Non solo Polizia municipale e Forze dell’Ordine, ma le stesse cooperative che gestiscono i Centri di accoglienza straordinaria mantengono alta l’attenzione su quanto accade nelle strutture dove vengono ospitati i richiedenti asilo, al fine di prevenire e contrastare situazioni di illegalità che, per altro, finiscono per danneggiare anche chi invece vorrebbe vivere in Italia rispettando la legge.
È quanto fa la cooperativa Caleidos che gestisce molte strutture e ha segnalato alla Polizia municipale di Modena la presenza di persone non autorizzate all’interno di un alloggio utilizzato per accogliere richiedenti asilo.
Ieri mattina, mercoledì 26 settembre, alle 7 il blitz degli uomini del Nucleo Problematiche del Territorio, accompagnati dal personale di Caleidos, in un appartamento della periferia sud della città. All’interno, oltre a sei delle otto persone autorizzate ad abitare nell’alloggio, di cui due erano già uscite per recarsi al lavoro, sono stati sorpresi anche due senegalesi di 33 e 24 anni che non avrebbero dovuto esserci.
Nella stanza in cui dormivano, gli operatori della Polizia municipale hanno notato un cutter corroso: è bastato a far scattare la perquisizione della camera dove, nascosti in un cassetto, hanno rinvenuto quasi 80 grammi di eroina brown sugar e altri cutter. La droga è stata sequestrata; i due uomini, richiedenti asilo che non avrebbero però dovuto risiedere a Modena, bensì a Perugia e Gioia Tauro e che non risultano avere precedenti, sono stati allontanati dall’alloggio e denunciati per possesso di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio.
Modena -
Viabilità messa a dura prova nella zona Sud di Modena nel tardo pomeriggio di ieri, mercoledì 26 settembre, a causa di un autocarro che ha travolto le sbarre del passaggio a livello di via Mantegna.
Fortunatamente nessun ferito, neanche tra i passeggeri del treno Gigetto che stava per sopraggiungere, mentre grazie al pronto intervento della Polizia municipale, giunta sul posto insieme ai Vigili del Fuoco e al personale di Fer, la situazione della viabilità principale della zona, su via Fratelli Rosselli e via Panni, è potuta ritornare alla normalità in poco meno di un’ora.
L’incidente, di cui l’Infortunistica della Municipale dovrà accertare l’esatta dinamica, è accaduto poco dopo le 17, quando un autocarro da 3,5 tonnellate, di proprietà di una ditta francese e guidato da un autotrasportatore marocchino, ha colpito le sbarre del passaggio a livello che probabilmente si stavano abbassando, finendo anche col travolgere i fili elettrici dell’alta tensione.
Il convoglio ferroviario che stava per raggiungere il passaggio a livello e trasportava circa una trentina di persone si è fermato in tempo evitando l’urto, ma è potuto ripartire solo verso le 18.15, una volta spostato l’autocarro e ripristinate le condizioni di sicurezza. Nel frattempo la Municipale aveva fatto defluire i veicoli rimasti bloccati in via Mantegna attraverso tragitti alternativi e controllati dalle pattuglie anche regolamentando il transito attraverso i percorsi usati in caso d’emergenza all’interno del parco, mentre i Vigili del fuoco hanno messo in sicurezza la linea dell’alta tensione.
Alle 18,30 la circolazione dei veicoli ha ripreso anche in via Mantegna regolata dalla Municipale che si è trattenuta fino all’ultimazione del ripristino del passaggio a livello.
L’amico ha confessato il delitto. Gli avrebbe sparato con la pistola del padre, regolarmente detenuta. Per lui scatta il provvedimento di fermo con l’accusa di omicidio aggravato. Il corpo, in avanzato stato di decomposizione, è stato recuperato ieri pomeriggio dai sommozzatori.
Modena -
Ha confessato l’amico e coetaneo di Giuseppe Balboni, il 16 enne residente a Ciano di Zocca, di cui si erano perse le tracce dallo scorso 17 settembre e ritrovato cadavere in un pozzo a Tiola di Castello di Serravalle nella tarda mattinata di ieri.
