna lo tradisse.
BIBBIANO (RE) – Ha tentato si uccidere la moglie nel sonno, prima sferrandole un pugno, poi premendole con forza un cuscino sul viso per soffocarla. Ma le urla di aiuto della donna sono state sentite dal figlio minorenne della coppia, che prontamente ha chiamato i Carabinieri, salvando, di fatto, la vita alla madre, una quarantenne residente a Bibbiano.
I fatti risalgono allo scorso 22 gennaio e, inizialmente, l’uomo era stato denunciato. Ora, però, dopo una serie di indagini, la Procura di Reggio Emilia ha ottenuto dal gip un provvedimento di custodia cautelare e l’uomo è stato tratto in arresto con l’accusa di tentato omicidio. Gli approfondimenti hanno fatto emergere, infatti, una personalità violenta e incapace di gestire la fine del proprio
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