È stato lui a ucciderlo con la pistola del padre, regolarmente detenuta dal genitore e a questi sottratta. Ancora ignoto il movente, anche se alcuni amici di Giuseppe, sentiti dagli inquirenti, hanno parlato di cattive frequentazioni, anche con ragazzi più grandi. Proprio grazie alle dichiarazioni dei ragazzi, che hanno fatto subito il nome del giovane, poi reo confesso, gli investigatori sono giunti all’autore del delitto.
Giuseppe Balboni, che avrebbe dovuto iniziare a frequentare un istituto tecnico di Bologna proprio la mattina della scomparsa, lo scorso 17 settembre, si era allontanato in sella al suo scooter, un Phantom F12 rosso, dicendo ai genitori che aveva un appuntamento con un amico nella zona di Tiola.
Il ragazzo non era più tornato a casa e la famiglia aveva allertato le Forze dell’Ordine. Le ricerche hanno coinvolto per otto giorni Carabinieri, Polizia Municipale e Vigili del Fuoco del Comune di Valsamoggia, che hanno battuto a tappeto la zona tra Modena e Bologna solitamente frequentata da Giuseppe. I genitori avevano lanciato un appello anche attraverso la trasmissione “Chi l’ha visto?”
Il ritrovamento del suo scooter a Castello di Serravalle, nei pressi di una fontana e coperto di foglie, insieme ad alcuni oggetti personali e indumenti, una giacca e il portafogli, ha indotto a intensificare le ricerche nella zona. E ieri, in tarda mattinata, il corpo del sedicenne, in avanzato stato di decomposizione, è stato ritrovato in un pozzo profondo tre metri nei pressi di un casolare, in località Tiola.
Il recupero è stato piuttosto complesso, a causa delle dimensioni ridotte dell’apertura del pozzo, e ha coinvolto i sommozzatori di Bologna. Le operazioni si sono concluse ieri attorno alle 16.30, ma da una prima ispezione da parte del Medico Legale, sono emerse sul corpo ferite compatibili con colpi d’arma da fuoco. Già da ieri, infatti, era trapelato che si trattasse di omicidio. Ipotesi confermata dalla confessione dell’amico e coetaneo di Giuseppe Balboni, nei confronti del quale la Procura emetterà un provvedimento di fermo con l’accusa di omicidio aggravato.
Voltaren pericoloso per il cuore? Uno studio danese pubblicato sul Bristish Medical Journal mette nel mirino uno degli antidolorifici più venduti al mondo: presenta un alto rischio di infarto.
È usato per alleviare il mal di testa, i dolori dentali, mestruali, articolari, dei legamenti, dorsali, legati alle lesioni e per abbassare la febbre durante le condizioni simil-influenzali. Stiamo parlando del farmaco antinfiammatorio non steroideo più utilizzato al mondo: il dicloflenac, conosciuto in Italia come Voltaren, uno dei "gioielli" del colosso farmaceutico Novartis.
Diversi studi sono già giunti a dimostrare che l'uso di questo farmaco, soprattutto a lungo termine e in dosi elevate (da 150 mg al giorno), potrebbe aumentare l'insorgenza di un evento cardiaco, soprattutto in persone che hanno già fattori di rischio, come una storia di infarto o ictus, iperlipidemia, diabete o tabacco.
Uno studio danese, pubblicato il 4 settembre scorso sull'autorevole Bristish Medical Journal, in risposta a una richiesta di rivalutazione del rapporto rischi/benefici dei trattamenti contenenti questa molecola dall'Agenzia europea per i medicinali nel 2016, ha confermato questo legame in modo particolarmente forte. Sulla base di un registro nazionale contenente i dati di 6,3 milioni di pazienti, utenti o non antinfiammatori tra il 1996 e il 2016, gli autori sono stati in grado di confrontare i pericoli dell'assunzione di diverse classi di farmaci di questa famiglia: diclofenac (Voltaren, Inflamac, Ecofenac ...), ma anche l'ibuprofene (Brufen, Irfen, Algifor ...), naproxene (Apranax, Proxen ...) e paracetamolo (Panadol, Dafalgan ...). I risultati dimostrerebbero che un trattamento con diclofenac per 30 giorni, indipendentemente dalla dose prescritta, sarebbe associato ad un aumento dell'incidenza di eventi cardiovascolari (disturbi del ritmo cardiaco, ictus, infarto, arresto cardiaco) in circa il 50% in più rispetto alle persone non in trattamento, 20% rispetto all'ibuprofene e il 30% rispetto al naprossene, indipendentemente dal sesso o dall'età dei soggetti studiati.
Va notato che gel, unguenti o compresse contenenti diclofenac non sono interessati a causa del basso assorbimento della molecola attraverso la pelle. Con quali meccanismi i farmaci antinfiammatori possono essere dannosi per il cuore? "Queste molecole agiscono modificando la produzione di prostaglandine", afferma Thierry Buclin, Chief Medical Officer del Dipartimento di Farmacologia Clinica presso il CHUV di Losanna. Questi messaggeri chimici sono mediatori del dolore e dell'infiammazione, ma sono anche coinvolti nella coagulazione del sangue e nella protezione delle membrane mucose e dei vasi sanguigni. Pertanto, se calma il dolore, un antinfiammatorio può anche causare sanguinamento gastrico, ma facilita anche la formazione di coaguli che possono causare eventi cardiovascolari.
Lodato inizialmente per la sua migliore tolleranza gastrica, l'anti-infiammatorio sviluppato da Merck, il Vioxx, è stato ritirato dal mercato nel 2004 a causa di un rischio cinque volte maggiore di un evento cardiovascolare rispetto ai suoi principali concorrenti. Morten Schmidt, autore principale dello studio, contattato dal celebre quotidiano The Times, ritiene che dovrebbero essere prese misure dalle autorità sanitarie per quanto riguarda l'uso di diclofenac, "Noi crediamo che sia il momento di riconoscere il potenziale rischio per la salute legato a questa sostanza e ridurre il suo uso. Questo farmaco non dovrebbe più essere disponibile senza una prescrizione e, quando prescritto, dovrebbe essere accompagnato da un chiaro foglio illustrativo che ne spieghi i potenziali pericoli ".
Jules Desmeules, direttore medico del dipartimento di farmacologia clinica presso l'HUG, a Ginevra, è più moderato: "Sebbene gli autori ci ricordino giustamente che il rischio cardiovascolare con farmaci antinfiammatori esiste, non lo escludiamo. Tuttavia, non è possibile inchiodare il diclofenac alla gogna basandosi su questo studio perché si basa su registri e dosaggi che non sono sufficientemente dettagliati. Se il diclofenac è più rischioso di altre sostanze, può essere perché viene spesso usato al dosaggio massimo consentito, a differenza, ad esempio, dell'ibuprofene. Tuttavia, questo lavoro ci rafforza nell'idea che il paracetamolo sia certamente la migliore scelta analgesica per le persone a rischio ".
Conoscere i possibili effetti collaterali dei farmaci che ingeriamo sembra tanto più significativo rispetto ad una revisione della prescrizioni sui prodotti terapeutici che possa ulteriormente facilitare l'accesso della popolazione agli anti-infiammatori. In ogni caso, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la nostra associazione che da anni, tra le sue attività si occupa di farmacovigilanza e di tutela dei pazienti dalle conseguenze dannose dei farmaci, ritiene utile un approfondimento delle verifiche da parte delle autorità di farmacovigilanza a partire da AIFA ed EMA alla luce di questa ricerca pubblicata su una rivista scientifica così autorevole ed effettuata sulla base di dati riguardanti milioni di soggetti. Nel frattempo, raccoglieremo tutte le segnalazioni che dovessero pervenirci in merito a casi anche e solo di sospette conseguenze negative sulla salute per coloro che hanno assunto farmaci contenenti il principio attivo in questione.
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Il corpo del ragazzo, che si era allontanato da casa, a Zocca, lo scorso 17 settembre, è stato rinvenuto in un pozzo a Castello di Serravalle, nel bolognese. Di lui si era occupata anche la trasmissione “Chi l’ha visto?”
ZOCCA (MO) –
Si è conclusa nel peggiore dei modi la vicenda di Giuseppe Balboni, il 16 enne residente a Ciano di Zocca di cui non si avevano più notizie da lunedì 17 settembre, quando si era allontanato da casa in sella al suo scooter.
Il mezzo, un Phantom F12 rosso, era stato ritrovato sabato sera a Castello di Serravalle, nel bolognese, nei pressi di una fontana e ricoperto di foglie. Nella zona si erano quindi concentrate fin da subito le ricerche dei Carabinieri. Del caso si era occupata anche la trasmissione “Chi la visto?” .
E proprio a Castello di Serravalle, in località Tiola, nella tarda mattinata di oggi è stato trovato il corpo del ragazzo, sul fondo di un pozzo. Si indaga per omicidio. Il caso è seguito anche dalla Procura per i Minorenni.
«Troppo spesso il personale front line delle aziende di trasporti passeggeri è lasciato solo e costretto ad affrontare situazioni rischiose, che non di rado sfociano in vere e proprie aggressioni». Lo afferma Aldo Cosenza, segretario generale della Fit Cisl Emilia-Romagna, dopo l'aggressione subita domenica sera da una capotreno neoassunta, in servizio sul treno regionale Trenitalia Bologna-Parma.
«L'episodio si è verificato nei pressi della stazione di Modena – rivela Cosenza - Solo in questi ultimi giorni abbiamo notizia di almeno altri tre lavoratori aggrediti a bordo dei convogli in regione, a cui vanno sommati i diversi episodi ai danni del personale Tper sui bus. C'è bisogno di immediati provvedimenti di istituzioni e aziende: serve un maggior supporto al personale, tornelli nelle principali stazioni (così come in aeroporto), un potenziamento delle squadre di scorta e protezione aziendale».
Il sindacalista Cisl aggiunge che da tempo è stato richiesto un intervento delle istituzioni, sia a livello nazionale che regionale. Tuttavia, nonostante le continue sollecitazioni e il confronto aperto con istituzioni e aziende, finora non è ancora stato predisposto un piano di prevenzione e sicurezza né per gli addetti ai lavori, né per gli utenti.
«La situazione generale è resa ancora più complicata dalla chiusura di numerosi postazioni della polizia ferroviaria, tanto da rendere sempre meno frequenti gli interventi di prevenzione delle stesse forze dell'ordine – sottolinea Cosenza - Non si può salire su un treno o un autobus ed essere aggrediti semplicemente perché si sta svolgendo il proprio lavoro. I lavoratori dei trasporti, i viaggiatori e i cittadini hanno bisogno di risposte concrete e rapide, rispettose della libertà e dei diritti della persona. Per questo – conclude il segretario generale della Fit Cisl Emilia-Romagna - chiediamo immediati provvedimenti a tutti i soggetti coinvolti (aziendali, istituzionali e sociali)».
Nel primo pomeriggio di ieri, 24 settembre, intorno alle ore 15:00, un grosso incendio si è sviluppato all'interno di un deposito di componenti per illuminazione artistica e addobbi natalizi. Il rogo si è sviluppato rapidamente e ha prodotto una nuvola densa di fumo nero ed acre che, traportata dal vento, si è propagata in diverse zone del capoluogo cittadino.
Nel frattempo, mass media e forze di Polizia invitavano i residenti a rimanere nelle proprie abitazioni con i serramenti chiusi. Per fronteggiare l'incendio sono intervenute diverse squadre del comando di Reggio Emilia, coadiuvate anche dal comando di Modena. Intorno alle 19:00 le fiamme erano sostanzialmente domate anche se le operazioni di minuto spegnimento si sono protratte per tutta la notte.
Sul posto hanno operato complessivamente 7 squadre provenienti dalla sede Centrale e dai distaccamenti di Guastalla, di Sant'Ilario d'Enza e di Carpi, insieme ai volontari di Luzzara. Ingente il quantitativo di liquido schiumogeno impiegato per il soffocamento dell'incendio. Sul posto sono intervenuti anche i tecnici dell'Arpa per le valutazioni sulla salubrità dell'aria.
L’episodio è accaduto sabato sera, quando il 27 enne era stato colpito a un braccio da alcuni proiettili da softair partiti da un’auto che si era subito dileguata. I carabinieri sono risaliti ai colpevoli grazie alle telecamere e ad alcuni testimoni.
CASTELFRANCO EMILIA (MO) –
Sabato sera stava camminando in Corso Martiri, nel centro di Castelfranco, in compagnia di due amici quando, da un’auto in corsa, sono partiti due proiettili da softair, sparati con una pistola ad aria compressa, che lo hanno raggiunto al un braccio.
Il ferito, un 27 enne originario del Pakistan, è stato subito soccorso e trasportato al Policlinico dove è stato medicato per le lesioni al gomito e dimesso con una prognosi di 14 giorni.
È intanto partita la caccia ai colpevoli. I Carabinieri del comando di Castelfranco e la Polizia Municipale, intervenuti sul posto, non hanno scartato nessuna ipotesi, dal regolamento di conti a un raid a sfondo razzista. Hanno acquisito alcune testimonianze di chi ha assistito al fatto, tra cui gli amici del ragazzo ferito e alcuni negozianti di Corso Martiri, ma fondamentali per risalire agli autori del gesto sono state le immagini di una telecamera di videosorveglianza piazzata nella zona.
Prima è stata identificata una giovane, che era scesa dall’auto poco dopo l’agguato, e che ha ammesso di trovarsi sull’auto da cui sono partiti gli spari in compagnia di due ragazzi di 21 e 23 anni di nazionalità italiana e residenti a Castelfranco.
Identificati qualche ora più tardi, i due hanno ammesso di “aver fatto una bravata”. A loro carico, era nel frattempo arrivata anche un’altra segnalazione, poiché, insieme ad altri ragazzi, avevano preso a sassate le finestre di chi aveva “osato” protestare perché il gruppetto teneva lo stereo dell’auto troppo alto, disturbando la quiete pubblica.
La macchina è stata quindi perquisita. Non è stata trovata la pistola da softair da cui sarebbero partiti i colpi, ma alcuni proiettili di metallo compatibili con le ferite riportate dal giovane pakistano.
I due sono stati denunciati per lesioni, ma potrebbero essere incriminati per istigazione all’odio razziale poiché, dopo aver compiuto il folle gesto, avrebbero esultato per aver colpito uno straniero.
Il corpo in avanzato stato di decomposizione e privo degli arti inferiori è stato recuperato e consegnato ai medici legali per l’esame autoptico. Per ora si sa solo che appartiene a un uomo. Potrebbe essere l’imprenditore di Sassuolo scomparso lo scorso 18 agosto a bordo della sua barca a vela.
SASSUOLO (MO) –
Un cadavere in avanzato stato di decomposizione e privo degli arti inferiori è stato ritrovato al largo di Deiva Marina, in provincia de La Spezia, da due pescatori. Sulle prime, i due hanno pensato che potesse trattarsi dei resti di un animale, ma quando, avvicinandosi, è parso loro sempre più chiaro che si trattava invece di un corpo umano, privo degli arti inferiori, hanno allertato la Capitaneria di Porto.
Sul posto sono quindi giunti i Vigili del Fuoco con la squadra di subacquei, una motovedetta della Guardia Costiera e i Carabinieri del Comando Provinciale. Il corpo è stato recuperato, issato sulla motovedetta e trasportato fino alla Calata Malaspina, dove è stato ispezionato dal medico legale. Da una prima ricognizione, è stato possibile stabilire che si tratta di un uomo. Indosso aveva un costume da bagno e una maglietta, in vita aveva un marsupio. Al suo interno non sono stati trovati documenti, ma un coltello da cucina e un proiettile di fabbricazione francese.
La lunga permanenza in mare ha reso impossibile risalire alla sua identità. I resti sono quindi stati portati all’obitorio dell’ospedale Sant’Andrea, in attesa dell’esame autoptico che sarà probabilmente disposto dal magistrato di turno per cercare di risalire alle cause della morte e alle generalità del soggetto.
Una delle ipotesi è che si tratti dell’imprenditore sassolese 56 enne Pietro Fogliani, di cui non si hanno più notizie dallo scorso 18 agosto, quando la sua barca a vela, “Lalabelle” è stata trovata arenata su una spiaggia di Vada, nel livornese. Si attendono quindi i risultati dell’autopsia e delle indagini che i Carabinieri stanno facendo in queste ore per confrontare le caratteristiche dei resti con le segnalazioni di persone scomparse nell’arco temporale compatibile con lo stato del corpo.
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